1 marzo 2013

Miracoli a scuola?

Cosa fanno duemila ragazzi delle superiori a Firenze in un centro convegni per tre giorni?

Non è l’inizio di una freddura, anche se la risposta è da teatro dell’assurdo: partecipano a un convegno su Verga. La mattina fuggono dalla loro scuola e poi paradossalmente ci «tornano», a loro spese.

Ho partecipato già l’anno scorso ai Colloqui fiorentini con una classe. Quest’anno dovrò parlare di Verga e dei suoi racconti più belli. Costretto, per fortuna, a rileggerli, do ragione ancora una volta all’adagio antico sui libri: non multa sed multum. Rimpinziamo i ragazzi di nozioni, sacrificando la profondità al dio muto della quantità. Ci nascondiamo spesso dietro analisi del testo fini a se stesse (vivisezioni che uccidono il testo-cavia): è come spiegare la formula di un profumo, prima di farlo annusare.

Spesso la letteratura italiana a scuola diventa noia. La bellezza non può annoiare: allora siamo noi noiosi. L’opera d’arte, scrive Rilke, ci dice: «Cambia la vita». Per questo a volte spieghiamo la formula, invece di annusare il testo, perché il testo non dice nulla a noi (e qualcosa bisogna pur dire: nozioni). Il programma ci insegue? E l’uomo forse no? Il reale è profondo, non è superficie, si manifesta sì in superficie, ma è profilo che, seguito fino in fondo, conduce alla pienezza, sfidando l’intelligenza a fare il suo mestiere: intus legere (leggere dentro). Se non fosse così non esisterebbe l’arte: anticamera della grazia. Lo sapevano gli antichi greci, che crearono statue di dei per parlare con gli dei, mica per abbellire il soggiorno. L’anticamera a scuola spesso è priva di porte, perché dell’infinito si ha paura. Il mistero? Roba da bambini… o da poeti. E lo sa anche Jeli, il pastore di Verga: per lui «ogni cosa aveva il suo aspetto e il suo significato, e c’era sempre che vedere e che ascoltare in tutte le ore del giorno».

Mi sono divertito l’anno scorso ad ascoltare la critica di un insegnante al mio intervento su Foscolo, durante il quale avevo osato dire che non serve molto sapere i tipi di narratore dell’Ortis se non si legge l’Ortis per intero. Definì la mia affermazione «pericolosa». Dopo una laurea e un dottorato in filologia classica, io trovo pericoloso che si sappia solo cosa è la focalizzazione multipla e non si abbia il tempo di leggere Omero, Dante, Shakespeare per intero.

L’insegnante inoltre si lamentava del fatto che si era parlato troppo di Dio. Non lo riteneva opportuno. Eppure l’Ortis ne parla ossessivamente, soprattutto nel finale. In «Vere presenze» (libro che tutti gli insegnanti devono leggere) G.Steiner, ebreo agnostico, sostiene che l’arte non parla d’altro che di Dio: o per presenza o per assenza. Se la parola Dio, come domanda sul mistero, diventa eccessiva, allora Dante, Shakespeare e Dostoevskij sono eccessivi. O noi pusillanimi?

Non si tratta di cristianizzare gli autori, né di cercare la citazione che tradisce una loro appartenenza: clericalismo letterario. Si tratta di dialogare rimanendo se stessi, e lasciando lo scrittore essere se stesso. Solo così c’è dialogo, il logos viaggia tra (dia-) lettore e autore, in cerca della verità, che trascende la relazione che è l’atto della lettura. Così ho letto ripetutamente Malpelo e Jeli, fino a farmeli amici, con quella che Charles Peguy chiama una lettura «ben fatta»: «Non è nientemeno che il vero e persino reale compimento dell’opera. Si tratta di una collaborazione letterale, intima, interiore e anche di una sconcertante responsabilità. Vi è un destino meraviglioso, quasi spaventoso, nel fatto che tante grandi opere possano ancora ricevere un perfezionamento, un compimento dalla nostra lettura. Che spaventosa responsabilità per noi».

Io la chiamo lettura «responsabile»: risponde al testo letto e riletto, in prima persona, con matita, anima e corpo. Quante cose ho scoperto ri-ri­-ri-leggendo: di me, dei miei ragazzi, del mondo. La letteratura è un modo per origliare se stessi quando non sappiamo ascoltarci, vagliare se i pensieri che abbiamo sono veramente nostri e imparare a rimettere a fuoco la vita, per cambiarla. Ma ogni cambiamento origina nella vita interiore, anche se l’occasione viene da quella esteriore.

Leggere moltiplica le occasioni. Quei racconti hanno risvegliato in me la misericordia per l’uomo, anche quello malvagio, per l’uomo che fa il male solo perché non è amato, la capacità di sentire l’altro uguale a me, nonostante le sue debolezze e la sua estraneità, fino a perdonarne l’antipatia e avversità, trasformando quell’odio prima in pietas, poi in empatia. Sapessimo noi leggere di più e meglio, capiremmo cosa cercano quei duemila ragazzi a un convegno su Verga, dopo mesi di lavoro, ciascuno con un elaborato personale. Cercano la vita e la grazia. Miracoli? No. La normalità e la nostalgia di come potrebbe essere, di come sarebbe potuta andare. La scuola.

Avvenire, 28 febbraio 2013

[youtube]http://youtu.be/UpfGBKnlWJI[/youtube]

Agli studenti bisogna dire di non leggere le critiche, ma di leggere i testi. Tutto il mio libro è un grido di orrore per ciò che accade nel mondo universitario. I miei studenti a Cambridge hanno un esame in cui discutono l’opinione di T.S. Eliot su Dante senza dover leggere Dante. (…) Quello che ci vuole è un’interpretazione dinamica, un’interpretazione che sia azione e non passività. Leggere la critica, leggere i testi “secondari”, significa essere passivi, come davanti alla televisione; significa rinunciare alla responsabilità dell’azione. Al centro della mia posizione c’è una cosa estremamente semplice e chiara. E’ un sonetto di Rilke, quello al torso antico di Apollo, in cui lui dice “Cambia la tua vita”. Una lettura seria e profonda cambia la mia vita: è un incontro con una apparizione imprevista, come un incontro all’angolo della strada con l’amante, con l’amico, con il nemico mortale

da un’intervista a George Steiner

27 risposte a “Miracoli a scuola?”

  1. Raffaella ha detto:

    Ahhrghh! E’ i mio pc o proprio non si sente l’audio? Sento confusi rumori di sottofondo…

  2. Ricordo come i docenti della Scuola Interpreti definissero la traduzione ideale: “bella e fedele”, come la donna che ognuno vorrebbe al proprio fianco!Partendo dal presupposto che la trasposizione da una lingua all’altra è già una sorta di violazione e implica la mediazione di una mente che si interponga tra l’autore e il lettore inviterei per quanto possibile chiunque ad accostarsi ai testi in lingua originale o al limite con testo a fronte.Breve premessa per convalidare la tesi di Steiner. L’ambiente universitario, fatto salvo forse l’ambito della ricerca, è una sorta di mausoleo dedicato al culto gerarchico della personalità. Non importa che cosa si dica ma CHI lo dica. Il dogma dell'”ipse dixit” diviene verità assoluta, assurge a paradigma del valore letterario.Ricordo gli esami di letteratura straniera preparati in due fasi distinte: l’una di lettura amena e fruttuosissima in termini di appagamento estetico, la seconda assai più mesta dedicata alla preparazione della critica letteraria! E le proporzioni erano quanto mai ribaltate: in media un testo originale a cinque di critica, per usare l’ understatement! Il capolavoro letterario, in prosa o ancor più in poesia, è una creazione che brilla di luce propria,inutile illuminare un sipario quando la fonte primaria della luce primigenia già rifulge! La pregnanza e l’intensità dell’opera d’arte in ogni sua forma è un concentrato all’ennesima potenza di tutti i valori vitali e autentici che si possano contemplare. Una sorta di caverna delle idee di Platone ove gli originali delle Idee vengano custoditi in Eterno. Fruire della Bellezza dell’Arte significa curarsi dai mali della vita con un farmaco tanto più potente quanto è puro il principio attivo che lo caratterizza! Se la Bellezza è Verità e la Verità è Bellezza, secondo l’assioma degli Esteti che si rifanno all’ideale greco di Bello che è veicolo di buono, perchè inquinare irrimediabilmente la Percezione del capolavoro artistico con fiumi di metateoria e vacui sofismi? I ragionamenti capziosi e sterili ci allontanano dal Vero, dal Buono che in ogni animo risiede per volere divino.Come Schiller ricorda nell'”Inno alla Gioia”(” FREUDE SCHOENER GOTTERFUNKEN”…)in ognuno di noi v’è una scintilla divina instillata per volontà Superiore, alla quale attingere per rievocare la Gioia che ci salvi dal baratro della disperazione. Accostarsi alla letteratura, alla poesia con i canali ricettivi sgombri e limpidi permette ad ogni essere umano di entrare in contatto con la parte più incontaminata e autentica del Sè che di rimando lo conduca alla dimensione dell’Eterno e del Vero, scevra da inutili sovrastrutture. Il testo esiste, ha una pregnanza che valica l’intenzione persino dell’autore, è un patrimonio dell’Umanità al quale attingere senza riserve…
    P.S PERDONATE IL FLUIRE SPONTANEO E PRIVO DI COSTRUZIONI, L’INTENTO ERA ANCHE QUESTO. CATARTICO PERCORSO DEL CUORE, DELLA MENTE. APPREZZATE L’INTENZIONE! TI ABBRACCIO ALESSANDRO, CON SINCERO E RINNOVATO BENE! FAWZIA MARIA ISABELLA.

  3. Cristina Z. ha detto:

    Non è che non ci sia la domanda.
    Anzi, nel momento in cui c’è un’offerta di valore, si apprezza una risposta importante.
    Da quando seguo i tuoi spunti educativi e i consigli di lettura, a casa come a scuola la forza della Bellezza ha preso il sopravvento su tutto il resto.
    Così mi riscopro entusiasta nell’osare, nello sperimentare e mi rendo conto di come certe rigidità ed insicurezze tendano ad inaridirci e limitarci.
    La domanda che però mi faccio è: ma se non ci fosse internet, se non ci fossero questo blog, la tua pagina facebook, twitter, come avrei potuto imparare e gustare tutto questo?
    Perché l’amore per la Bellezza non ci viene veicolato attraverso percorsi istituzionali?

  4. Silvia ha detto:

    “L’arte non parla d’altro che di Dio”: la frase che mi ha colpita di più. Ma anche “La letteratura è un modo per origliare se stessi quando non sappiamo ascoltarci, vagliare se i pensieri che abbiamo sono veramente nostri e imparare a rimettere a fuoco la vita, per cambiarla.”
    Quante volte mi è capitato di pensare che certe poesie, certi racconti fossero stati scritti proprio per me… e non solo il celeberrimo componimento di Leopardi =)
    Ho una teoria: l’uomo, in quanto uomo, deve scrivere poesie; se no non può definirsi tale, non può guardarsi dentro.

  5. Francesca R. ha detto:

    L’opera d’arte,ci dice Rilke,”Cambia la vita”..e quando leggo ‘Rilke’ subito il mio sguardo si sofferma su una frase di Etty Hillesum(sai,mi ritrovo a ‘colloquiare’ e a ri-ri-rileggere ‘Diario’in questi giorni,riscoprendo ogni volta un nuovo’significato’che va a fortificare le pareti ancora gracili della mia anima)..La frase dice,simpaticamente:”una poesia di Rilke è altrettanto reale e importante di un ragazzo che cade dall’aereoplano,ricordatelo bene..” Mi ha fatto sorridere e mi è venuta voglia di condividerla con te,proprio qui..così,semplicemente con quel pizzico di frivolezza o leggerezza che da sempre mi caratterizza. Mi piace quando parli della letteratura come a un modo per origliare se stessi,una letteratura che aiuta al cambiamento solo se ci si ascolta dentro.. e c’è ancora Etty con un suo pensiero “non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi..dobbiamo cercare in noi stessi,non altrove”..Ti faccio ancora i miei complimenti e ti saluto sempre con lei,Etty”Oggi ancora:Michelangelo e Leonardo.Anche loro sono nella mia vita e la riempiono. Dostoevskij e Rilke e sant’Agostino. E gli Evangelisti. Frequento un’ottima società! E non c’entra più il ‘bello spirito da letterato’ di un tempo:ognuno di loro ha qualcosa di vero da raccontarmi,e molto da vicino. Certe cose di Michelangelo mi hanno presa inaspettatamante alla gola,è stato un incontro di grande immediatezza”. Buona serata,Alessandro!

    • Prof 2.0 ha detto:

      Grazie, tutte le volte che rileggo Etty si apre una zona del cuore dove c’è pace.

      • Francesca R. ha detto:

        Esatto a più non posso!..È questo quello che capita anche a me ogni volta che mi abbandono in Lei 🙂
        E devi sapere che se ho conosciuto Etty, lo devo solo a te,percui Grazie..a te,Alessandro!Grazie,grazie,grazie!..sei il mio ‘esercizio’ costante..e ho ancora così tanto da imparare!! Fortuna che ci sei tu. Ciao!

  6. Patrizia, Acireale ha detto:

    Come Cristina Z. penso :….e se no ci fosse internet? Penso a questo blog come a un percorso di aggiornamento che seguo molto volentieri perchè davvero trovo sempre qualcosa da imparare. Volendo volare alto e fare un po’ di poesia, caro Alessandro tu rappresenti per molti insegnanti che ti seguono un faro che illumina un panorama delle nostre scuole davvero poco illuminato dalla bellezza e dalla passione per quello che nelle aule scolastiche si svolge.
    Ed è molto confortante ritrovare un po’ di latino nei tuoi scritti, come un pizzico di sale che dà sapore al leggere, rileggere per riflettere.

  7. Paolo ha detto:

    Sembra (e forse è) la scoperta dell’acqua calda: il bello della bella letteratura è… leggerla!
    Eppure si tratta di una battaglia in corso: e questo fa capire quanto ci siamo allontanati dalla realtà… che rimane comunque a portata di mano.

  8. Marta ha detto:

    Parlando da ragazza che ha assistito al tuo discorso ai colloqui fiorentini su Foscolo (dai quali ho rimediato un tuo autografo che porto sempre nel borsello ) e che legge tutti gli articoli che pubblichi in questo sito, posso solo pensare a quanto siano fortunati i tuoi studenti.
    Magari nelle scuole ci fossero tutti insegnanti/scrittori come te!

  9. Sara ha detto:

    Alessandro, è davvero bellissima questa testimonianza e riflessione che ci offri con questo post.Trovo che lo spirito critico sia una qualità che sta diventando opzionale, a causa dell’omologazione ed uniformazione del pensiero, dello stordimento mediatico che toglie ,a chi non è attento, la capacità di pensare con la propria testa , ‘tranquillo ci sono pensieri preconfezionati per ogni occasione’.Ci sono molti piu slogan che indossano tutti, così efficaci e facili. Perché leggere e farsi una personale opinione richiede attenzione ed impegno, un briciolo di sforzo in più, certo!Ma permette di interrogarti, di aprire nuove porte di cui ignoravi l’esistenza, di approfondire magari.E così ci si confronta e si cresce.Trovo sterile ed assurdo studiare una critica e non il testo che l’ha generata.Per partorire idee è necessario fare e stare in silenzio, o magari in compagnia di una musica giusta.Per farsi un’idea su un testo bisogna approcci allo con spontaneità , a mio parere,e vedere cosa esso suscita in noi.
    Sarà che il mio approccio all’arte , così come spesso alle cose,è spontaneo; forse perché mi piace emozionarmi e lasciarmi stupire ogni giorno, anche a 33 anni.
    ‘Leggere moltiplica le occasioni’, ma le occasioni devi anche desiderarle, come hanno fatto quei ragazzi a Firenze, che si sono regalati una bella occasione per diventare grandi e nutrire la loro anima….sebbene Verga non sia mai stato il preferito dagli studenti.
    Adesso vado a rileggerei Rosso Malpelo, che quel giorno al liceo( e lo ricordo benissimo) ero un po’ distratta a chiacchierare con il mio vicino di banco 😉
    Alla maturità andarono alla grande sia il tema di letteratura che l’ora le di italiano…
    Bravo prof!

  10. antonio cogi ha detto:

    Quando frequentavo l’ultimo anno di liceo(classico)ero convinto di una cosa:”la matematica sarebbe stata il mio mestiere”.Amavo la letteratura ma avevo voglia di verità e di concretezza che le belle parole non mi davano…Dopo anni ho capito che non ero stato educato a coglierle:sapevamo tutto della critica di Sapegno ma ricordavamo soltanto pochi versi sparsi di Dante.
    Amo il mio lavoro ma a volte quando mi compiaccio che i calcoli danno ragione ad una mia tesi mi rendo conto che ho soltanto”circoscritto”una parte della conoscenza che sarà di certo utile ma quando mi sovviene un verso di una poesia che descrive in un momento tutto me stesso i miei orizzonti paradossalmente si allargano e attraverso quei versi sembra che mi collego con il mondo intero…
    Un caro saluto e sii tenace!

  11. Raffaella Greco ha detto:

    Questo articolo mi ha fatto ricordare quanto io ammassi la letteratura quando andavo alle medie. Purtroppo ora tutto è cambiato a causa della mia professoressa che non ci coinvolge, anzi, non ama il suo lavoro. Il suo scopo é solo quello di terminare il programma con Foscolo per evitare che ce lo ritroviamo all’esame di stato l’anno prossimo. Mi piacerebbe molto avere lei come professore anche e soprattutto perché grazie a lei ho fatto una lettura che mi ha cambiato la vita: Bianca come il latte, rossa come il sangue. Mi sento parte di quella storia e le sue riflessioni hanno migliorato il mio modo di guardare il mondo. Grazie infinitamente.

  12. lena ha detto:

    Wow…come dire la letteratura per l’uomo e non l’uomo per la letteratura…

  13. Lanfranco ha detto:

    Grandioso, Alessandro. Avanti così.

  14. Domitilla ha detto:

    Caro Alessandro, volevo dirti questa cosa il 28.02.13 a Firenze quando ci siamo incontrati ai colloqui fiorentini. Volevo dirti che il tuo secondo libro ‘cose che nessuno sa’ mi è stato molto d’aiuto. mi ha dato il coraggio di partire e andare alla ricerca di ciò che il mio cuore desiderava; mi ha dato una spinta. grazie a te e a questo libro ho riscoperto me stessa ed ho finalmente imparato a rischiare… grazie!

  15. […] Miracoli a scuola […]

  16. Chiara (Trento) ha detto:

    Caro Alessandro, grazie per questo articolo e perchè continui a raccontare di un’altra scuola.
    Eppure oggi torno a casa dopo una lezione in una classe che mi fa dubitare che sia davvero possibile quello che racconti.
    Dovevamo discutere sul tuo secondo romanzo, che loro avevano letto autonomamente a casa. Nei giorni scorsi ogni mattina al mio ingresso in classe, prima di iniziare la lezione, qualcuno mi faceva spontaneamente qualche osservazione intelligente su quanto aveva letto, entusiasta della storia e curioso di sapere come andava a finire. Mi aspettavo quindi una bella ora di dialogo e confronto (senza le assurde griglie o schede narratologiche di lettura, ma con carta e penna per prendere appunti su quanto dicevo non solo io, ma anche i compagni). Invece mi accoglie un muro di cinismo.
    “Non è realistico”
    “Non è possibile”
    “E’ da Mulino Bianco”
    “La vita vera non è così”
    Si riferiscono soprattutto alla storia tra Eleonora e suo marito. Impossibile perdonare, impossibile accettare che un marito ritorni. Nella vita non succede. Margherita doveva lasciare suo padre dov’era. Suo padre torna, solo perchè lei ha rischiato la vita. Troppo comodo così. Tra Margherita e Giulio tutto troppo perfetto. Margherita è davvero una poveretta insicura, perchè si sente sicura soltanto quando lui è con lei(!).
    Sono ragazzi feriti, lo so, conosco anche in parte le storie delle loro famiglie. Ma che cosa è successo perchè uno arrivi a dire che il male è normale?
    Perchè quando si sente raccontare che è possibile qualcos’altro non solo non ci crede, ma storce anche le labbra in un sorriso disincantato come se l’ingenuo fosse chi in quel qualcos’altro investe tutta la sua vita?
    Tra tutte le osservazioni quella che mi sconvolge di più è quella di chi si stupisce che una persona si possa sentire più sicura con accanto qualcuno che la ama (Margherita con Giulio). Chiedo a loro di ricordare se sia mai capitato nella loro esperienza, credendo che sia un fatto comune (almeno nell’amicizia). Risposte perplesse.
    Chi li ha lasciati così soli? E perchè?
    Me ne torno a casa e piango in silenzio sulla loro solitudine mentre guido verso casa.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Cara Chiara, come ti capisco.
      Puoi dire ai tuoi ragazzi che quella storia è andata così realmente. Un papà tornato dopo tre anni. Parte dell’ispirazione viene da lì. Tuo e mio il compito di far sì che non si spenga la speranza. Mai.

    • marco ha detto:

      Grazie chiara per il tuo pianto,perche’ hai pianto anche un po’ per me…anche se non sono uno studente,ma sono stato anche io ferito un tempo come quei ragazzi…e capisco che sono guarito grazie a gente come te che piange sulle ferite e sulla solitudine,le tue lacrime sono come gocce d’oro che arrivano direttamente nel cuore di Dio!

  17. Simona ha detto:

    E’ commuovente “sentire” che il mondo sta cambiando e che stiamo togliendo i veli dagli occhi.
    La dimostrazione, prima fra tante, si riflette nei ragazzi e nella loro richiesta di riscatto per la passione che “i grandi” hanno perso di vista.
    Sono Maestri di vita, perché la vivono, la interpretano,la sentono, la mangiano a morsi.
    Mi è venuta in mente questa scena del film “L’attimo fuggente”, la trovo stupenda:

    http://www.youtube.com/watch?v=Mc3xPql1ag0

    Grazie Grazie Grazie
    Simona

  18. Manel ha detto:

    Qué bueno todo. Me gusta mucho tu idea de la lectura responsable, en español también permite esos sentidos: responder, y responsabilidad. Es llamativo que se defienda la lectura de la crítica antes que la lectura del texto original: ¿no es, en el fondo, una coartada para la irresponsabilidad? ¿No es una red oscura de complicidades para que todos -docentes, alumnos, comunicadores- caigamos en esa misma falta mortal? Al leer nos hacemos responsables, de algún modo, del texto, de su autor -del problema vital que había en su texto-, y nos sentimos empujados a acoger ese rostro humano, el de quien haya tenido ese mismo problema, el de quien vaya a tenerlo. Creo que voy a escribir algo sobre esto en mi blog… y en mi novela. Muchas gracias.

  19. antonella ha detto:

    Vorrei che qualcuno mi spiegasse il senso della scuola di oggi. In un noto liceo bolognese le ore in classe sono noia pura, condite da processi e giudizi che umiliano senza dare possibilità di confronto nè di riscatto sulle sentenze emesse. Vengono decantate le doti di chi, più fortunato ha doti proprie. Nessuno strumento viene offerto a chi incontra, nel percorso qualche ostacolo. Solo unicamente giudizi spietati, voti umilianti, parole sterili. “non ti sai esprimere” “errori così non meritano un 6”. E’ questa la scuola? Non può esserci spazio per la gioia d’imparare, ma solo per l’astuzia, la capacità di interpretare gli umori degli insegnanti, che nulla ha a che vedere col piacere del Sapere. Sono una mamma e vorrei tanto riuscire a dare delle risposte a mia figlia, ma mi resta altro che pagare profumatissime lezioni private.

  20. Dale Reed ha detto:

    Spetta ai consigli di classe valutare, se, applicate le varie deroghe, sussistono, comunque, le condizioni per procedere alla valutazione dello studente. Insomma, in caso di lunghissima assenza da scuola per motivi di salute o di famiglia, non si potrà contare sul “sei politico”.

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