1 giugno 2011

Portare in classe i propri amori, non i propri umori

Ho raccolto alcuni commenti di ragazzi, pubblicati su questo blog, su professori che hanno smesso di credere nel loro lavoro o che continuano a crederci. Ancora una volta una semplice testimonianza del fatto che i problemi della scuola non sono primariamente problemi strutturali o organizzativi, ma problemi antropologici: chi siamo noi insegnanti? che cosa portiamo in classe? che rapporto abbiamo con i colleghi? e con i ragazzi?

Un ragazzo di 17 anni:

Ti racconto due esperienze. La prima: la faccia polverosa, severa e rugosa della scuola. Il mio professore di italiano, dopo aver esordito in prima liceo con l’inflazionato slogan “siete troppi: vedrete che vi ridurremo”, pochi giorni fa ha condensato tutto il suo amore per il suo lavoro in questa perla di raro valore: “Un insegnante non deve avere cuore. Un insegnante deve avere un cuore di pietra. Se volete fare questo lavoro sappiate che non potete avere cuore quando siete in classe. Ovvio: altrimenti farete preferenze”. Uno scherzo, pensavamo. Allora un mio compagno ribatte: “Ma no, prof! Un insegnante deve avere un cuore talmente grande da non fare nessuna preferenza!”. “No, no: un cuore di pietra”. Parlava seriamente.

La seconda: la faccia luminosa e sorridente della scuola. Quest’anno ho scoperto la poesia. La scuola però non c’entra nulla in questo – e va bene così. Poco tempo fa il mio prof di filosofia ci ha parlato della sua giovinezza e di come la poesia ai tempi occupasse la sua vita e impegnasse la sua fantasia. Interessato e sognante anche io, dal momento che non avevo letto nessun grande poeta, ma semplicemente scritto la mia poesia, ho chiesto un consiglio.
Il giorno seguente, una volta entrato in classe, lo vedo estrarre dalla sua 24ore marrone un libricino un po’ invecchiato. Si alza in piedi e viene verso di me. “Tieni. Questo è per te”. Mi ha regalato una delle sue molte copie di “Elegie Duinesi”, di R.M. Rilke, il suo libro di poesia preferito. Il libro della sua giovinezza! Ecco, allora io sorrido e mi perdo nei miei sogni. Questo grazie ad un gesto stra-ordinario di un ordinario professore di filosofia.

Una ragazza di 17 anni:

La mia professoressa, invitandoci a leggere, e leggendo spesso in classe stralci non solo di libri che suggerisce lei, ma anche di quelli che si accorge stiamo leggendo per conto nostro, ripete spesso:
“Leggete, quanto più possibile, non pensate di star facendo un favore al libro, è il libro che ne rende uno a voi.”

Una ragazza di 16 anni:

Ti ringrazio per il tuo libro e per quello che fai per noi ragazzi, però per favore quando diventerai vecchio, non diventare acido come i professori normali.
Non fare come quella nostra prof che il primo giorno di scuola è arrivata dicendo Io qui non ci volevo nemmeno venire, perché non voglio avere niente a che fare con voi e con la vostra preside!”, perché è da quella frase che ho iniziato a odiarla e chissà perché nella sua materia avrò il debito…

38 risposte a “Portare in classe i propri amori, non i propri umori”

  1. Marika ha detto:

    La prof. di italiano:” Smettete di sognare,non ne vale la pena…perdete solo tempo… vivete con i piedi per terra xk con una generazione senza futuro e senza valori come la vostra solo vivendo razionalmente riuscirete a concludere qualcosa… non date retta a certi professori che vi spingono a osare…a puntare in alto…a credere che ogni tanto la botta di “fortuna” arrivi per tutti…la fortuna non esiste… esistono sl raccomandazioni e raccomandati…quindi rassegnatevi…”
    Ho paura prof. tanta paura,paura di crescere,paura di darle ragione,paura di sognare troppo e cadere dalle nuvole… sn demoralizzata xk mi rendo conto k forse non avremo mai davvero un futuro… è così brutto a 18 anni pensare questo…

    • Prof 2.0 ha detto:

      Non farti strappare la libertà dal cinismo di chi non crede nelle persone. La botta di fortuna arriva per tutti, puoi dirlo alla tua prof, perché la fortuna è dare senso alla propria vita, non avere successo… La paura è compagna di strada per tutti, se la provi sei viva. Ma solo chi ha paura e l’affronta può dirsi coraggioso. Mi piacerebbe fare due chiacchiere con la tua prof, ma magari puoi farlo tu.

  2. Marta ha detto:

    Avere un sogno nella vita è importante…
    Il problema di noi giovani di oggi è che non abbiamo nessuno che ci sproni a farlo…
    Nessuno che, per una volta, ci dica: – sei sulla strada giusta, vai avanti così!-
    Forse è per questo che siamo diventati così pigri, così poco sognatori..
    Poche sono le persone che fanno il loro lavoro con passione… E altrettanto poche sono quelle che riescono a trasmetterci l’amore per la vita…

  3. Francesco ha detto:

    Ricorderò sempre come al mio esame di maturità, appena finito l’orale, la professoressa di filosofia mi chiese se davvero ero convinto di andare a studiare come traduttore e interprete, come avevo detto. Mi chiedeva, invece, perché non continuassi ad occuparmi di letteratura o filosofia, di quegli ambiti in cui riuscivo davvero bene.
    Quasi contemporaneamente, la professoressa di italiano (era esterna, quindi non mi conosceva) rispose quasi al posto mio dicendo che bisogna pensare a trovarsi un lavoro, quindi che facevo bene a scegliere quella strada.
    Da quel momento, la professoressa di filosofia che mi conosceva e mi aveva seguito per 5 anni (l’avevo avuta anche nel biennio dove insegnava un’altra materia) mi aveva messo la pulce nell’orecchio.
    Ho passato un’estate studiando svogliatamente per il test d’ingresso, arrivando alla fine a fallirlo e scegliere la mia vera strada: filosofia!
    Oggi ho appena concluso gli esami della triennale e devo pensare alla tesi e sono davvero contento e soddisfatto di questo percorso che sento davvero pervadere e riempire la mia vita! Continuo a sognare con fiducia: mi piace scrivere e infatti sto per pubblicare un mio libro (dovrebbe arrivare nelle prossime settimane)! Penso che non smetterò mai di essere grato a quella professoressa, che davvero amava quello che faceva e aveva un cuore grande e aperto per noi ragazzi!

  4. Laura ha detto:

    Anche se a volte l’umore non è adatto, non c’è, è sotto le scarpe o sopra…io porto sempre il sorriso ai miei piccoli alunni. Ho imparato molto da loro e che in fondo la semplicità e i dettagli ci entrano nel cuore diretti senza mai chiedere. E così divento per loro, quella non uguale alle altre maestre, quella che gli fa fare sempre cose diverse. Ho imparato che in loro abbraccio c’è veramente un sogno, una stella, un cielo.
    Chissà perchè molti di noi perdono la passione negli esseri umani…

  5. lucia ha detto:

    ho 16 anni e non ho ancora nessun progetto per la mia vita…non so nemmeno perché faccio il liceo scientifico. Ma credo che sbaglio nel pensare di divertirmi, l’unico sogno che ho per il mio futuro è quello di viaggiare per il mondo con dei miei amici…però ho paura a pensare questo, tutti quanti sanno cosa fare nel futuro io ancora sono molto confusa, non ho un sogno da seguire. il suo libro mi ha emozionata perchè penso mi ritrae

  6. Andrèe Eleonora ha detto:

    La devo ringraziare sa? E pensi, ancora non ho letto il suo libro per mancanza di tempo purtroppo. Ma quella volta che venne nella mia scuola, a Cento, le sue parole furono davvero…colme di tutto. Colme di conoscenza, colme di sentimento… colme davvero di ogni cosa. Frequento un liceo linguistico e le lingue mi appassionano molto. Sa, ogni volta che trovo un piccolissimo spazio libero per me, prendo carta e penna e butto giù la prima frase che mi salta in testa. E’ automatica questa cosa, ormai quasi giornaliera direi. Però scrivere, mi svuota da ogni mio pensiero, perchè deve sapere che sono una persona che pensa molto spesso e difficilmente vive al secondo divertendosi e scacciando via il dolore. Anzi, ormai direi di esserci diventata amica, io e il dolore giochiamo a nascondino molte volte. La ringrazio ancora mille volte per essersi presentato quel giorno. Mi ha aperto gli occhi a 360 gradi su ciò che mi circonderà finchè vivrò.
    bacioni,
    andrèe eleonora

  7. ivana ha detto:

    posso capire l’amarezza dei ragazzi…insegnanti così sarebbe meglio che cambiassero mestiere…mi viene in mente la frase di Gesù:guai a coloro che sono di scandalo ai miei piccoli.
    per questo, ogni volta che mi incontro con i “miei” prego di non fare danni. sono “solo” una catechista e capo scout ,ma svolgo questi impegni con grande amore…e come me ci sono tanti adulti che amano i ragazzi…perciò non smettete di cercare e di sperare!

  8. Mars ha detto:

    Può un insegnante non amare i suoi alunni o almeno la sua professione?Può un professore decidere di insegnare, perchè lo decidi insomma se te la senti di dedicare parte della tua vita a degli adolescenti che a volte ti faranno pentire di esserti lanciato in questa avventura, se poi ti deve distruggere con una parola dettata da un momento di rabbia? Perchè non capiscono che sono delle figure importanti nella vita dei ragazzi? Ci passiamo dalle 6 alle 8 ore al giorno, x 200 giorni l’anno, per almeno 13 anni, quindi direi che il nostro sedere scalda le sedie scolastiche per un terzo abbondante della nostra esistenza giovanile. Alcuni insegnanti sono semplicemente frustrati perchè non sono riusciti ad inseguire i loro sogni e cercano un capro espiatorio, anzi ne cercano almeno una ventina a quanto pare, dipende da quanti classi hanno, per sabotare anche la felicità di chi ancora può permettersi di sentirsi realizzato e ha in mano le redini della suo futuro pulito e pronto per essere utilizzato al meglio dei propri desideri. L’ho capito quando la mia prof di italiano in un giorno di nulla facenza ci ha rivelato che il suo sogno sarebbe stato quello di lavorare come bibliotecaria, in quanto si era specializzata in biblioteconomia, però un giorno una sua amica si è ammalata e le ha chiesto se la poteva sostituire a scuola, così da allora insegna. Se lei non ha avuto la determinazione di acchiappare i suoi sogni per sfortuna o rassegnazione, non saprei, che non venga a rovinarmi i miei….la scuola spesso diventa un incubo per questo…non per le verifiche o per quei numerini sterili e freddi che si scrivono ordinati sul registro ogni volta che qualcosa è valutabile, ma purtroppo grazie a delle persone che il più delle volte hanno scelto la scuola come cura alle proprie aspirazioni infrante….si sfogano su chi è debole, ovvio, come noi adolescenti che non vogliamo far altro che imparare…. e poi egregio sig.re D’avenia, è facile parlare da una comodissima cattedra di una famosa scuola milanese dove i tuoi ragazzi bene o male se la cavano e non distruggono le macchinette durante l’intervallo perchè si annoiano….prova un giorno a travestirti da insegnante precario a cui hanno ridotto le ore in cattedra e prova ad insegnare a una terza aziendale, dove sono tutti ragazzi che spacciano a cui non importa nulla di avere un diploma….o semplicemente nella mia classe, ghetto di ragazze popolari che arrivano la mattina strafatte di canne e dormono tutto il tempo con la testa sul banco….prova a insegnargli Dante, Boccaccio e Petrarca a dei ragazzi che non sanno cosa vuol dire amare la vita. Guarda con i tuoi occhi la condizione di queste realtà e i professori che si lasciano trasportare, un pò come quei ragazzi, a quella stessa condizione, pensando che non ci sia più nulla da fare. Allora entrano spiegano, mettono dei quattro tirati e a fine anno dicono soddisfatti e infelici “io il programma l’ho finito, arrangiatevi”….purtroppo l’universo scolastico non è uniforme….c’è il liceo che smaltisce il primo anno molti ragazzi magari anche in gamba e li regala al professionale….li, il più delle volte, troviamo insegnanti con poca voglia di vivere, quindi di lavorare, quindi di insegnarci….allora la domanda che sorge è se non bisogna cambiare il mondo adulto prima di voler cambiare il mondo adolescenziale….prima di credere che se noi ragazzi non abbiamo voglia di studiare è colpa nostra e dell’età “stupida” che stiamo vivendo….prima di lavorare sull’insegnamento lavoriamo sugli insegnanti….solo così non mi ritroverò a scrivere sulla lavagna per punizione come bart simpson:”non imparerò tutto quello che devo all’asilo” 🙂

    • Prof 2.0 ha detto:

      Cara Mars, bello quello che scrivi! Ti faccio presente che sono stato precario sino all’anno scorso e quindi qualcosa ne so tra supplenze e giri vari. O devo pure sentirmi in colpa se dopo una laurea e un dottorato in lettere classiche insegno al classico e allo scientifico? Ho fatto anche il doposcuola in un quartiere di Palermo disastrato… E ne ho viste di tutti i colori. Capisco le difficoltà di quei colleghi, ma vedi il punto è che i racconti in questione non vengono da quelle realtà di cui parli tu, ma da licei come il mio…
      Tu che faresti se fossi la prof? E poi volevo chiederti, visto che ci sei dentro, perché secondo te ai ragazzi non frega niente del diploma? Perché si annoiano e distruggono le macchinette? Perché le ragazze si strafanno di canne? Che idea ti sei fatta? Io so solo che se avessi alunni così difficili accetterei la sfida, avrei paura forse, ma non mi tirerei indietro. Grazie!

      • Francesco Chiari ha detto:

        Io ho insegnato quattro anni in un professionale stile Bronx dove un paio di volte la Dirigente ha chiamato la Croce Verde per darmi l’ossigeno causa sfinimento (purtroppo per loro quando arrivarono mi ero già ripreso :-)) Ricordo due episodi- riferibili- da brivido: uno studente cui non andava a genio un mio voto mi piantò sulla cattedra un coltellaccio a serramanico, di quelli con la lama oltre le quattro dita; io tremavo fin nei calzini, ma ebbi il coraggio di dire ‘Oh, per me? Grazie!’ e di riporre il ‘dono’ nel cassetto, fra le risate dei miei allievi. Secondo episodio, all’intervallo dopo questo fatto: uno studente, dal marcato accento siciliano stile Don Vito Corleone, mi si avvicina e dice ‘Prof, ma quello è un merda; se vuole lo sistemiamo noi!’ Mancava solo la musica di Nino Rota. Ebbi la presenza di spirito di replicare ‘No, lascialo nella sua idiozia’, al che lui disse prima di andarsene ‘Prof, gentiluomo lei è!’ (Il Prof. 2.0, siciliano di origine, non faticherà a riconoscere l’accento).

  9. cri cri ha detto:

    questa è la triste realtà della scuola…
    io dalle elementari ho avuto SEMPRE e SOLO brutte esperienze con maestre e prof.
    porto tutt’ora nel cuore solo una prof delle medie di italiano: mi ha insegnato molto.
    solo una, ma la migliore che potessi sperare di avere!
    complimenti Sognatore, lei potrebbe essere il secondo 🙂

  10. Arianna ha detto:

    Purtroppo non tutti hanno la fortuna d’incontrare professori bravi a scuola. Ne è un esempio il mio professore di diritto, che sostiene che “non si deve trasmettere agli alunni il sapere che i libri ti danno, ma la passione e l’amore che poi essi impareranno ad usare!”
    Bella teoria, se non fosse che il mio prof. in tutto l’anno sarà entrato in classe si e no una ventina di volte, e in queste lezioni si leggeva il giornale o parlava al telefono. E io in tutto ciò non solo non ci ho mai capito molto di diritto, ma ho incominciato anche a odiare questa materia.
    Credo che la prima cosa che un professore dovrebbe mostrare verso i suoi alunni sia l’interesse verso quello che fa e anche un po’ di coerenza, sia verso di noi che verso se stesso. Che alla fine tanto stupidi non siamo.

  11. Grazia Marrocco ha detto:

    che dire…sono cose che sappiamo, e amareggiano. Figuratevi che una mia collega di italiano non fa leggere in classe i Promessi Sposi perche i ragazzi si annoiano, preferiscono -dice- Alfonso Gatto e su un suo verso hanno parlato per un’ora. Ho chiesto quale verso fosse …Amo ciò che leggi… Alla molora il romanzo di Manzoni. Se penso a quei poveri alunni mi viene da piangere

  12. Mars ha detto:

    Non era mia intenzione farti sentire in colpa, una persona non si deve sentire in colpa se realizza i suoi sogni, semplicemente desideravo farti capire che sei l’eccezione che conferma la regola (anche se credo tu l’abbia capito da tempo O_o)….non tutti sono capaci di costruire il ponte della comunicazione tra alunni e insegnanti, certi ci provano ma usando talmente un legno scadente che si distrugge alla prima bufera. allora se si rinuncia a ricostruirlo con gli strumenti giusti si finisce che si resta bloccati ognuno dalla propria parte senza possibilità di giunzione….e a me personalmente la distanza fa paura….fa paura a molti ragazzi. hanno paura che nessuno in realtà possa davvero arrivare a concepire almeno in parte il loro dolore, spesso perchè a casa, la famiglia non si rende conto del disagio e li abbandona emotivamente a loro stessi, così quando arrivano a scuola cercano in qualche modo attirare una silenziosa attenzione, cercano di esternarlo con comportamenti “animali”, sfogando una rabbia e una tristezza davvero spaventosa. Ai ragazzi forse importa avere un diploma, il problema è che se non hanno le basi affettive indispensabili per affrontare la crescita con le sue difficoltà, non avranno le energie necessarie per arrivare a guadagnarselo. D’altronde l’adulto che sei, hai iniziato ad esserlo nell’adolescenza. Se però sono stanchi a 16 anni, e se a 16 anni la vita ti annoia probabilmente l’apatia affettiva li ha già svuotati e non sanno come andare avanti, con che forza e per quale scopo…..i genitori sono lontani anni luce sensibilmente parlando….allora ci provano con gli insegnanti, insomma con qualcuno che ricordi loro, e chiedono aiuto attraverso i loro comportamenti. Abbiamo pochi professori che se ne accorgono, pochi quelli che ci tengono davvero. Per questo sei l’eccezione che conferma la regola. A volte quando provo ad avvicinarmi alle mie compagne sento un tale gelo che per poco non mi ritrovo un coltello conficcato nello stomaco. Per questo c’è bisogno di adulti che gestiscano la situazione, meglio di loro, che in teoria dovrebbero avere un po’ più di esperienza di noi, chi c’è? Se fossi un’insegnante mi rimboccherei le maniche per fare la mia parte, non emarginando nessuno. Se fossi un’insegnante cercherei di sfruttare al meglio gli attrezzi che ho a disposizione . Vorrei che i miei alunni fossero tutti, per lo meno, sereni. Chissà.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Cara Mars, nessun senso di colpa, ma vedi a volte le persone mi accusano di essere un raccomandato e ho dovuto sudare prima di raggiungere qualche traguardo e non ho mai, mai, mai, usato mezzucci. Che poi io sia stato fortunato lo metto in conto, proprio per questo mi metto in gioco e non mi risparmio o almeno ci provo. Fatta questa premessa, trovo interessantissimo quello che scrivi. Hai una chiarezza di idee che mi colpisce. Quindi secondo te il problema è soprattutto in famiglia e finisce con il riflettersi a scuola. Ma secondo te perché in famiglia i genitori fanno così fatica e i ragazzi sono così distanti? E poi volevo chiederti: nella tua esperienza gli insegnanti che ci provano e non si tirano indietro perché lo fanno? dove trovano le forze?

  13. maria rita ha detto:

    “…i miei pensieri non hanno limiti quindi li scriverò come sono. A pensarci bene non stanno molto intonati nelle righe di un foglio, potrei proseguire la frase sul banco, per terra, nel corridoio sulle scale, sul muro… perchè i pensieri corrono ovunque e non c’è foglio che possa intrappolarli completamente. Mi rendo conto che non sto rispettando la consegna, anche se di solito è quello che riesco a fare meglio: sarebbe bello avere una consegna nella vita,saprei esattamente cosa fare e non ci sarebbe niente a distrarmi: Sarei come una parola nel foglio… Mi è difficile scrivere una cosa su me stessa: ogni istante sono tentata di lanciare via la penna e strappare il foglio, strappare in tanti minuscoli pezzettini delle parole, delle emozioni e degli inutili pensieri che vengono scritti come vengono, non ragionati… questa è la verità: io vorrei strapparmi perché non mi accetto … io sono così, io sono quella che deve essere e per questo non mi sopporto… I miei sogni non voglio pensarli perché mi rattristano. L’unico che mi accetta e che accetto è quello di fare l’attrice, di impersonare chiunque altro per scoprire/dimenticare chi sono e cosa provo. Il mio tema è finito,so che non è sufficiente, so che io non sono sufficiente a nessuno, nemmeno a me stessa. Vorrei qualcuno che mi capisse per quello che sono e mi amasse così, con le mie idee folli, il mio umore impossibile le mie tristezze. e ora concludo come ‘Il Sogno di una notte di mezza estate’: Se noi ombre vi abbiamo dato fastidio, immaginate che sia stato un sogno, dimenticatevi di tutto e torniamo amici, (magari strappate anche il tema al mio posto)e tutto sarà come prima. ”

    Caro Alessandro, cara Mars, ecco perché ci provo ogni giorno: una domanda così profonda come quella che salta fuori dal tema della mia alunna non può cadere nel vuoto: mi interpella profondamente e non posso non rispondere( cosa che ho fatto subito, ovviamente!) Perchè lo faccio? perchè anche io ho bisogno di amore, di dare amore, di ricevere amore. perchè anche io voglio essere serena, dare serenità.
    Hai ragione Alessandro, quando dici che rinasci ogni giorno quando entri in classe: è così, ma a condizione che il tuo sguardo sia più grande del tuo “umore” come lo chiami tu. In altre parole se dimentico anche solo per poco di mettere me stessa al centro e metto i miei alunni, anche i più provocatori, soprattutto i più provocatori, scopro sempre più di me e divento capace di abbracciare il loro bisogno di essere ascoltati, guardati, amati per quello che sono. A volte è sufficiente dire loro che ci sei, che sei lì per loro, e poi anche sollecitarli nel mettere in gioco la loro libertà, rischiando, cadendo, ma certi della tua presenza di adulto pronto a sorreggerli e a ricordare che possiamo rinunciare a tutto, ma non ad essere felici.

  14. Luca ha detto:

    Leggendo questo articolo, mi vengono in mente tutti i professori che ho avuto durante la scuola superiore. Grandi persone a differenza di quelli che ho incontrato durante l’esperienza dell’università, tanto che mi stan spingendo ad odiarla sempre di più e a ripetermi dentro di me: “Chi me l’ha fatto fare?”
    Non potrò mai scordare l’amore e la dedizione che il mio prof. di Italiano e Storia metteva nel suo lavoro. E’ così che lo chiamava, ed è giusto che sia così. Entrava in classe e ogni giorno interrogava. Finito di interrogare spiegava in un modo che non potevi non ascoltarlo. Si capiva proprio che amava il suo lavoro. Voleva che tutti lo stessero ad ascoltare prendendo appunti, che prontamente chiedeva durante le interrogazioni. I suoi insegnamenti li ho ancora tutti in me. E’ così che dovrebbero essere i docenti. Dovrebbero amare il proprio lavoro, e trasmettere la propria conoscenza agli studenti a cui stan parlando.

  15. Antonio ha detto:

    Caro Ale, è il giovane studente di teologia palermitano che ti scrive.
    Grazie a te ho trovato in questi mesi il coraggio di sfide nuove.
    Grazie a te ho messo da parte le lenti del fatalismo post-moderno, e provo a stare “nell’inferno”, per scoprire ciò che Non è inferno, e dargli spazio, aprir le finestre, per far entrare la Luce!
    Sperando di incontrarti un giorno, ancora grazie!

  16. Mars ha detto:

    Non volevo insinuare nulla di tutto ciò, caro Alessandro, sono sicura che tutto quello che hai guadagnato è frutto di un onesto lavoro e di un’onesta “fatica”. Infatti i risultati credo siano evidenti. Comunque credo che le famiglie che ospitano inquilini adolescenti spesso si trovano a passare momenti paralleli ma diversi della loro vita, nel senso che ad esempio i genitori spesso quarantenni/cinquantenni non vivono solo per i figli, affrontano anche loro un periodo importante della loro esistenza e giustamente hanno da portare avanti un progetto vitale che comprende degli scopi, dei compiti e degli appuntamenti da portare a termine come ad esempio il rivalutare il proprio percorso fatto, diventare una persona sicura in tutti i ruoli sociali, misurare decisioni col tempo rimasto, godere degli affetti familiari costruiti. Dall’altra parte, invece ,l’adolescenza implica crescita e questa crescita a sua volta implica capacità di adattamento che ci aiuta a superare le inevitabili crisi che accompagnano questi passaggi e a ritrovare l’equilibrio. Il ragazzo deve sperimentare nuovi ruoli, cambia, l’ambiente familiare diventa stretto. Allora c’è un notevole contrasto. I genitori che devono confermare la propria posizione, i figli che ancora devono costruirsela. Non riescono a comprendere appieno i reciproci bisogni, in quanto si trovano su piani differenti. Così scattano i divieti, le regole, gli ordini da rispettare in modo che almeno inizialmente il giovane non si distacchi dal nucleo familiare e non sconvolga gli equilibri di un quarantenne che ha bisogno di affermarsi proprio , ma non solo, nel gruppo familiare. Si creano così delle barriere che difficilmente vengono abbattute, ma anche solo scavalcate. Il ragazzo preferisce distanziarsi per la paura di non essere capito e il genitore che fa fatica a comprenderlo rinuncia. Sono modi reagire all’incomprensione reciproca. Uno si allontana l’altro si dimette da questa fatica. Allora qua entrano in gioco i professori, anime dotate di una straordinaria forza e unti da una buona dose di feroce autolesionismo : i ragazzi che non vengono compresi dalla mamma o dal papà possono scegliere come confidente un amico adulto, un insegnante. Con queste figure si sentono meno coinvolti e meno colpevolizzati , l’eventuale disaccordo può essere espresso più tranquillamente e con un minor impatto emotivo e anche gli adulti riescono ad avere un migliore atteggiamento di ascolto verso i ragazzi che non sono loro figli, non essendo emotivamente implicato in un conflitto. Quando però i professori idealizzano troppo la loro professione e si trovano davanti ad allievi “difficili” la loro immagine viene messa in crisi, insieme alla loro autostima, ai loro valori, ricalcando così le stesse dinamiche genitoriali. Il ragazzo ancora una volta è confuso, si isola, e vede l’adulto come nemico. Gli insegnanti che credono invece nella loro professione accettano la sfida che comporta mettere in gioco se stessi nella relazione con gli alunni sentendo gli stati emotivi, entrando in un rapporto empatico che tenga conto di tutto. Hanno voglia di rispondere in modo autentico e originale alle mille domande che i ragazzi pongono circa il mondo che li circonda. Ho visto personalmente come la sincerità con cui si mostra l’insegnante coinvolge il gruppo classe e avvia un processo di collaborazione e fiducia reciproca. Mi sono sempre chiesta anche io cosa spinge gli insegnanti ad essere tali, accettando con coraggio tutte le conseguenze del caso. Poi ho capito che chi ama davvero i propri ragazzi lo dimostra mettendoci passione nella disciplina che insegna. L’amore che mettono nelle loro spiegazioni e nel loro insegnamento denota davvero una bontà d’animo e un altruismo straordinario. Come Maria Rita che sente il bisogno di dare amore, di dare serenità. I professori sanno che i loro sforzi non saranno vani, perché accompagnare un ragazzo nel suo cammino verso l’età matura non è inutile. È dispendioso si, ma gratificante e solo chi trova questa forza ci riesce. E bisogna dire grazie, altrimenti rimarrebbe tutto così insopportabilmente apatico! Rimangono solo mie impressioni comunque, magari interrogherò a sorpresa qualche mio professore per capire meglio cosa spinge davvero questa simpatica categoria a intraprendere questa strada. Grazie XD

    • Antonio ha detto:

      ho letto interessatissimo i post
      e sinceramente credo che ci sia la necessità di essere educati alla relazione e a gestire i sentimenti! questo aspetto manca alle famiglie perchè è carente , forse nella nostra società. quando porto a scuola mia figlia mi(alla materna) mi stupisco che le insegnanti facciano fatica ad accogliere i sentimenti dei piccoli , che con i capricci non dicono altro che un disagio: quello di separarsi da babbo e mamma!Ma anche in ufficio faccio fatica a comunicare veramente con i colleghi.ed è una cosa che mi frustra terribilmente!

      • Prof 2.0 ha detto:

        Questo mi interessa. In cosa consiste la difficoltà?

        • antonio ha detto:

          com’è difficile spiegarlo…percepisco una grossa incomunicabilità: o si viaggia per i soliti luoghi comuni oppure non riusciamo ad aprire all’ascolto e alla comprensione delle diverse opinioni altrui.
          Nel “gruppo ufficio” non si riescono ad affrontare argomenti profondi, c’è sempre il giudizio che appesantisce l’aria.Io non riesco a liberarmi dal giudizio che ho per alcune persone e nemmeno da quello che loro hanno per me…xciò si “sopravvive” dal punto di vista relazionale cercando le pesone più affini…
          E’ triste per me dirlo ma sono mesi che non vado a pranzo con i miei colleghi di ufficio!da una parte mi chiedo cosa posso fare, dall’altra mi giustifico ma non mi sento contento di come vanno le cose….non so se tio ho risposto

    • maria rita ha detto:

      Grazie a te Mars. 🙂

  17. Lia ha detto:

    Troppo spesso dimentichiamo che apprendere ci ha dato la possibilità di evolverci, altrimenti saremmo rimasti allo stato di animaletti. Abbiamo perso coda e istinto, ma ci hanno regalato un po’ di raziocinio…Che non sempre viene usato bene o, addirittura, non viene usato affatto, ma se viene usato può fare grandi cose. La nostra altezza a una certa età si blocca, possiamo allenarci ma, prima o poi, scopriremo un limite fisico che non riusciamo a valicare. Ogni atleta sa che l’attività sul campo sportivo va supportata nella vita quotidiana. La nostra mente deve fare palestra a scuola e deve alimentarsi bene nel resto del tempo. Gli sportivi si allenano in spazi aperti, grandi campi, palestre attrezzate; la scuola ha solo quattro pareti e dei banchi, alle volte un po’ sgangherati, spazi piccoli e angusti. Il ginnasta, nei suoi grandi spazi, può compiere un movimento limitato, seppur grandioso; la mente di uno studente, in quel piccolo spazio di un banco pasticciato, può mirare all’infinito.
    Il professore è un allenatore. Se l’atleta è svogliato l’allenatore può ordinargli quanto a lungo correre, ma non è detto che quello lo farà. Deve invece ricordargli perché sta correndo. Se l’allenatore dimentica perché si corre…E’ un guaio.

  18. asia ha detto:

    penso che la scuola, èper ogni ragazzo indistintamente, sarebbe un mondo felice, u mondo dove ognuno può liberarsi di ciò che di brutto gli accade fuori; però la scuola non è questo quasi per nessuno. perché? io il perchè non lo posso sapere, ho solo 14 anni, non conosco così bene il mondo, però so che se gli insegnanti, ma quelli davvero bravi, quelli che ti sanno appassionare, quelli che ti fanno vivere la loro materia, fossero sfuttati di più dallo stato noi ragazzi avremmo più voglia di andare a scuola. faccio un esmpio: a me italiano no piaceva affatto all’inizio delle medie;

  19. asia ha detto:

    sorry non avevo finito… dicevo che italiano non mi piaceva affatto all’inizio delle medie; ho incontrato lì un professore speciale, però, lui viveva per il suo mestiere, lui arrivava cupo, in classe, si e no salutava, ma poi si sedeva e cominciava a parlare di Dante o dell’analisi logica con una tale passione che tanti di noi si ritrovavano a dire “studio per la verifica di domani se no il prof poi ci resta male” ora che non ho più quell’insegnante mi rendo conto che l’italiano è ritornato quella materia prdinaria che era un tempo… non dimenticherò mai tutto quello che quell’insegnante, con il suo amore immenso, mi ha donato… lui aveva un cuore talemte grande da riservare unopsticino per ognuno di noi…lui avrebbe avuto il tempo di ascoltarti parlare per ore se ne avessi avuto il bisogno…
    ora, se voglio fare il suo stesso mestiere, è anche grazie a lui che mi ha fatto vedere quanto può essere bello il rapporto tra alunni e insegnate se lo si sa coltivare…
    ora che ho finito le scuole ho paura di perderlo di vista ma so che ogni volta che lo rinocntrerò, magari anche fra 20 anni, vecchio e gobbo, mi sovverranno tutte le emozioni che lui mi ha fatto conoscere… grazie, prof, sei stato fantastico … tutti dovrebbero essere come te, anzi nessuno perchè tu sei l’unico dawero speciale!!!!!!
    capisci prof 2.0 quanto riesce a fare un insegnate se sa entrare in sintonia con i ragazzi? appunto siamo ragazzi, possiamo essere modellati da quanti lo sappiano fare con delicatezza e passione…bisogna solo volerlo…

  20. asia ha detto:

    io… ti volevo chiedere un consiglio…
    ha scuola ho una prof…non una come tante altre, si lo so, l’ho già detto per il prof, ma sono due cose diverse. comunque io ho considerato questa prof come la mia guida, mi è stata di aiuto, anche senza saperlo, perchè per me ogni suo modo di fare era uno stile… qualcosa di bello, di iteressante, qualcosa da studiare… ora le mie amiche mi chiamano anche con il suo nome, per prendermi in giro. adesso che la scuola è finita e lei non sarà più la mia prof vorrei continuare a rimanere in contatto con lei…l’unica cosa è che ho paura che non accetti…lei vorrei scrivere una cosa, dargliela dopo gli esami, però non so se sia il modo giusto di dirglielo, mi chiedo se non ne rimanga troppo stupita…non so cosa fare perchè son che se poi non mi dicesse niente ci rimarrei troppo male…tu cosa dici? come reagiresti? io in classe sono sempre stata molto taciturna e non penso abbia capito quanto ha influenzato il mio modo di essere…

  21. Marta ha detto:

    Il piacere di scrivere me lo ha trasmesso quest’anno il mio prof di italiano. Ora,quando metto nero su bianco qualsiasi racconto so che posso essere me stessa e che si possono raccontare eventi straordinari, luoghi mai visti e persone mai incontrare. Scrivere è sognare con le mani… L’ho capito solo a 15 anni e solo grazie ad un prof che non ha mai smesso di sognare. È una delle prime persone che ringrazierò per tutta la vita. Grazie anche a te, Alessandro per il favoloso libro che non smetterò mai di rileggere.

  22. sofia ha detto:

    salve a tutti sono sofia ho 18 anni e frequento l’ ultimo anno al liceo classico. le sue parole mi affascinano molto perchè lei riesce a mettere nero su bianco tutto quello che penso ogni mattina quando vado a scuola.Anche a me piacerebbe una scuola che sa costruire un rapporto con gli alunni che sappia spiegare ai suoi alunni perchè bisogna studiare e perdere il prorpio tempo dietro alle materie che insegna! un professore che sappia andare oltre che ti sappia spiegare il PERCHé! io voglio sapere perchè devo studiare certe cose, voglio sapere il perchè succedano !! voglio una scuola che creda in me almeno un po’ che mi faccia credere nei miei sogni non che gli tarpi le ali!
    ormai sono arrivata alla fine del mio percorso scolastico ma purtroppo non ho saputo trovare qualcuno che mi trasmettesse l’ amore di ciò che insegna! tutte le mattine vado in un posto dove mi giudicano e non mi spiegano perchè lo fanno! grazie mille dell’ ascolto! spero di aver detto cose intelligenti!

    • Prof 2.0 ha detto:

      Hai detto cose intelligenti e non hai niente di cui scusarti. Chiedo a te, Sofia: perchè sei rimasta in silenzio per 5 anni, con questo dilemma del “perché” si fanno certe cose? Tieni vivi i tuoi desideri, dubbi, perplessità, ma trasformali in azione!

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