4 aprile 2016

Raccontare storie salva il mondo

Palermo

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Qualche giorno fa, facendo sport, ho conosciuto un giovane futuro giornalista, che sta frequentando la scuola di giornalismo a Milano. Come un falco si è precipitato sulla preda (bisogna dargli atto che è portato per il giornalismo d’assalto…) e mi ha chiesto un’intervista per il magazine della scuola. Eccola qui. Bravo lui, a cui auguro di realizzare la sua aspirazione professionale.

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Alessandro D’Avenia è il Prof 2.0 del Liceo San Carlo di Milano. Insegnante, blogger, sceneggiatore e scrittore, è l’autore di successi come Bianca come il latte, rossa come il sangue Ciò che inferno non è. In sostanza, è un docente dai mille interessi che ha un’unica preoccupazione: i suoi ragazzi.

Ha sempre voluto insegnare?

Ho sempre voluto raccontare storie. Insegnare e scrivere sono due facce della stessa medaglia di questo potentissimo strumento di comprensione di sé e del mondo chiamato narrare. Ho cominciato a desiderare di diventare insegnante a 17 anni: l’esempio di due insegnanti, quello di lettere e quello di religione (Padre Pino Puglisi che insegnava nel mio liceo e che la mafia uccise quando ero al quarto anno), e un film, l’Attimo fuggente.

Da dove nasce la sua passione per la letteratura?

Sin da bambino il mio mestiere è stato raccontare, inventando storie. La scuola e la scrittura sono conseguenze della maturazione di questo talento, perché́ fosse dono: a scuola racconto storie di altri, nei libri quelle che invento io. Qui racconto come tutto è cominciato.

Quanto è difficile fare il professore al giorno d’oggi?

Due sono le difficoltà della società odierna che lo rendono più difficile: la difficoltà di presa sulla realtà dei ragazzi a motivo della dispersione dell’attenzione e la mancanza di alleanza educativa con i genitori, che si aspettano a volte che la scuola risolva le cose che non vengono affrontate in famiglia. Ma come sempre la ricetta rimane quella di sempre e non c’è difficoltà che tenga: amare ciò che voglio insegnare, amare la persona a cui lo voglio insegnare, amare il modo in cui voglio insegnarlo a questa persona.

Com’è cambiato il modo di raccontare nel tempo?

Non oso rispondere, anche perché́ mi servirebbe un libro. Posso solo dire cosa non è cambiato. Il romanzo è un potentissimo strumento di ricerca, che rilancia verso il mondo. Non credo si possa dire come deve essere, ma cosa può fare. Quello che posso dire è ciò che scriveva Tolstoj a un amico: “Lo scopo dell’arte non è quello di risolvere i problemi, ma di costringere la gente ad amare la vita. Se mi dicessero che posso scrivere un libro in cui mi sarà dato di dimostrare per vero il mio punto di vista su tutti i problemi sociali, non perderei un’ora per un’opera del genere. Ma se mi dicessero che quello che scrivo sarà letto tra vent’anni da quelli che ora sono bambini, e che essi rideranno, piangeranno e s’innamoreranno della vita sulle mie pagine, allora dedicherei a quest’opera tutte le mie forze”. Aggiungo che un pittore non dipinge ciò che ha visto, ma ciò che vedrà. Lo stesso vale per il romanzo.

Scrivere è una necessità?

Se non lo fosse sarebbe una noia e ci sono molte altre cose più soddisfacenti per passare il tempo…

Qual è la chiave di un romanzo riuscito?

La verità sul cuore dell’uomo. Parlare di ciò che conta. Morte e vita. Il resto mi annoia.

Quanto i suoi allievi influenzano il suo modo di scrivere?

Si scrive attorno a ciò che si ama. Quindi direi una percentuale esagerata.

Qual è la sua fonte d’ispirazione?

I volti. Prima o poi diventano personaggi. Il resto viene facendoli vivere.

Si rispecchia nei suoi personaggi?

Nei miei libri io non parlo dei miei personaggi, ma con i miei personaggi. Sono ipotesi narrative sulla realtà. Imparo da loro a guardare il mondo e ad avere più misericordia per me e gli altri. L’unica tecnica che uso è seguire i personaggi, sono loro che mi permettono di interrogare il mondo in questo momento della mia vita e in questa temperie culturale. Alla fine di un romanzo, lo rileggo e dico: e io questo come ho fatto a farlo. È la gioia della creazione con il suo mistero. Il personaggio è la trama. Il personaggio è uno degli io che lo scrittore si porta dentro. Tutti lottiamo per portare ad armonia le voci che cantano, urlano, sussurrano dentro di noi.

Qual è lo stile perfetto per una storia perfetta?

Quello di cui quella storia necessita e bisogna ogni volta trovarlo. Ogni libro inventa il suo stile, perché è il motivo per cui lo si sta scrivendo.

Al giorno d’oggi, qual è il modo migliore per raccontare qualcosa?

Afferrare il cuore e risalire piano piano verso la testa.

Cosa può raccontare della sua esperienza da giornalista?

Non sono un giornalista, mi limito a commentare ciò di cui posso dire qualcosa: scuola, educazione, letteratura. Mi ha aiutato ad andare all’essenziale, non hai lo spazio di un romanzo o di un racconto. Devi fare tutto in pochissimo spazio. Ti costringe alla precisione assoluta.

Da sceneggiatore, quale legame intimo esiste tra scrittura e cinema?

La sceneggiatura costringe a non barare: in un libro puoi entrare dove vuoi, persino nelle teste dei personaggi. In un film devi raccontare una storia attraverso fatti e azioni e tutto deve essere incarnazione. Questo è il grado zero della narrazione: il senso drammatico è il senso stesso di ogni narrazione.

Qual è il punto d’incontro tra romanzi, giornali e film?

La ricerca della parola che nomini le cose e non il vuoto. Solo chi trova le parole ha le cose e può vederle. Senza parole, perdiamo noi stessi.

Cosa si sente di consigliare ai nuovi “scrittori” di oggi?

Leggere, leggere, leggere. Soprattutto poesia. La scrittura è questione di lingua e di senso drammatico della storia: bisogna imparare dai maestri, dai classici, rubar loro il meglio di ciò che hanno inventato. E poi di portare a termine con la parola “fine” almeno un romanzo: troppi preferiscono dire di essere scrittori piuttosto che scrivere.

Una replica a “Raccontare storie salva il mondo”

  1. Luisa ha detto:

    Sembra assurdo, ma questo post ha scosso le pareti del mio cuore. Il modo in cui ha risposto mi ha praticamente ridato l’ispirazione che cercavo da tempo, non so come di preciso, ma c’è riuscito. E’ azzardato forse, ma affermerei che lei è ancora più bravo a leggere i cuori altrui che scrivere libri.
    Pensandoci bene, però, le due cose non possono che creare un connubio perfetto.
    Complimenti, e grazie per postato quest’intervista!

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