20 marzo 2011

Fare i conti con quei chiodi

L’Italia è stata assolta dalla colpa di ledere i diritti umani per la presenza di un crocifisso su una parete, colpevole – per alcuni – di indottrinare con la sua presenza. Era necessaria l’assoluzione della Corte europea. Amen. Se togliamo il crocifisso dovremmo anche eliminare dal nostro calendario, se non le vacanze di Natale, almeno quelle di Pasqua, andare al lavoro anche la domenica, per non subire la violenza della risurrezione di quel crocifisso che ci obbliga a dormire fino a mezzogiorno, stare con la nostra famiglia e mangiare un dolce, senza avere ragioni particolari per festeggiare…

I crocifissi non ci sono sempre stati. Non già alle pareti delle scuole, ma delle chiese. Solo nel V secolo compaiono i primi. Non si può rappresentare Dio in croce: è scandaloso, sia per gli ebrei sia per i pagani, e quindi anche per i cristiani, che provenivano culturalmente da quelle file. Pochi sono i crocifissi, qualcuno in più in età carolingia, finché Francesco ne fa il baluardo della sua preghiera, a partire da San Damiano. Così fiorisce l’immagine del crocifisso nell’arte e nella devozione privata, e conquista anche le pareti degli edifici pubblici. Sono necessari?

Ogni luogo ha i suoi arredi. In chiesa voglio trovare un crocifisso, in classe una lavagna. Non si tratta di mettere crocifissi dove non è necessario che stiano, né toglierli da dove sono sempre stati. Lo scriveva già la Ginzburg, ebrea, negli anni ’80: «Il crocifisso non genera discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro destino. Prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini… A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola».

Va oltre Potok ne Il mio nome è Asher Lev, primo di due romanzi meravigliosi, in cui il protagonista è un ragazzo che ha talento per la pittura. La sua vocazione di artista è minacciata dall’appartenenza a una famiglia di ebrei osservanti. Nel chassidismo infatti le immagini sono un inaccettabile tentativo di scimmiottare la creazione divina, così il padre del ragazzo ostacola la vocazione artistica del figlio come fosse un peccato. Asher persegue ugualmente il suo talento e intanto scopre il nascosto dramma della madre. Così rappresenta nel suo dipinto più famoso la madre crocifissa e, ai suoi piedi, lui e suo padre. Viene allontanato dalla comunità, nonostante il suo tentativo di giustificarsi: «Per tutto il dolore che hai sofferto, mamma. Per il Padrone dell’Universo il cui mondo di sofferenza io non capisco. Io, un ebreo osservante che lavora su una crocifissione perché nella tradizione religiosa non esiste alcun modello estetico al quale far risalire un quadro di angoscia e tormento estremi».

Diceva Eliot che nessuna cultura può comparire e svilupparsi senza una religione e la cultura di un popolo è l’incarnazione della sua religione. Non sono i crocifissi appesi alle pareti, ma viceversa. In quella croce c’è la verticalità che collega cielo e terra, la fame di altezza e profondità che caratterizza persino la struttura del corpo umano rispetto a quella degli animali, e c’è l’orizzontalità che abbraccia tutto e tutti.

Forse il crocifisso è tornato osceno come lo è stato nei primi secoli del cristianesimo. Forse lo toglieremo e ci colpirà ancor più la sua assenza, come mi ha detto un amico: «Chi toglie il crocifisso dai muri non può non fare i conti con il segno dei chiodi».

Avvenire, 19 marzo 2011

28 risposte a “Fare i conti con quei chiodi”

  1. Raffaella ha detto:

    Ma se togliessimo il crocifisso e ci mettessimo (in giro, ovunque) le nostre facce e quelle degli amici che, come noi, hanno il crocifisso presente negli occhi e nel cuore? Se evitassimo noi cristiani di nasconderci dietro un “simbolo” (ma come può essere “simbolo” uno che davvero è stato inchiodato a un pezzo di legno e poi è risorto?) e mettessimo in gioco le nostre facce e le nostre mani?

  2. Marta ha detto:

    Il crocifisso è un simbolo che rappresenta la fede della maggior parte delle persone italiane. Ma se i cristiani vedono lesa la loro fede perchè nelle aule non è appeso questo simbolo, forse questa loro religione non è tanto forte.
    Personalmente, credo che l’importante sia seguire gli insegnamenti del proprio credo religioso e,se nella mia classe non c’è il crocifisso, questo non mi impedisce di essere cattolica.

    • Bianca ha detto:

      Sono cattolica, come mi pare di capire che lo sia anche tu, e Raffaella, che ha scritto prima di te. Io non credo che il crocifisso in classe sia un simbolo religioso, quanto culturale: voglio dire, nel privato o in Chiesa, è chiaramente un simbolo di fede, ma in un luogo pubblico, come può esserlo una scuola o, perché no, un’aula di tribunale, è più che altro, a mio modo di vedere, un simbolo della cultura italiana,così come la stragrande maggioranza di quella europea, che in gran parte è fondata sui precetti della fede cristiana. Inoltre,va detto che, anche volendolo vedere come un simbolo religioso (“dietro il quale nascondersi”? Perché mai? Bisogna vergognarsi a dire di essere cristiani cattolici? Non l’ho mai fatto, nè mi pare lo facciano le persone che da una vita vedo tutte le Domeniche mattina a Messa), l’Italia è tutt’ora un paese a maggioranza cristiana, ma non credo che nessuno si sarebbe sentito offeso se avessero chiesto di appendere accanto al crocifisso una Thorà o un simbolo dell’islam o un tao… o qualsiasi altra cosa. Mi sarebbe molto dispiaciuto se ci avessero costretto a staccare il crocifisso dalla parete sopra la lavagna, e non in quanto cristiana, in quanto italiana.

  3. maria rita ha detto:

    Classe terza media, qualche anno fa: lavori di ristrutturazione nella scuola avevano portato a spogliare le aule di tutto, poi la riverniciatura, come spesso accade, viene rimandata. Al posto del crocifisso resta una traccia di polvere, un’ombra.
    Un alunno ai primi giorni di scuola nota quello che neanche io avevo ancora osservato e mi dice: “Prof. quell’ombra è inquietante: non potremmo rimettere a posto il crocifisso?”

    Anche io sono sempre io, con il mio credo che professo attraverso la mia vita, ma aveva ragione il mio alunno. Il crocefisso è un simbolo di vita, di amore, di perdono: non è indifferente che ci sia o meno perché non è solo un’ ombra: è un simbolo che rimanda alla vita di un uomo e alla sua morte e resurrezione senza la quale la nostra fede sarebbe vana.

  4. Maria Teresa ha detto:

    “Anche se si togliessero i crocifissi dai muri, resterebbero sempre i segni dei chiodi.
    E’ così da duemila anni”.

  5. Silvia! ha detto:

    Io penso che guardare a quel crocifisso in classe possa essere di grande richiamo per chi crede.. è il segno che mi ricorda che Gesù è mio compagno di vita in tutti i momenti della mia vita, compreso e soprattutto a scuola, una parte importante di realtà che ho il compito quotidiano di affrontare.
    “In quella croce c’è la verticalità che collega cielo e terra […] e c’è l’orizzontalità che abbraccia tutto e tutti”: non ci avevo mai fatto caso, è proprio vero ed è bellissimo perché così la croce rivela chiaramente la grandezza di un abbraccio che vince il dolore.

  6. Lanfranco ha detto:

    C’è una scena del film “Le mele di Adamo” in cui un quadretto di Hitler si ostina a cadere lasciando intravedere una tenue traccia lasciata sul muro bianco dal crocifisso che il protagonista Adam, neonazista, aveva tolto di mezzo. Difficile cancellare la sua presenza dai nostri occhi e dal nostro cuore. Viviamo in un mondo che ne è inevitabilmente segnato. Così ci rimane almeno il dubbio che non esista amore a costo zero, che una splendida follia possa spingersi fino all’amore per il nemico e che sia possibile morire per amore.

  7. elisa ha detto:

    ..non ho mai sentito un crocifisso di troppo, anzi..
    molti prelati però sì,
    forse nessuno dovrebbe legiferare o dispensar consigli sulle nostre esigenze più profonde..

  8. LadyLindy ha detto:

    è un discorso apparentemente semplice (crocifisso sì o no), in realtà mi fa riflettere molto. Parto dal generale per arrivare al mio particolare: sono in un periodo di… come definirla… confusione religioso-teologica? Ecco. Non so più in cosa credere. Non voglio che la mia mente sia imprigionata da dettami e dogmi da accettare acriticamente. Voglio poter indagare la realtà e mettere in discussione tutto quello che mi viene detto. Anche se ciò comporta l’andare contro il pensiero comune e magari “scandalizzare” gli altri. Non penso di potermi ancora definire cristiana cattolica, come quando ero piccola e gli altri potevano pensare per me. Detto questo, credo che un vero cristiano abbia il crocifisso dentro di sé, senza bisogno di vederlo a scuola. E la scuola, in quanto istituzione pubblica, debba essere laica (senza condizionamenti religiosi). Non vorrei mai dover tornare ai tempi di Galileo.

  9. Anna ha detto:

    Non è il crocifisso o il non crocifisso che fa di noi fedeli o meno, anzi, proprio da qui si vede chi la fede la possiede veramente! la fede è qualcosa di profondo, privato, qualcosa che c’è o non c’è e non è il guardar l’immagine che la rende maggiore! Se vogliam fare un discorso di cultura, beh…la cultura italiana è cattolica dunque il crocifisso in classe non guasta ma…se siam davvero cattolici dovremmo pure rispettare il prossimo e di conseguenza l’altrui religione, dunque il crocifisso sta bene in chiesa!

  10. don Mario ha detto:

    Caro Alessandro, nella mia biblioteca ci sono sia la Ginzburg che praticamente ogni opera di Potok e devo dire che provo qualcosa di folgorante nel rileggere l’esperienza cristiana attraverso lo sguardo di altre fedi e altri pensieri, che spesso contribuiscono a sviluppare il senso della mia stessa fede. Sul tema del crocefisso mi è capitato di sentire più commenti piccati da parte di alcuni cristiani che non da amici agnostici o di altre fedi. Cito qui anche una parte di un intervento che Cacciari diede a favore del crocefisso nelle aule scolastiche, sottolineando la ricchezza di questo simbolo per tutta la cultura occidentale. Nel crocifisso – dice il filosofo – c’è uno dei misteri più grandi: il massimo dell’abbandono e il massimo della relazione. “Grido: “perché mi hai abbandonato?” e lo grido a Te, a Te mi rivolgo. Mai Gesù parla con un “Tu” così forte nei confronti del Padre. Quando nell’abbandono, nel sentirmi completamente abbandonato, grido a Te, esprimo che questo è il momento della massima relazione, perché se io grido a Te quando mi sento disperatamente e assolutamente abbandonato è chiaro che quella relazione è necessaria, che non verrà mai meno. Come fa a venir meno, infatti, una relazione che si mantiene nel momento dell’assoluto abbandono? E’ il culmine della relazione. Se io sono con Te, perché grido a Te, nel momento in cui l’abbandono è totale e radicale, non potrò mai abbandonarti. Quindi, sulla croce coincidono il culmine della relazione e il culmine dell’abbandono

    • GIancarlo ha detto:

      Grazie per aver scritto l’articolo sopra citato, che condivido e sostengo con vigore. La bellezza della fede cristiana si identifica nel crocifisso che rappresenta l’uomo salvato, la sua esistenza redenta.
      E’il segno più essenziale e decisivo ma tutto ancora pregno di sofferenza. Nella sua apparenza statica rivela, invece, la forte dinamicità di tutto il cammino del Calvario. L’uomo può cogliere infinite forme nella croce, perchè cristo si è incarnato nel nostro quotidiano e lo sentiamo presente nelle diverse manifestazioni del nostro dolore. Ma proprio contemplandola, vediamo meglio dentro di noi e ogni volta scopriamo qualcosa di nuovo, perchè la Croce è mistero inesauribile.
      Questa dimensione del mistero della Croce che si rinnova mi ha portato in tempi diversi a vedere l’incarnato muoversi e a dipingerlo in vario modo, secondo questo dinamismo. E mi sono accorto che tutte le mie crocifissioni hanno braccia che si protendono e si allargano all’umanità intera, braccia che vanno ben oltre i confini del legno e della tela, che offrono abbraccio e misericordia, e ricordano quanto dice Dante:
      “ma la bontà infinita ha si gran braccia,
      che prende ciò che si rivolge a lei”
      (Purg. III, vv. 122-123)

      Giancarlo
      21 marzo 2011

  11. Gabriella ha detto:

    Mi chiedo come mai si dia così tanta importanza al simbolo del crocifisso e si trascuri, invece, quello che è stato il messaggio che Gesù ha cercato di lasciarci nell’arco della Sua vita…
    Non sono molto religiosa (alla parola ‘religione’ preferisco ‘spiritualità’ [se non altro, nessuno – nella storia del genere umano – ha mai scatenato una ‘guerra di spiritualità’]), ma mi affascina la figura di Gesù per ciò che diceva e per il modo in cui lo diceva. I suoi insegnamenti potrebbero essere anche considerati come un insieme di norme di comportamento civile, se ci pensiamo, e quindi essere apprezzate anche da chi religioso non è. Inoltre, era anche uno psicologo, per come la vedo io: comunicava attraverso metafore ed esempi, ben sapendo che in questo modo i concetti vengono assorbiti più facilmente…
    Insomma, sono tante le risorse che possiamo trovare nel testo che raccoglie la storia della Sua vita. Perché, allora, soffermarci solo su quell’ultima parte della Sua esistenza? Perché dare più peso alla Sua morte che alla Sua vita?

    Un saluto.

    Gabriella.

    • Afavordialibi ha detto:

      Con tutto il rispetto: l’attenzione alla croce deriva dal fatto che è il perno su cui si fonda il cristianesimo.
      Il peso che si da alla sua morte è perchè è da lì che inizia il processo di evangelizzazione.
      “Cristo è morto per i nostri peccati” è questo il concetto che gli apostoli diffondono.
      In più aggiungerei che senza quel crocefisso e quindi senza la sua morte,il Verbo si sarebbe fermato alle strade della Galilea,è andato oltre grazie alla Pentecoste:ilCristo morto che risorge e indica il cammino e quindi il Vangelo da portare.Il senso c’è eccome!

    • Andrea ha detto:

      Senza la sua morte in croce per noi, non ci sarebbe salvezza, non ci sarebbe un destino buono, saremmo bloccati nelle nostre meschinità. Cristo è o non è il Figlio di Dio? Cristo è o era vivo? Queste sono le domande che nascono da quel simbolo a cui ognuno deve dare risposta. Se Cristo non fosse risorto il cristianesimo non avrebbe senso. Le Sue parole sarebbero solo aria, solo parole di un brav uomo di 2011 anni fa. Ma Cristo è risorto perchè è qui, ora. Allora si, quel simbolo, quella croce deve essere dov’è!

  12. ti ho ascoltato ha detto:

    avrei voluto gridarti
    mentre parlavi ieri a palazzo vecchio..
    sei pieno di vita,di amore,di incanto
    le tue parole che disegnano l immenso che ti avvolge e che ti abita..
    e a questo conduci..
    non sai la lotta..l estenuante spossante marcia di chi è percosso dalla vita,di coloro i quali tentano di andare avanti attraverso gli ostacoli,gli impedimenti di tutta una vita,cadendo lontano da chi è vicino,
    con il cuore sempre più usato..seppur vivo ..sempre più arido e contratto..
    sei attento a vedere i segni della speranza,dell oltre,le risorse, anche nelle vite più travagliate..come nel libro che hai citato ieri..
    ma la durezza
    la difficoltà di non perdere tutto ciò come si può spiegare?la difficoltà di rimanerne aggrappati?
    “murati nel desiderio senza amore”..
    sembra che tu sia volato come una piuma nel tuo vivere..
    non sai cosa vuol dire riconciliarsi con la durezza dell esistenza..per rivivere profondamente ciò di cui parli..
    la fiducia,la bellezza,il mistero e il dono della vita,l incontro con chi ama e con chi è amato..e ..
    auguri

  13. marco ha detto:

    Gesu’ in croce pronuncio’ parole al seguito della sua dolorosa passione che posero fine ad un’epoca storica devastante e irrisolvibile,quando l’uomo con i suoi crimini e violenze venne riscattato da Gesu’ stesso ,infatti disse: “Tutto e’ compiuto” ,non ha detto: da adesso in poi l’uomo sara’buono ,attenzione! sta’a significare che la redenzione ebbe il suo culmine e la sua piena realizzazione dopo quella frase che nessun uomo al mondo avrebbe potuto dire.

  14. Gabriella ha detto:

    Beh, io pensavo che il Cristianesimo si fondasse sul messaggio di Cristo. Un messaggio talmente potente da varcare i confini della Galilea e far tremare Roma, se non ricordo male…

    Cristo è morto perché degli uomini lo hanno ucciso. Inguenuamente, forse, pensava che avrebbe salvato l’uomo dalla sua parte malvagia. O forse sapeva benissimo che il suo sacrifio sarebbe stato inutile ma ha voluto, comunque, rispettare il destino che era stato scritto per Lui… Ovviamente, non saprei dirlo. Certo, mi piacerebbe sapere cos’ha davvero pensato in quegli ultimi istanti in cui stava morendo come un uomo…

    Qualche anno fa ho visto un film meraviglioso, che la Rai non ha più avuto il coraggio di mandare in onda: s’intitola “Jesus” (io lo farei vedere nelle scuole). Fa parte parte di un ciclio di film ‘biblici’ e racconta un Gesù diverso da come spesso ci è stato raccontato. Un Gesù umano, allegro, pieno di vita. Positivo. Un Gesù sia maestro di vita che amico… E’ in quel Gesù che mi piace credere.

    Per ora non mi pongo il problema di un’eventuale Salvezza; cerco solo di agire nel modo…meno sbagliato possibile. Penso che dentro ogni uomo ci sia una parte buona e una parte cattiva e che ognuno abbia la possibilità di scegliere quale delle due far prevalere, ben sapendo che ogni scelta si porta dietro inevitabili conseguenze.

    Detto questo, non sto sminuendo il senso dell’ estremo sacrifico di Gesù (anzi, più volte mi sono chiesta che padre possa essere quello che permette che il proprio figlio muoia su una croce); dico solo che ultimamente sento molto spesso parlare dell’opportunità o meno di tenere il crocifisso esposto in classe e nei luoghi pubblici mentre sento di rado parlare degli insegnamenti che Lui ci ha lasciato (e altrettanto di rado mi capita di conoscere persone che li mettono in pratica).

    Forse siamo un po’ tutti come San Tommaso: crediamo solo finché vediamo…

    Per ora la penso così.

    Un saluto a tutti.
    Gabriella.

  15. marco ha detto:

    Gabriella,rispetto la tua idea,pero’ ingenui siamo noi,non Cristo,per favore non diciamo sciocchezze superficiali….si parlava di crocifisso,non di vacanza al mare…che pure ci vuole …

    • Gabriella ha detto:

      L’ho definito ‘ingenuo’ solo perché credo abbia sopravvalutato l’intelligenza del genere umano…visto quello che siamo riusciti a combinare dopo la sua morte.
      Ho dato a quel termine un’accezione assolutamente postitiva, ti assicuro.

      Sì vero, si parlava del crocifisso, ma la morte di Gesù sulla croce è stato l’atto finale di una vita interamente spesa nel tentativo di migliorare il mondo.

      Ripeto, non sono molto religiosa. Nel corso della mia vita ho visto tanti esempi deludenti arrivare proprio da coloro che avrebbero dovuto difendere e diffondere quei valori cristiani di cui si riempivano la bocca. Non parliamo di tutte le persone che credono di essere cristiane solo perché la domenica vanno a messa (contraddicendosi, poi, allegramente nella loro vita quotidiana). Per questo rispetto la figura di Gesù e ne sono affascinata. Lui ha davvero creduto di poter innescare un circolo virtuoso capace di portare nel cuore degli uomini dei cambiamenti positivi e duraturi. Ha messo in pratica il disegno di Dio per questo motivo, pur sapendo ciò che avrebbe dovuto affrontare.

      Per fortuna, esistono anche uomini di chiesa che vivono – e hanno vissuto – facendosi guidare ed ispirare dagli insegnamenti di Cristo. Penso a Don Milani, a Don Bosco, a Don Gnocchi, a Don Puglisi, a Don Merola, a Don Ciotti, a Padre Ezechiele Ramin…e anche a tutti i preti di provincia che, nel totale anonimato, fanno del loro meglio per ridare a questo mondo stupido un po’ di speranza e di umanità.

      Non volevo essere superficiale o polemica, credimi. So distinguere un discorso serio da uno disimpegnato e ti assicuro che quando parlo di queste tematiche sono terribilmente seria.

      Buon tutto,
      Gabriella. 🙂

  16. marco ha detto:

    Gabriella ,scusami tu per l’incomprensione,ma sai,succede nella vita figuriamoci su internet….apprezzo la tua onesta’ e mi fa’ piacere che hai citato Don Bosco visto che appartengo alla famiglia salesiana…saluti.

  17. Gabriella ha detto:

    Tranquillo, può capitare… Comunque, chiarire meglio il mio pensiero ha fatto bene anche a me.

    In ogni settore della vita ci sono tante cose che non vanno. Ma per fortuna, guardando bene, si possono trovare anche degli esempi positivi (come il nostro Prof., titolare di questo blog) ed è proprio in virtù di quelli che dobbiamo andare avanti, cercando di fare del nostro meglio per migliorare le cose per noi stessi e per gli altri.

    Saluti. 🙂

  18. antonio ha detto:

    “ Un giorno sei nato. Nessuno ti ha chiesto se volevi vivere. Ma ora vivi. Talvolta è bello. Talvolta invece sei triste. Molte cose ancora non le comprendi. Vivi, ma perchè? Con le tue mani devi aiutare a riordinare il mondo. Col tuo intelletto devi cercare di distinguere il bene dal male. Col tuo cuore devi amare gli uomini e aiutarli quando puoi. Sono tanti i compiti che ti attendono. Che attendono le tue mani, il tuo intelletto, e il tuo cuore “
    Aprile 1979, da un tema di Chiara “Luce” Badano (aveva 7 anni e mezzo!)

  19. Cosimo ha detto:

    Lui è lì, in silenzio. Penso non si aspetti nulla da noi, vuole solo donarsi. In fondo è venuto per questo nel mondo. Lui è lì, si svena, gratis.
    Questa è una cosa dell’altro mondo, che uno si sveni gratis per la salvezza di un altro.
    Quell’Uomo appeso al muro è un segno potente che ogni nostra sofferenza non va perduta, che non è tutto sprecato. E’ un segno potente anche per tutti i ragazzini cresciuti nel caldo e grasso nulla di un’educazione che nelle aule non c’è.
    Forse da qualche parte quell’Uomo che si svena è l’ultimo educatore rimasto. E’ un pungolo nella nostra carne che non toglie il dolore, semplicemente lo vive su di sé. Questo o lo ami o lo detesti. Non puoi fare altrimenti.

  20. Sara ha detto:

    Sono laica, ma personalmente il crocifisso non mi ha mai dato fastidio. Mi fa tanta tenerezza, perchè, che si creda o no, Gesù ha sofferto e cambiato la storia. Per cui trovo giusto che resti nelle aule, perchè nessuno può sentirsi offeso dalla sua presenza.
    Ma il crocifisso non provoca gli stessi sentimenti nei Cattolici, a loro ricorda anche la loro religione, la presenza di Dio. Perchè un ebreo, un mussulmano, non possono trovare in classe nulla che risvegli queste emozioni?
    D’altronde Gesù predicava uguaglianza.

  21. Giulia ha detto:

    Penso che i credenti di altre religioni, prima di chiedere di togliere il crocifisso dovrebbero almeno sforzarsi di comprenderne il vero significato, quello più profondo. Un simbolo dell’ amore che Gesù ha per noi. Non possono togliercelo. Saremmo noi cristiani a rimanere internamente molto più turbati di quanto lo siano stati loro nel momento in cui l’ hanno osservato con superficialità.

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