11 aprile 2012

Fare lezione è una passeggiata


“Non sarebbe fuori luogo definire la lezione ideale una sorta di colloquio, di conversazione tra persone spiritualmente prossime. La lezione non è un tragitto su un tram che ti trascina avanti inesorabilmente su binari fissi e ti porta alla meta per la via più breve, ma è una passeggiata a piedi, una gita, sia pure con un punto finale ben preciso, o meglio, su un cammino che ha una direzione generale ben precisa, senza avere l’unica esigenza dichiarata di arrivare fin lì, e di farlo per una strada precisa. Per chi passeggia è importante camminare e non solo arrivare; chi passeggia procede tranquillo senza affrettare il passo. Se gli interessa una pietra, un albero o una farfalla, si ferma per guardarli più da vicino, con più attenzione. A volte si guarda indietro ammirando il paesaggio oppure (capita anche questo!) ritorna sui suoi passi, ricordando di non aver osservato per bene qualcosa di istruttivo.”

Pavel Aleksandrovič Florenskij, Lezione e lectio, 1917

***

Quando allenteremo la fatica di quegli stanchi “tram” chiamati programmi, e passeggeremo, liberi di comprendere davvero il mondo che ci circonda e attraverso quel mondo noi stessi?

In tram è vietato parlare al conducente: il suo compito è portarti dove dice il programma. Non distrarlo, non innervosirlo.

Fa il suo lavoro.

In una passeggiata c’è una guida che sta sì davanti perché conosce la meta, ma sa volgersi indietro a guardare chi gli è affidato per indicare, spiegare, segnalare, incoraggiare, sostare e lasciarsi interpellare.

Fa il suo lavoro.

41 risposte a “Fare lezione è una passeggiata”

  1. Ale ha detto:

    Troppo spesso ci hanno abituato ad una didattica che è già un percorso pre-confezionato. E’ un pacco regalo da scartare del quale però già se ne conosce il contenuto.
    Non c’è scoperta. Non c’è sorpresa. Non c’è quel gusto, quell’assaporare lentamente che anche qualcosa di piccolo e minuto si svela davanti ai tuoi occhi, si rende noto, si dichiara nel suo essere.
    Non c’è quel prendere per mano l’altro e accompagnarlo sul cammino, accettando la possibilità di inciampare, di ritardare, di sostare.
    E’ rimasta solo una corsa, un’unica corsa. Sola andata. Nei tempi ormai stabiliti.
    Non puoi perderla, non si ammettono deviazioni.
    Parliamo della stessa strada e dello stesso terreno. E’ il modo di vivere il viaggio a cambiare. A fartelo assaporare.

    • Cristina ha detto:

      … passeggiare insieme significa quindi condividere e non solo “dare”, significa guardarsi l’un l’altro veramente, farsi da guida a vicenda, fare esperienza, essere entusiasta, capire se stessi, mettere tutto questo sotto gli occhi degli altri e dire: “Guardate è meraviglioso. Venite a mangiare con me”. Le scuole dovrebbero essere i luoghi più festosi del mondo!

  2. Mônica Leite ha detto:

    Grazie!grazie! grazie!!!
    I vostri testi reali sono di grande aiuto per me come insegnante.

    Mônica – Brasil.

  3. Angela Fe. ha detto:

    Bellissimo!!
    Guida ed esploratore; due persone diverse, ma con una stessa meta, uno stesso fine: capire per poter stupirsi e poi condividere la propria felicità con gli altri, sempre… “Nel mezzo del cammin di NOSTRA vita”

  4. Diego ha detto:

    Egr. prof.2.0, per essere insegnanti così come dice Florenskji, bisogna avere una marcia in più, oppure aver scelto questo mestiere per vocazione e non per lo stipendio, come molti fanno.

  5. Raffaella ha detto:

    Io sono una ragazza di 16 anni che frequenta il terzo liceo linguistico 🙂 Io preferirei fare una sorta di passeggiata con una guida ben preparata invece che salire su un tram guidato da una persona incompetente che sa solo buttare giù gli alunni, insultarli e mortificarli… Purtroppo mi sta succedendo di avere questo tipo di autista del tram e vorrei davvero che tutto cambiasse. So che magari questo commento non è inerente all’articolo, ma questo mi sembrava il posto giusto per sfogare questo mio disagio. Mi scusi per l'”intrusione”. 🙂

    • SILVANO ha detto:

      Sai cara Raffaella..io ho il disagio opposto al tuo. Mi sento come una guida che accompagna in un bosco delle persone rumorose, che buttano le cicche per terra e che di camminare, non hanno nessuna voglia.Mi sento un autista che deve ripulire il suo bus ogni sera, dalla sporcizia lasciata dai suoi passeggeri. Forse sono una guida poco affascinante o un autista troppo pignolo. Insegno in una scuola professionale, non in un liceo. Questo ha la sua importanza. Vorrei tanto avere la gioia di aspettare qualcuno che mi segue nella passeggiata o che mi fa una domanda curiosa,
      (ascoltando anche la risposta,possibilmente senza gli auricolari infilati nelle orecchie..)
      Silvano, insegnante-guida, desolatamente fermo.

      • sara ha detto:

        Silvano, leggendo il tuo commento ho ripensato alla mia -recente- esperienza al liceo. Quasi tutti i miei insegnanti sono stati insegnanti guide, a parte uno o due che erano troppo legati alla fretta di terminare il programma e al quasi sadico divertimento di “metterti 3” se non ricordi esattamente a memoria una formula chimica. Ho avuto una prof di inglese che avrebbe voluto guidare tutti noi 25 alunni attraverso il percorso della letteratura inglese, che per intrigarci ci faceva leggere testi in lingua originale e poi ci portava a teatro (almeno 4-5 volte l’anno) a vedere le opere che avevamo letto. Ma quando ha capito di trovarsi di fronte a persone che, ti cito, “buttano le cicche per terra e che di camminare, non hanno nessuna voglia”, ha scelto di proseguire comunque con quei 4-5 ragazzi che era riuscita a catturare. Ci faceva sedere intorno alla cattedra e ci faceva sognare nella letteratura inglese, lasciando che gli altri facessero ciò che volevano, senza però permettergli di disturbare il nostro lavoro. Ho avuto una prof di lettere, venuta a mancare troppo presto, che mi ha fatto innamorare di Dante e in particolare della Divina Commedia. Riusciva a spiegare solo una o due terzine durante un’ora di lezione, perchè ogni parola aveva un significato e delle immagini così profondi da meritare di “perdere” un’ora a parlarne.
        E poi ho avuto un prof di matematica fantastico. Giovane, con tanta voglia di farci imparare divertendoci. Ma si sa, la matematica non piace a nessuno, per cui è rimasto per molti “soltanto” un educatore eccezionale. Io invece, mi sono anche appassionata alla matematica, talmente tanto che studio Matematica all’università. Lui mi prestava i suoi libri, mi faceva seguire un programma a parte, più avanzato rispetto a quello dei miei compagni, mi incoraggiava a fare sempre del mio meglio in tutto… e mi è ancora vicino in questo modo nel mio percorso universitario.
        Ciò che voglio dirti è di cercare di essere una guida, anche per pochi, per quei pochi (o per quell’unica persona) che riuscirai a conquistare. Non fermarti, la scuola ha bisogno di insegnanti così. In bocca al lupo 🙂

  6. Raffaella ha detto:

    E certi autisti ti fanno pagare anche biglietti… salati di lacrime e frenano così forte che vai a sbattere sul vicino. Bello camminare con un cane curioso come il mio lungo un sentiero che sale verso la collina, il fiume vicino e tanti amici davanti e dietro di te. Queste parole mi hanno richiamato il ricordo di una camminata fino al busto di Dante che sta sul monte pisano vicino San Giuliano Terme, questa mi piacerebbe fosse la scuola. E se non c’è ancora, toccherà a noi inventarla…

  7. Concita ha detto:

    Prof… Se al liceo avessi avuto lei come professore, a quest’ora probabilmente sarei alla facoltà di lettere e a coltivare la mia passione per la scrittura e la lettura! Invece hanno provato a frenare i miei sogni… Ma io non mollo… E sono ancora qui a leggere le sue storie, i suoi libri, che ogni giorno mi regalano forti emozioni. Ormai l’adolescenza è passata, ma ritrovo nelle pagine del suo ultimo libro tutti i sentimenti e le emozioni di quegli anni, riportate nero su bianco. Grazie prof! Spero in qualche incontro con lei nella zona di Padova e Venezia!! Buona giornata!

  8. Maria Teresa ha detto:

    Credo che occorra considerare che, anche nella peggiore delle ipotesi, in tram c’è conducente e conducente e, in quella auspicabile, c’è guida e guida In qualsiasi ambito tutto sta all’onestà e alla buona volontà della persona svolgere al meglio il proprio compito, che non sempre purtroppo corrisponde alla propria vocazione. E se così fosse, non fa ricadere sul fruitore del proprio servizio il senso di frustrazione. Ammiro chi riesce a realizzare “opere” grandiose a partire dalle poche cose che vengono messe a disposizione o malgrado i mille e mille ostacoli trovati sul proprio cammino. Mentre i nostri ragazzi spesso sprecano il troppo di cui dispongono, i loro maestri ad esempio non buttano neppure le punte delle matite cadute dai banchi… Immaginiamoci cosa non riesce a fare un insegnante malgrado i vincoli dei programmi ministeriali!!! Ciò è eroismo.

  9. Lanfranco ha detto:

    Un paio d’anni fa ho messo questo pensiero come premessa dei miei piani di lavoro:
    «Ogni volta che parliamo di un alunno, come dice Gian Carlo Cappello, non parliamo solo dei suoi apprendimenti, lacune, motivazioni, difficoltà, conoscenze, abilità, competenze, ma parliamo di una persona e parliamo anche di noi, del nostro modo di conoscerla e di instaurare una relazione con lei. L’alunno non è un elemento, uno dei tanti di cui è composta una classe, ma una persona, con un volto ben preciso e una condizione concreta. In particolare gli alunni più “difficili” ci ricordano con la loro stessa presenza che “i problemi si affrontano, le persone si incontrano” (don Luigi Ciotti). Per creare intorno ad ogni adolescente spazi di crescita e maturazione non abbiamo altro modo che incontrarlo, affrontando a passo d’uomo un viaggio misterioso e difficile verso la sua “patria originaria” di cui parlava Husserl».

  10. Monica ha detto:

    Bellissima questa metafora della passeggiata!
    Credo di non aver mai seguito un programma e di non essermi mai fatta venire i sensi di colpa o le palpitazioni per questo! Tendo a provarci, ma poi mi ritrovodi fronte la “materia umana” e mi lascio guidare da loro e dall’intuito, modellando le lezioni sulle persone vive che ho di fronte, in fondo sono lì proprio per loro! Non me ne sono ancora pentita ed è l’unico modo che conosco di fare scuola.
    Ho sempre pensato che l’unico modo di sentirsi vivi e trasmettere passione, emozioni sia rischiare e credo che dovremmo osare di più, magari ricordandosi che siamo esseri pensanti e anime che pulsano, non soldatini in fila!

    • Chiara ha detto:

      Monica, non manchi mai di commentare ogni post di questo blog. E quello che scrivi e’ spesso molto profondo. Ma perche’ non ti fai un blog tutto tuo?

      Scusa Alessandro ma e’ per valorizzare i talenti dei tuoi lettori 🙂

      • Monica ha detto:

        Grazie del tuo commento!
        Ce l’ho il blog, se clicchi sul mio nome ci arrivi!
        Scusa Alessandro per l’uso improprio del tuo spazio per fare pubblicità… 🙂

  11. Paolo ha detto:

    Grazie per l’invito alla degustazione di questi “aperitivi”… che diventano a loro volta inviti alla lettura! Ho scoperto che “Lezione e lectio” si trova on line con link da Wikipedia: fantastico!

  12. Caterina ha detto:

    Ho le lacrime agli occhi dalla gioia!
    E’ così cavolo, è proprio così!

    Grazie, grazie infinite.

  13. Silvia ha detto:

    A me piace pensare che il Liceo, quello che frequento anche io, è stato inventato da Aristotele e che all’inizio per imparare si passeggiava discutendo in un parco… vorrei che la scuola fosse una passeggiata… in tutti i sensi, ma ancora di più vorrei che fossei una discussione.
    Secondo me c’è speranza, finchè esisteranno i prof=)

  14. Giorgia ha detto:

    Grazie per questa citazione! Credo che diventerà l’incipit della mia programmazione per il prossimo anno scolastico… La passeggiata che affronto io con i miei ragazzi è decisamente in montagna, insegnando io matematica al Liceo, e quindi oltre alla guida servono anche le corde per assicurare chi cammina. Credo che questa corda sia il desiderio di felicità e di compiutezza che ognuno di noi, più o meno esplicito, ha! E’ l’unica cosa che ci può permettere di seguire chi sta davanti e di affidarsi, nella certezza che chi guida lo fa bene per la stessa corda che ha lo studente. Ti ringrazio di cuore per le punzecchiature che ravvivano e rincuorano i miei passi da insegnante.

  15. Bea ha detto:

    E quando leggi articoli come questi, una delle tante domande che ti poni è “Quando diventerà Ministro dell’Istruzione D’Avenia?”.
    E’ esagerato pensarlo, me ne rendo conto, ma questa scuola va cambiata radicalmente, e lei, con i suoi ideali, sarebbe la persona giusta per dare una svolta a questo schifo.

    • Angela ha detto:

      Difficile che un insegnante diventi Ministro dell’istruzione, così come ministro della Sanità non
      diventera’ un medico…

  16. laura bruna ha detto:

    Spiegare,dare l’esempio,motivare è prerogativa dell’insegnante;ascoltare,intuire,metabolizzare quello dell’alunno ‘modello’.Ma dalla mia esperienza diretta a scuola con i miei piccoli alunni,è così bello quando i due ruoli si inerfacciano,cambiano gli equilibri ed è la maestra che impara dai loro ragazzi l’umanità e l’ingenuità persi per strada.La lezione è solo un mezzo per coccolare la loro intelligenza,intuirne le debolezze,fortificare il carattere e il cuore.un abbraccio a te Alessandro.

    • MONICA GIRELLI ha detto:

      carissima, quando si dice “coccolare la loro intelligenza” si sta guardando non a un gruppo classe, ma a pochi individui che con sforzi non indifferenti riesci a coinvolgere e istruire secondo i tuoi modelli ideali …. si parla di un numero ristretto di personcine trovate nell’arco di un decennio …che vada bene!!!!!!

  17. giuseppina manzo. ha detto:

    Grazie per avere descritto così bene quello che cerco di fare da circa trenta anni, del mio mestiere di insegnante.
    Giuseppina

  18. evelina ha detto:

    Io condivido tutto,ma soprattutto le parole di Silvano che lavora in un professionale.
    L’ho fatto anche io per due anni,cercando di insegnare storia e italiano sia nel triennio,che nelle classi quarte e quinte.
    Posso dire che purtroppo ho solo brutti ricordi:una fatica immensa per riuscire a far camminare con me almeno un allievo/a,mentre gli altri parlano,bestemmiano,mangiano,giocano,usano il cellulare…Non sono una novellina,ma ho 22 anni di insegnamento:penso siano stati i peggiori della mia carriera di insegnante!
    Io vorrei che tutti facessero un’ esperienza nei professionali e poi si potrebbe parlare forse in modo più obiettivo della realtà per quella che è.
    Non so da voi,ma dove abito io(Piemonte) questo genere di scuola è molto “gettonatO”,i licei sono in netto calo di iscrizioni…
    cosa significa?che sta passando un segnale sbagliato?quello per cui al professionale la letteratura,la storia non sevono a nulla per trovare un lavoro?
    Il problema è che anche i colleghi dei laboratori tecnici mi dicono che i ragazzi non hanno voglia neanche lì di impegnarsi,per poi uscire dalla scuola e incolparla,dicendo che non li ha preparati a dovere nel trovare un lavoro!!!
    bisogna provare….

    • Prof 2.0 ha detto:

      La descrizione di queste realtà scolastiche mi sembra una tragedia che non si può cambiare. Ma non si può fare nulla?

    • Monica ha detto:

      Credo stia passando la logica del “tutto, subito e senza fatica” e nessuno vuol farsi carico di essere quello che dà un giro di vite…o meglio, ci sono singole persone che lo fanno, ma perchè si registri un’inversione di tendenza occorre che l’intera istituzione sia all’unisono, quindi niente promozioni regalate e si smetta di compiacere i genitori inutilmente. Insomma, ognuno faccia la sua parte con serietà e autorevolezza, genitori, insegnanti, presidi.
      La sola idea che certi lavori di tutto rispetto, come l’elettricista, il meccanico o l’imbianchino siano affidati a trogloditi analfabeti e bestemmiatori (e pure incapaci) mi fa rabbrividire!!
      Non vedo neppure progresso umano in questo sistema di cose e, ti assicuro visto che ci lavoro, già alle medie si osserva un progressivo degrado che fa paura.

    • ely ha detto:

      Evelina e Silvano, per fortuna che ci siete voi a portare la vostra testimonianza e a farmi sentire meno sola! Quest’anno sto insegnando in un ITIS e mi ritrovo molto in quello che scrivete. Forse la situazione è leggermente meno tragica, forse un paio di studenti in più per classe che seguono rispetto ai professionali ci sono, ma devo ammettere che sembra quasi che stiamo parlando della stessa scuola. Inutile dire che sono mezza esaurita, demotivata, depressa. Anche la mia vita privata ne ha risentito (ho un marito e due bambini). I miei studenti se ne fregano delle passeggiate che a me piacerebbe tanto fare con loro. Nei compiti in classe copiano sfacciatamente e io non ho nemmeno il coraggio di annullare le verifiche, così alla fine passeranno l’anno e diranno che “tanto con quella di italiano e storia non facevamo un c***o”, mentre io ci provo in tutti i modi a fare lezione, io voglio che imparino anche loro. Capisco bene quei colleghi che si sono appiattiti e ormai lavorano per prendere lo stipendio; non li giustifico, per carità,ma comprendo perché sono diventati così. Quindi per favore smettiamola con la retorica del “sacro fuoco dell’insegnamento”, piantiamola di incolpare gli insegnanti di essere sempre inadeguati, di aver dimenticato cosa significa amare la loro materia e i loro ragazzi. Fatevi un giro in certe realtà prima di sparare a zero sui prof noiosi e poco aperti alle giovani menti che stanno loro di fronte. Scusate, ma come si potrà notare sono molto amareggiata

      • Prof 2.0 ha detto:

        Il tuo intervento è benvenuto Ely. Spero tu non ti senta ferita o incolpata. In questo blog si cerca di fare il contrario: dialogare proprio in quell’ambito autoreferenziale che è diventata la scuola. Il sacro fuoco non è retorica: basta leggere “Insegnare al principe di Danimarca” che racconta l’esperienza di insegnanti che ce la fanno nei quartieri più difficili di Napoli. Semplicemente fanno gruppo, si aiutano, cercano soluzioni. Il sacro fuoco non è retorica: è cercare soluzioni e non farsi andare bene uno stato delle cose intollerabile.

    • SILVANO ha detto:

      Per Ely.Prima di alzare del tutto bandiera bianca e di arrendermi di fronte ai miei allievi, ho pensato di sparare le ultime cartucce, prendendoli un po’ in giro.Così ho scritto una quarantina di racconti umoristici brevi, nei quali tratteggio la tipologia di studente (tamarro,che guarda dalla finestra,pacioccone, copiante, contestatore, sciallo ecc.. ecc.. )e poi lo “abbatto” metaforicamente (se necessario..),con metodi surreali.Insomma..cerco di ridere e di far ridere i miei colleghi.
      Prima di esaurirti, se vuoi,cara collega di storia e italiano, te ne mando qualcuno.E poi scusa..vorrai mica dirmi che insegni materie importanti!
      Con simpatia e comprensione..take it easy, if you can!

  19. evelina ha detto:

    Cosa fare?Il sistema andrebbe cambiato in toto,ma non è possibile,perchè troverai sempre chi rema contro,chi dice di promuovere perchè altrimenti perdiamo il posto(mi è successo varie volte),dirigenti che per farsi belli del numero alto di iscritti permettono molte cose che,invece,andrebbero abolite sul nascere…
    se qualcuno ha qualche ricetta CONCRETA,ben venga!
    Perchè il problema ci sarà sempre,ogni anno sarà peggio e chi può scappa da queste scuole.Il risultato è un andirivieni continuo di insegnanti,assegnazioni a precari disposti a tutto,mancanza di continuità didattica,smarrimento tra genitori e alunni..

  20. MONICA GIRELLI ha detto:

    Caro Alessandro nonostante nessuno creda più nella scuola io continuo a pensare che insegnare sia uno dei lavori più estenuanti… soprattutto con i neoadolescenti…ma gratificanti in un modo impagabile…. se solo ci lasciassero lavorare credo che qualcuno saprebbe farlo pure bene!!!!!

  21. Lena ha detto:

    Leggendo i vostri commenti ringrazio Dio di insegnare alle elementari, ma vi capisco perché ho a che fare anch’io con gli adolescenti e mi rendo conto di quanto debba essere difficile per voi tutti i giorni quando io faccio una fatica dell’altro mondo due volte alla settimana al di fuori della scuola.Una speranza però io l’ho per quello che mi è capitato quest’anno sia professionalmente (nel mio vagare da precaria sono capitata nella scuola dei miei sogni, con colleghe che era da una vita che cercavo!)che in ambito oratoriano (ho accettato di seguire il gruppo dei pre-adolescenti e, disperata, ad un certo punto ho urlato a Dio che Lui me li aveva afidati e Lui mi dava una mano…e la grande mano è arrivata: ho incontrato delle persone fantastiche che mi stanno aiutando tantissimo a capire cosa e come fare con loro e che mi hanno spalancato le porte del Paradiso!). La strada è lunga e faticosa, ma dentro e fuori dalla scuola siamo in tanti che ci stiamo dando da fare per aiutare questi ragazzi a crescere…e fosse solo per uno che lo fa ne è valsa la pena! Forse però conviene chiedere un po’ di aiuto in più a Dio: i fili li tira Lui e mette Lui sulla nostra strada le persone giuste…anche quelle che scrivono libri ed hanno un blog!Buon lavoro a tutti, io faccio del mio meglio…o almeno ci provo!
    Lena

  22. Lu ha detto:

    Non dico mai:”Vado a lavorare”; dico sempre: “Vado a scuola” e la passeggiata comincia da quel momento… Lu

  23. Chiara ha detto:

    Ritrovo questa descrizione nel mio professore di filosofia e storia:un professore che ricorderò sempre per la sua dedizione agli alunni,l’unico che sta al nostro passo,che risponde alle nostre mille domande e non dà mai nulla per scontato.
    Paziente e Ascoltatore ci segue da tre anni nel nostro cammino,e io credo che sia un maestro di vita,un educatore al 100%.
    Mi stupisco sempre quando,parlando con i miei coetanei,sento descrivere professori che fanno tutt’altro che educare.Aumentano le frustrazioni e le difficoltà degli studenti,quasi per sfogare le proprie ansie ed insicurezze.
    Mi stupisco e non finirò mai di stupirmi della distribuzione non uniforme della virtù dell’educare.
    Grazie per queste riflessioni che ci regala,ci aiutano sempre di più ad apprezzare ciò che ci viene donato dalla vita.

    Chiara,studentessa di quinta liceo che non vuole lasciare la scuola.

  24. Lucia ha detto:

    …da 25 anni non dico mai “Stamattina vado a lavorare”, ma dico sempre “Stamattina vado a scuola”.
    La mia camminata incomincia ogni giorno da qui, dalla voglia di quell’incontro. Lu

  25. Emanuela ha detto:

    Non farò mai la professoressa.
    Ho paura di diventare come alcuni insegnanti che si lamentano del propio lavoro, agitati perchè indietro con il programma, che ogni giorno dicono di avere mal di testa, mal di pancia e quindi di essere venuti a scuola per noi… Ma allora perché farlo pesare?
    Propio l’altro giorno la mia insegnante di lettere classiche diceva di aver sentito dire in televisione che gli insegnanti lavorano solo 3 ore al gorno, così è cominciata la solita storia che non è vero niente (e io in effetti concordo perché non per tutti i professori è così), perché i professori si alzano presto, lavorano tutto il giorno, devono spiegare e sono stanchi. Io però pensavo ai muratori che si alzano alle 5, ai panettieri, a mia madre che tutte le mattine va nell’azienda dove lavora e che si trova a un’ora di distanza da casa ma che però non si lamenta. Quando troverò un professore con il sorriso sulle labbra e felice di fare il suo lavoro? Un lavoro che secondo me è uno dei mestieri più belli del mondo! Un professore pieno di iniziative, pronto a spiegare lo stesso argomento mille volte, a dirti dove sbagli per aiutarti a migliorare, a farti stare ore e ore a guardare la lavagna con la voglia, magari in una lezione di storia, di sapere che fine ha fatto Pericle. Forse non sarò mai così fortunata, però ho imparato che la crisi c’è perché la gente non insegue i propri sogni , perché diventiamo quello che non siamo o non vogliamo essere. E questo lo so anche grazie a lei, prof.

    • Silvia ha detto:

      Io voglio fare la professoressa.
      Non lo confesserei mai, ma credo che faccia parte dei miei sogni… e sai perchè? Perchè non voglio diventare come quei professori che si lamentano sempre e non riescono a trasmettere neanche un briciolo di gioia nel proprio lavoro. Voglio fare la prof perchè non voglio che i ragazzi odino la scuola soltanto perchè nessuno sa dargli una ragione per studiare, nessuno trasmette entusiasmo.
      Sogno di essere una professoressa così, come ne ho conosciuti tanti, che ringrazio con tutto il cuore per ciò che mi hanno trasmesso. E mio malgrado ringrazio anche quelli che mi hanno delusa, perchè non mi hanno saputa entusiasmare. Questa è una sfida per me, perchè dovevo trovarla dentro di me la gioia. E l’ho trovata.

  26. itala orlando ha detto:

    Al liceo pensavo che non avrei mai fatto l’insegnante: a parte la maestra delle elementari, che ha dato l’imprinting alla mia voglia di imparare, non ho avuto grandi esempi. E così, nonostante una laurea in filosofia, mi sono buttata in altri lavori. Da vent’anni ormai opero nell’ambito della cura e … della formazione. L’insegnamento, lanciato dalla porta, è rientrato dalla finestra, nella dimensione della formazione per gli adulti, in quel viaggio, parallelo alla vita, della formazione permanente. E’ entusiasmante e formativo per me incontrare ogni anno giovani, adulti, quasi anziani che si rimettono in gioco, partendo da storie diverse, più o meno alfabetizzati, ma con un’esperienza di vita e di lavoro che dà materiale per quelle “passeggiate” di cui parli tu… A volte mi domando se potrei dedicarmi solo alla formazione o se posso dedicarmi alla formazione proprio perchè è un lavoro di secondo livello, che si sviluppa come riflessione su un’esperienza che, grazie allo studio e all’insegnamento, cresce, si identifica, si intreccia con la vita… (Itala)

  27. Antonella ha detto:

    Ho letto l’articolo e alcune risposte. Vorrei dire la mia opinione. Io credo che il programma da svolgere vada tenuto presente, anche perché lo dichiariamo nella nostra programmazione e soprattutto in vista degli esami dove non svolgere alcuni argomenti pregiudica la possibilità di sviluppare più collegamenti agli alunni (nella scuola dove lavoro all’esame di terza gli alunni ricevono un documento relativo ad una materia scelta da loro e devono collegarlo ad altre discipline). Detto questo, cerco di muovermi con libertà e di proporre anche qualcosa di diverso.
    Io, purtroppo, tendo un po’ a lamentarmi con i miei alunni, ma il motivo principale è che non riesco a rassegnarmi al fatto che pochi danno davvero il meglio che possono. Alcuni sono proprio bravi, ma io vorrei che fossero bravi tutti!!!

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