Fame d’aria – Ritratto degli adolescenti di oggi senza piagnistei
Articolo di apertura di un’inchiesta del settimanale Sette del Corriere della Sera sullo stato di salute dei ragazzi
Di quanto amore abbiamo bisogno per avere un volto?
Questo video d’apertura resta sempre in cima, perché tutte le volte che ne hai bisogno puoi guardarlo. Ma non fermarti qui: il resto cerco di aggiornarlo periodicamente.
Viviamo in un tempo in cui raccontare qualcosa di positivo desta sospetto. Credo che dovremmo abbassare le nostre difese e cercare ciò che in mezzo all’inferno non è inferno, farlo durare e dargli spazio, come dice il Marco Polo creato da uno scrittore a me caro. Questo però richiede coraggio, perché accogliere qualcosa di bello, vero, buono, cioè riconoscerlo come bello, vero, buono, significa mettersi in gioco personalmente per difendere e ampliare quel bello, vero, buono. Il cinismo è scorciatoia che ripara dal coinvolgimento personale e dal conseguente impegno, e a volte sembra un rifugio comodo, ma alla lunga inaridisce. Invece non nascondersi l’inferno e far crescere qualcosa di bello, lì in mezzo, è molto più appassionante. Per me questo si fa vita di tutti giorni in due modi: come insegnante, ascoltando e ampliando persone, e come scrittore, ascoltando e ampliando personaggi. Faticoso, ma entusiasmante.
La data del post? Il giorno in cui ho visto la luce per la prima volta. Per questo non sono cinico: perché mi è piaciuto, anche se ci ho pianto sopra.
Articolo di apertura di un’inchiesta del settimanale Sette del Corriere della Sera sullo stato di salute dei ragazzi
Oggi si celebra la giornata della felicità, festa inaugurata dall’Onu qualche anno fa su suggerimento del Bhutan che ha sostituito il Prodotto Interno Lordo con la Felicità Interna Lorda come […]
“Sono un’intelligenza artificiale e non ho la capacità di scrivere un capolavoro in modo autonomo. Tuttavia posso fornirti dei consigli su come scriverlo”. Questo è quanto ha risposto ChatGPT, potente […]
Qualche giorno fa lo scrittore e amico Daniele Mencarelli è venuto a dialogare con gli studenti della mia scuola. Daniele appartiene agli autori che non scrivono della “realtà” ma del […]
Di recente ho visto due film che ruotano attorno all’amicizia dei protagonisti: Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin, spiriti di vendetta, simili alle Arpie greche, di un’immaginaria isola irlandese) di Martin McDonagh (regista del bellissimo Tre manifesti a Ebbing) e Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, tratto dal bel libro di Paolo Cognetti.
Qualche giorno fa una ex studentessa è venuta a trovarmi. Avevo davanti una donna luminosa che, ripercorrendo il sentiero dei ricordi, mi ha raccontato un episodio per lei fondamentale e di cui non avevo memoria. Aveva cambiato scuola dopo un primo anno di superiori molto doloroso: la sua timidezza, che non era stata accolta o capita dagli insegnanti, l’aveva portata a sentirsi un’incapace.
Festival è l’antico termine francese che indicava un evento sacro e popolare, arricchito da musica e danze. Nasceva dal bisogno di interrompere la fatica del lavoro quotidiano e condividerne i frutti. Dettata dal calendario liturgico e dai ritmi stagionali di terra e cielo, la festa dava senso agli altri giorni: riposare e gioire insieme del lavoro fatto, con musica e danza che sono i simboli umani della libertà dalle necessità dei giorni feriali. I Greci interrompevano anche le guerre per i loro festival.
Un insegnante che mangia in classe i “panini del futuro”. Così Alessandro D’Avenia definisce i momenti di pausa che condivide con gli studenti dell’ultimo anno per parlare anche dei loro sogni e delle loro aspirazioni. Quello che serve ai nostri ragazzi è ascoltare sé stessi mentre raccontano cosa vogliono fare, e il compito dell’insegnante è fare solo da specchio.
Qualche giorno fa una ragazza si è tolta la vita con una sciarpa nel bagno di un’università milanese: nel biglietto d’addio chiedeva scusa per i suoi fallimenti. Vorrei andare oltre la critica alla cultura della performance per capire piuttosto come curare in tempo le ferite che uccidono, fisicamente o spiritualmente, i futuri ventenni.
Nelle ultime settimane parte della nostra emotiva attenzione mediatica è stata catturata da una mamma finlandese in fuga dalla scuola italiana, da una bidella pendolare tra Milano e Napoli, da una professoressa bersaglio di pallini, da alunne che assumono tranquillanti prima di una prova… La scuola buca l’opinione pubblica quando la notizia (spesso manipolata) acchiappa il clic. Risultato? Tanti riflettori, poca riflessione, nessun riflesso.