29 gennaio 2013

Non sappiamo più giocare alla vita: bariamo

 

Facebook zastąpił Boga? - FejsikGli uomini non corteggiano più le donne. Diventiamo cinici: non ne vale la pena, tanto poi finisce. Eppure non c’è gioco più bello dell’amore. Non comincia tutto con un gioco di sguardi per diventare poi un gioco di anime? Però non ci riesce più di stare al gioco.

Il gioco è una delle finestre aperte per scandagliare il guazzabuglio sociale del cuore umano. Il gioco è un’isola perfetta, un territorio circoscritto da regole precise in cui il rischio – a differenza della realtà – è controllato e non può farci troppo male. Sono proprio le regole e la fiducia negli altri che rendono appassionante e libero il gioco, che finisce infatti quando uno bara o dice “non gioco più”. Così è per ogni gioco: soprattutto quello dell’amore. Ma andiamo con calma. Oggi ci sono altri giochi che ci rivelano la fatica che facciamo a giocare la vita “sul serio”.

Prima c’è il grande gioco di ruolo globale: Facebook. Un gioco in cui uno fa la parte di se stesso, indossa la maschera di sé, grazie a foto in cui è più bello di come appare nella realtà e scrive frasi più intelligenti di quelle che pronuncia nella realtà. Appartiene alla categoria di giochi in cui impersoniamo qualcun altro. Da bambini diventavamo il dottore, la maestra, la mamma, il pompiere. Oggi diventiamo il profilo di Facebook. Il bambino che fa il pompiere non vuole fare il pompiere, ma vuole fare l’adulto, imita le cose che fanno i “grandi”. I nostri profili di Fb imitano chi noi vorremmo essere da “grandi” (non adulti, “grandi”, “magni” come Alessandro e Carlo). È un gioco antico: oscillare tra reale e ideale, tradendo spesso il primo a favore del secondo, con tutti i rischi di don Chisciotte e Madame Bovary. Certo lo facciamo per farci amare, farci amare un po’ di più: infatti essere un po’ più amabili ci fa credere di essere un po’ più amati. Le bacheche di Fb sono facciate immacolate, ma il ritratto, come Dorian Gray, è nella soffitta della nostra anima. E un giorno per farci amare davvero dovremo mostrare anche quello, con le sue brutture, a nostro rischio e pericolo.

Poi c’è Ruzzle. Abbiamo le parole e le parole dimorano, crescono e maturano nelle poesie e nelle pagine di prosa. Quando le troviamo brillano come pepite in una miniera. Le riconosciamo come un gioiello smarrito nell’angolo di un cassetto. Oggi leggiamo un po’ meno, anzi oggi leggiamo meno poesie e meno pagine di prosa di quelle che salvano le parole. Certo, ci informiamo moltissimo, ma finiamo con l’usare sempre le stesse parole e magari lasciamo entrare nella nostra anima mostri come endorsement (che poi “appoggio” non suona tanto male). Ruzzle segnala sulla carta geografica dell’anima la nostra nostalgia per le parole: ci mancate, parole. Tornate, parole, per favore, a dirci chi siamo e come siamo. Ruzzle non è altro che il vecchio Cose Nomi Città. Giochi antichi, nomi (affari) nuovi.

E poi c’è il gioco del calcio: l’agon, la battaglia. La vita è lotta e il calcio oggi ne è la sublimazione più comoda e spettacolare. Dal divano di casa si lotta bene. Un agone senza agonia, a tutte le ore del giorno. Che cosa c’è di meglio di lottare senza sudare ma provando le stesse emozioni?

Certo c’è anche l’azzardo: il gratta-e-vinci, il bingo, le slot-machine e tutto quella categoria di giochi che ci ricorda che la vita è una lotta contro il destino. Non c’è merito che conti, ma puro caso a cui abbandonarsi finanche a naufragare, come purtroppo succede ai ludopatici, vittime del destino che hanno sfidato.

Da ultimo ci sono i giochi della vertigine: quelli che piacciono ai giovani, quelli che portano a perdersi per ricordarsi che nella vita non vorremmo avere regole, infrangendo persino quelle assolute. Ogni sballo che sfida la ragione e l’istinto di conservazione: dal bungee jumping a chi beve più birre. Giochi che possono portare a giocare la vita, fino a perderla.

I giochi del nostro tempo ci dicono chiaro che noi vogliamo “giocarci la vita” e vogliamo che gli altri “giochino sul serio”, ma allo stesso tempo ci rivelano che spesso ci accontentiamo di prenderci gioco della vita: insomma bariamo. E invece avremmo bisogno di essere veri giocatori e non bari della vita: giocare un po’ di più nel quotidiano e con le persone che abbiamo accanto. Fare un amore più vero, tornare a corteggiare senza sfumature di grigio, leggere una bella poesia e magari impararla a memoria, essere persone amate e non solo amabili profili, accettare l’agone senza il divano, lavorare in modo più giocoso e azzardare qualche scelta invece di lamentarci sempre della sfortuna.

Non ho dimenticato l’amore, il gioco dei giochi. Il gioiello più fragile e prezioso della vita, che per indossarlo infatti incastoniamo giorno per giorno nell’oro dei riti. Eppure sembra che il galateo dei sentimenti stia sparendo. Non sappiamo più giocare come si deve. Non sappiamo più arrossire, corteggiare, sfiorare, cercare parole, ricordare un anniversario e fare una sorpresa. Compriamo subito, afferriamo subito, dimentichiamo subito. Ci prendiamo gioco dell’amore, bariamo, per poi scoprire che ci siamo giocati la felicità. E finiamo col nasconderci dietro un cinico e dolorante: non gioco più.

La Stampa, 29 gennaio 2013

56 risposte a “Non sappiamo più giocare alla vita: bariamo”

  1. jessica ha detto:

    devo essere sincera prof, non ho capito. o almeno, si, ho capito il senso ma penso me ne manchi un pezzetto ancora. rileggerò più tardi con più calma, forse ora era troppo.

  2. Francesco ha detto:

    Penso che progressivamente si sostituiscano le relazioni, le persone e la vita con le cose. Quelle cose che crediamo ci possano consolare, che sono così concrete, che in fondo ci deludono poche volte, perché non riservano poi tante sorprese. Cose che sono comode e soprattutto a portata di un click (fb, ruzzle, la televisione e, ahimè, persino il sesso). Le cose che, anche se ci deludono o ci stancano, possiamo sostituire facilmente o abbandonare dicendo un “non gioco più” che spesso non fa male a nessuno. Quando, però, le persone e la vita diventano cose, allora arriva la catastrofe!
    Penso, poi, che noi stessi, a volte, siamo spinti a vederci come cose: “il corpo è mio e ci faccio quello che voglio”. Il corpo siamo noi, il corpo è me! L’illusione di poterlo usare come fosse un oggetto porta a disastrose conseguenze: con se stessi e poi con gli altri!
    La domanda, qui, è: quale soluzione a questa realtà che ci rende cose, oggetti, numeri, valori e immagini digitali?

  3. maria ha detto:

    “Non si gioca più alla vita”perchè oramai pensiamo che la vita è il nostro gioco!Come diceva un famoso e quanto mai ineducativo spot televisivo”tutto è intorno a te”,tu imponi le regole e le togli quindi la sconfitta non esiste e se agli altri ciò non sta bene questi vengono semplicemente”cancellati”.
    A volte ho l’impresione che stiamo trasformando la nostra esistenza in un enorme parco di divertimenti dove ognuno di noi sale e scende dalle sue giostre preferite ,quando ci stanchiamo cambiamo giro cambiamo corsa…è meglio lasciare che affrontare,siamo piccole larve cresciute.Viviamo a spezzoni.
    Infatti in questa società in cui l’adolescenza oramai è prolungata all’infinito il gioco ha perso la finalià di preparare alla vita ed è stato declassato a puro divertimento e pura evasione da se stessi.Si inventano profili ,si creano personalità che sono soltanto la copia di quelle che ci piacciono di più in quel momento o che pensiamo possano piacere agli altri per poi cancellarle o cambiarle quando il “gioco si fa duro” e noi non siamo “i duri che incominciano a giocare” ma ci sentiamo deboli e persi in questo inutile giro di gostra.

  4. luciana pasetto ha detto:

    Giocare, in inglese play che traduce anche suonare;il gioco è proprio armonia di tutti i nostri sensi che seguono però un ritmo, una battuta, una pausa di silenzio..troppo importante per vivere sereni!

  5. Simona ha detto:

    Bellissimo pezzo, ma cosa c’entra l’immagine? 🙂

  6. narcisa ha detto:

    Tornate, parole, per favore, a dirci chi siamo e come siamo” … forse non c’entra molto, ma, a proposito di parole, mi sono venute in mente queste:
    “A volte vorrei rifugiarmi con tutto quello che ho dentro in un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliano ospitare. È proprio così. Io sto cercando un tetto che mi ripari ma dovrò costruirmi una casa, pietra su pietra. E così ognuno crea una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre un paio di parole” (E.Hillesum).

  7. Eli ha detto:

    Il punto non è “barare” nel gioco. Il punto non è neanche “abbandonare” questo gioco. Il punto è che siamo giunti a non metterci nemmeno più in gioco. Pensando ad un ipotetica sconfitta non speriamo più nella vittoria. Ho sperimentato sulla mia pelle questa pigrizia a non buttarsi nel gioco più bello, quello dell’amore. Il non provarci neanche perché tanto non potrà mai funzionare… o troppo amici, o troppo simili… o troppo diversi. Anzi che trovare queste assurde scuse bisognerebbe riscoprire il bello di una nuova sfida, di una nuova partita e non farsi condizionare da una sconfitta passata. Tutto ciò che hai scritto è così vero… e allora su scrolliamoci! Iniziamo una nuova partita, la più lunga, la più bella che possiamo immaginare e mettiamoci in mostra per ciò che realmente siamo, e crediamoci fin quando il terreno di gioco sotto di noi non frana! Grazie prof! Questo articolo smuove!

  8. Manel ha detto:

    Bello! Me ha gustado mucho.

  9. Marco ha detto:

    Facebook, la “perfezione” dell’individuo.
    Ruzzle, “esercizio” per mente.
    Giochi d’azzardo, una vita “rischiosa”.
    Giochi pericolosi, una vita “libera”.
    Ecco cosa simboleggiano ognuno di questi giochi.
    Però non trovo in nessuno di essi il significato della vita.
    E L’amore non è un gioco, non si gioca con i sentimenti.

  10. Monica ha detto:

    E’ vero, la vita vera ci fa paura e fuggiamo lontano dalla radicalità, credendo che questa sia una gabbia o coincida solo con il dovere e invece è l’unico modo di non sprecare la vita, darle un senso, lasciarsi raggiungere dalla gioia!
    Sono proprio stanca delle persone che fanno scelte a metà, che hanno un piede qui e l’altro nella direzione opposta, di quelli che accennano e non dicono, di quelli che rifiutando di mettersi in gioco si spaventano della vita. Hai ragione quando dici che non sappiamo più amare, non sappiamo comunicare, non sappiamo ascoltare, temiamo la vicinanza fisica e forse l’unico modo di sovvertire questo meccanismo è proprio non omologarsi, andare controcorrente e perseverare.

  11. carlotta ha detto:

    Mi scusi, mi permetta una critica: ma chi l’ha detto che oggi “non sappiamo più arrossire, corteggiare, sfiorare, cercare parole, ricordare un anniversario e fare una sorpresa” ? Si possono trovare ogni sorta di differenze tra la società di oggi e quella di qualche anno fa, ma affermazioni del genere a mio avviso suonano un po’ troppo gonfiate e stereotipate. Sarà che a me i laudator temporis acti non sono mai piaciuti. E’ talmente facile piangere i bei tempi andati. A mio avviso nessuno ha smesso di corteggiare, né smetterà mai. Il gioco dell’amore, seppure sia in evoluzione come tutte le cose, è immortale. E forse è proprio per questo che ci meraviglia. L’amore è il nostro gioco preferito, quello che ci tramandiamo con tanta cura di generazione in generazione. Non può mica finire così!

    • Monica ha detto:

      Anche io penso come te, Carlotta: ci sono beni troppo preziosi per non accorgerci di quando bariamo, oggi come nel passato (per esempio, interessante il racconto “X” di Verga, letto di recente: l’800 di cui parla è vicinissimo!).
      Credo però sia vero che oggi ci sia un clima sociale che più favorisca il prendere tutto “alla leggera”. Credo che il nostro cuore non bari, ma che sia molto facile trovare attorno a noi gente che dica di non impegnarci troppo e non prendersela troppo (dei tempi passati ho spesso invece un diverso sentore…).
      Bella l’immagine!

    • Prof 2.0 ha detto:

      Hai ragione Carlotta, sono stato un po’ moralista, però non facevo un paragone con un tempo andato, perché non l’ho vissuto, essendo giovane. Forse solo mi auguro un tempo migliore, magari avanti a noi, più che dietro di noi.

  12. marco ha detto:

    Molto incalzante questo articolo,dopo aver visto due film straordinari:”Schindler’s list”e “Giorgio Perlasca un’eroe italiano”.

  13. Beppeley ha detto:

    Non sappiamo più perdere. E neanche vincere. Emblematico cosa è successo nel ciclismo con Armstrong.

    Siamo asfissiati da una società che calcola tutto e che ci vuole anestetizzare nei confronti del rischio.

    Stiamo ammazzando la “libertà” perché vogliamo rendere tutto sicuro.

    E così anche il gioco, dove ci si esprime in un ambito di libertà, viene dissolto dai nostri orizzonti esistenziali.

    Anche l’alpinismo è a rischio (inteso come “gioco” che permetta di vivere esperienze di profonda libertà).

  14. Cristina Z. ha detto:

    Oggi due sono i rischi: una crisi di noi adulti sempre meno in grado di proporre un modello educativo di riferimento e l’imporsi di un mondo che incoraggia l’incontro virtuale, meno compromettente, a discapito di quello reale. Ma senza incontro non ci può essere autentica relazione, così come senza proposta educativa non c’è crescita. Urge una riflessione su cosa, al netto dell’ipertecnologia, stiamo lasciando in eredità ai nostri figli.

  15. Caterina Ceredi ha detto:

    Credo che l’uomo giochi con la vita, con i sentimenti, con le maschere (pirandelliane).
    Credo che, con tutti questi diversivi, non sappia, oggi, piu’ mettersi in gioco.
    Grazie per questa preziosa meditazione.

  16. Giovanni ha detto:

    Meraviglioso articolo, che condivido pienamente.
    Un altro fantastico spunto di riflessione.
    Grazie Alessandro

    p.s.: Direi che ruzzle non è altro che maxiparoliere in versione elettronica… (ho i dadi consumati dal tanto utilizzo) che forse, come dici tu riprende nomi, cose, animali… [pensa che talvolta in famiglia ci giochiamo ancora :)]

  17. Giuseppe Leyduan ha detto:

    Buongiorno Prof. Alessandro D’Avenia,

    ieri sera ho commentato il tuo interessantissimo post nonché editoriale “Non sappiamo più giocare alla vita: bariamo” che è entrato in moderazione. Il passo successivo è stata la censura, visto che non lo vedo inserito negli ultimi commenti.

    Sono anche io un blogger e commento post di blog vari da diversi anni e non mi è mai capitato di essere censurato. Accetto molto serenamente che ci sia sempre una prima volta nella vita ma ti chiederei cortesemente di giustificarmi il motivo di tale censura.

    C’è sempre da imparare nella vita e mi auguro che tu mi voglia fornire un’ottima occasione per farlo.

    Grazie.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Caro Giuseppe, nessuna censura. I commenti sono soggetti a moderazione. Prima li leggo (e non sempre riesco a farlo subito), così posso rispondere e poi li pubblico. A presto e grazie

    • Beppeley ha detto:

      E’ comparso magicamente il mio commento di ieri sera… Allora questo mio commento potevi evitere di pubblicarlo se si è trttato di una svista. No?

      Bastava dire che ti era sfuggito (almeno così immagino…).

      Grazie.

      • Prof 2.0 ha detto:

        Giuseppe, ti ho risposto nel precedente commento. Oggi ho aggiunto altri 10 commenti in arretrato. Nessuna censura. Semplicemente non lo avevo ancora letto. Ma quanto siete pesanti…

  18. antonio cogi ha detto:

    Bellissimo pezzo,complimenti!

  19. Stefania ha detto:

    Questo fantastico articolo fa sempre più comprendere che oggigiorno ci nascondiamo dietro delle maschere, profili virtuali, personaggi inesistenti pur di non mostrare il nostro VERO volto. Ma allora mi viene da pensare: quale dei tanti “volti” mostreremo a Dio quando moriremo? Lì non ci saranno facebook, twitter e altri social network. Allora perché non iniziare ora a mettersi in gioco seriamente?
    Grazie per aver condiviso con noi queste parole che non sono mai banali. A presto.

  20. Felicetta ha detto:

    Dopo aver letto e ripensato un po’ a questo articolo mi é venuta questa riflessione.Mi sembra che oggi siamo un po’ tutti attratti, affascinati dal”voler apparire”.Difficile scegliere di giocarsi in libertà nella direzione “dell’essere”, dello scoprire chi siamo e avvicinarci sempre di più alla nostra vera identità. Bisogna sicuramente andare contro corrente e farsi un po’ di violenza per arginare la tentazione sempre in agguato dell’apparire.
    C’é una cosa però che ho sperimentato più volte: la gioia, la serenità che mi abitano quando riesco “a giocarmi nella verità di me stessa”, con meno maschere possibili. Lo sento un passo di crscita, di rispetto in primo luogo per me stessa e anche per le persone che condividono la vita con me; cresce la fiducia in se stessi e negli altri. Forse “l’apparire” lì per lì é più appagante, più a portata di mano, ma a lungo andare stanca!
    Grazie Alessandro per gli spunti di riflessione e grazie a tutti.

  21. chiary and vale ha detto:

    Carissimo prof… Sì proprio prof, perchè a scriverle sono due ragazze, una di 14 anni e l’altra di 15. La interpelliamo per esporle un problema… Da quando abbiamo letto il suo libro ” Bianca come il latte rossa come il sangue” ci siamo domandate più di una volta quale sia il senso di tutta la nostra vita. Allora abbiamo iniziato a trascrivere in un quadernetto tutte le frasi che credavamo ci potessero aiutare a trovare una risposta a questa domanda che ci perseguita da moltissimo tempo. Oggi, mentre stavo studiando la vita di john constable, mi sono imbattuta in questa frase:<>. Si stará chiedendo perchè lo diciamo proprio a lei… Perchè ci siamo rese conto che tutte le frasi del suo romanzo e molte altre sono legate da un filo invisibile. Non era forse lei che ha scritto che non si presta attenzione al cielo finchè non ci si innamora???? Allora è vero che il cielo è la chiave dei nostri sentimenti… Saranno coincidenze queste???? Pure fantasie??? Può essere che ci sia un legame tra tutti.questi fatti?????
    Grazie per l’ascolto… Chiara e Valentina

    • Prof 2.0 ha detto:

      La risposta è già nella vostra domanda e nella citazione: è proprio così. La terra è la porta per il cielo, ma il cielo è la chiave per aprire la porta della terra. Reciproca interdipendenza. Non è sufficiente né l’uno né l’altro.

      • chiary and vale ha detto:

        E la sua particolarità che ha permesso agli uomini di tutti i tempi di trovare il loro sogno??? Il senso della loro vita???? E poi è vero che il destino.e il sogno di una persona si capisce se quando ne parla gli brillano gli occhi???

    • chiary and vale ha detto:

      Grazie mille per averci risposto… Ma sinceramente non abbiamo capito molto la sua risposta… Il cielo come può essere la chiave della terra??? È forse il cielo con la sua vastità, l

      • chiary and vale ha detto:

        E la sua particolarità che ha permesso agli uomini di tutti i tempi di trovare il loro sogno??? Il senso della loro vita???? E poi è vero che il destino.e il sogno di una persona si capisce se quando ne parla gli brillano gli occhi???

  22. chiary and vale ha detto:

    Comunque la frase di constable è la seguente: il cielo è la chiave, la misura e l’organo dei sentimenti

  23. Giorgio ha detto:

    Complimenti per i suoi scritti , sempre oltre la banalità di cui oggi siamo sommersi.
    Mi ha colpito questa frase: “Non c’è merito che conti, ma puro caso a cui abbandonarsi finanche a naufragare …”
    Non per giustificare l’apatia generalizzata dei nostri ragazzi o eludere le nostre responsabilità come genitori, ma vorrei chiederle: Non pensa che in tutto questo una buona parte di colpa sia dovuta alla chiusura della società nei confronti dei giovani ? Cosa siamo in grado di proporre ? Cosa dovrei rispondere a mio figlio quando mi chiede: Papà perchè continui a chiedermi di impegnarmi negli studi quando poi, ai concorsi, passano i soliti raccomandati, spesso senza merito ?
    Ci siamo, egoisticamente, mangiato il futuro dei nostri figli quando loro non erano ancora seduti a tavola.
    Grazie per quello che fa come insegnante e per quello che scrive.
    Giorgio

  24. Gloria ha detto:

    complimenti per l’articolo,è davvero meraviglioso.
    concordo pienamente con tutto ciò che ha scritto.
    sono una ragazza di 18 anni,senza facebook,nè ruzzle,nè alcun tipo di social network e ne vado fiera.so di essere un’eccezione,poichè i miei coetanei sono tutti dipendenti da questo tipo di distrazioni,ma io,a differenza di loro,non voglio diventare schiava di una dimensione virtuale,che annulla completamente l’individuo,creandone uno ideale,che rispecchia le caratteristiche di ciò che vorremmo essere.io voglio vivere relazioni reali con persone vere e “giocare” seriamente con la mia vita.nascondersi dietro ad uno schermo non potrà mai dare senso alla nostra esistenza.
    grazie 🙂

  25. Martina ha detto:

    Grazie. Inizio questa giornata di studio matto e disperatissimo( domani affrontero il mio primo esame universitario: letteratura italiana I) con piu consapevolezza e voglia di giocare sul serio con tutta me stessa.
    Martina
    PS: scusa se non ho messo nessun accento, ma sto scrivendo dal mio nuovo cell e non ho ancora imparato come si mettono.

  26. Giovanna ha detto:

    Quello che lei scrive mi riporta alla mente una poesia a me cara. Nostalgia….

    Quando
    la notte è a svanire
    poco prima di primavera
    e di rado
    qualcuno passa

    Su Parigi s’addensa
    un oscuro colore
    di pianto

    In un canto
    di ponte
    contemplo
    l’illimitato silenzio
    di una ragazza
    tenue

    Le nostre
    malattie
    si fondono

    E come portati via
    si rimane.

    Giuseppe Ungaretti

  27. Sara ha detto:

    Ciao Alessandro, ho letto il tuo primo libro è mi è piaciuto molto.Ho apprezzato altrettanto il tuo articolo su La Stampa.Da trentenne, mi pongo spesso domande su come ci siamo ridotti,pur non essendo catastrofista ma positiva, poichè come me conosco ancora molte persone che hanno entsiasmo e voglia di mettersi in gioco seriamente.
    Riscontro però una piaga dilagante:la paura.Perchè si ha paura di chiacchierare con sconosciuti, di scambiarsi opinioni, senza essere fraintesi?Io amo molto confrontarmi e, per quanto mi riguarda, un uomo può essere bellissimo ma se non sa parlare e non riesco ad averci un dialogo decente…addio.
    Spero tanto che la gente la smetta di barricarsi dietro a nickname, chat etc tec, e cominci di più a guardarsi in faccia, a sorridere, molte porte si spalancano automaticamente.Il coraggio di essere se stessi, è tutto qui.
    Grazie per l’ascolto 🙂
    Sara

  28. Mina ha detto:

    Un aspetto che secondo me non è stato trattato del gioco dell’ amore è che è un gioco in cui rischi di farti davvero male se non bari!
    “Amor che a nullo amato amar perdona”non funziona con buona pace del sommo poeta purtroppo e lo dico per esperienza personale.Con umiltà la cambierei in amor che a nullo amato persona di bell’aspetto amar perdona…chi è bello come te forse non capirà con tutto il rispetto e l’ammirazione per la tua intelligenza.
    A volte non si gioca più perchè si è giocato a carte scoperte e si è stati feriti…tanto!Fare l’amore per chi ama è mettere a nudo la propria anima più vhe il proprio corpo e consegnarsi affinchè si venga custoditi dall’amato ma così non è stato per me e per tanti altri purtroppo.Non hai più voglia di giocare per non soffrire ancora…il”non gioco più”può essere una difesa.
    Hai scritto che bisogna essere amati e non amabili ed è giusto anzi sacrosanto ma non mi sento di giudicare chi non essendo stato accettato x quello che è si rifugia dietro un nikname,un profilo per illudersi di essere amato.Sa bene credimi che non è reale è una pura evasione da una realtà che”pesa” in tutti i sensi.
    Scusa lo sfogo ma quando ho letto “gioco di anime”mi è venuta una fitta al cuore perchè era quello che pensavo si fosse instaurato ed invece la bella e magra intelligente di turno ha preso il mio posto lasciandomi un bel “meriti di più”di cui io non so che farmene…eppure non ho dimenticato nessun compleanno o anniversario ah già io non lui,quando si sbaglia compagno di gioco è dura rigiocare!
    Un caro saluto.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Conosco il tuo dolore, Mina. A poco a poco ti renderà migliore, se avrai il coraggio di attraversarlo.

      • Mina ha detto:

        …avere il coraggio di attraversare il dolore…nel vangelo di domenica scorsa Gesù attraversa la folla che non avendolo creduto vuole buttarlo giù da una rupe e si rimette in cammino…affrontare per riuscire a superare…Sì tu con Margherita hai parlato di questo con la metafora della perla,l’incidente , la gamba…
        purtropo quando permetti al dolore di prendere il sopravvento si diventa ciechi ed egoisti…scusami per quello che ti ho scritto(se puoi cancella tutto) e prometto di provarci per adesso ho soltanto ripreso a suonare il pianoforte perchè la musica pesa come l’aria che respiro mentre suono,riempie il mio vuoto…(e Debussy è tosto ma è un genio!)
        Grazie di cuore!

        • antonio cogi ha detto:

          Scusate ma come si fa ad “attraversare il nostro dolore”?

          • marco ha detto:

            In sostanza significa non cercare a tutti i costi di togliere le sofferenze della vita,di qualunque natura siano e da qualunque parte arrivino,e’ molto difficile,specialmente in una societa’ come la nostra dove si cerca in tutti i modi di toglierla o di non pensarci…creando cosi’ ancora piu’ sofferenza..

          • mina ha detto:

            Grazie,Marco.Il mio padre spirituale oggi mi ha dato questa poesia di Giovanni Paolo II su cui riflettere e le tue parole mi aiutano nella comprensione,grazie a tutti di cuore.
            La ragazza delusa in amore –

            La sofferenza dei sentimenti è spesso misurata col mercurio
            come la temperatura dell’aria o del corpo –
            ma la sua misura va presa in altro modo…
            (ma tu sei troppo al centro delle cose).
            Se riuscissi a capire che non sei tu il fulcro delle cose
            e Colui che lo è
            neanche Lui trova amore –
            – se riuscissi a capirlo!
            A che serve il cuore umano?
            La temperatura dell’universo è il cuore umano – e il mercurio

  29. Marta ha detto:

    ciao prof,
    non so se ti ricordi di me, ma quanto ti ho scritto per la prima volta avevo 11 anni! Condivido pienamente ciò che pensi, volevo solo dire che facebook, anche se viene considerato un fenomeno positivo per quanto riguarda la globalizzazione, rovina anche amicizie, che tu sia iscritto o no. Io stessa ne ho avuto problemi perchè tramite facebook i miei “amici” criticavano ciò che a loro non piaceva di me; un altra mia amica invece ha proprio litigato tramite il famoso social network! Altro che far conoscere nuove persone!
    Spero che anche tu condivida la mia opinione, un grosso bacione
    Marta

    P.S. a quando il prossimo libro???

  30. Ale ha detto:

    Complimenti per questo articolo, hai saputo esprimere in pieno una realta’ che ci riguarda un po’ tutti…leggero’ i tuoi libri…

  31. Beatrice ha detto:

    Questo articolo mi fa tornare alla mente alcune parole di Karen Blixen che ho appena letto in un libro: “Oggi agli uomini si insegna tutto, tranne che a essere coraggiosi; e non è né giusto né bello. E’ per questo che nessuno riesce più a essere veramente felice, perché altrimenti si dovrebbe anche correre il rischio di essere davvero infelici.” Una persona bara per paura, perché teme di non poter vincere secondo le regole. Ma la verità è che solo il coraggio di “giocare sul serio” permette di raggiungere felicità: il coraggio di rimanere fedeli a se stessi anche a costo di andare contro i canoni imposti dalla società, il coraggio di seguire le proprie idee e non quelle degli altri, il coraggio di ascoltare il proprio cuore e non la propria ragione. Essere coraggiosi non significa non avere paura, ma significa non lasciare che essa condizioni le nostre scelte nella vita così come nell’amore. L’esperienza mi ha insegnato che la paura è direttamente proporzionale alla felicità: tanto più una cosa ci spaventa, tanto maggiore sarà la gioia che proveremo dopo aver superato i nostri timori. Come quando, da ragazzina, sono andata per la prima volta sulle montagne russe: all’inizio l’idea di salire sulla giostra mi terrorizzava, ma, una volta rotto il ghiaccio, non volevo più scendere. Nessuno dei giri successivi mi ha, però, dato le stesse emozioni della prima volta, perché ormai quell’impresa non mi spaventava più. La paura deve quindi essere vista come promessa di una felicità che è possibile raggiungere solo dimostrando il proprio coraggio. Ho imparato a mie spese che non si sfugge al dolore evitando di lasciarsi coinvolgere in una relazione per paura di soffrire. Se lui mi avesse tradita o lasciata per un’altra, avrei sofferto moltissimo, ma me ne sarei fatta una ragione e sarei andata avanti con la mia vita, perché la colpa sarebbe stata sua. In quel caso avrei potuto odiare lui, ma così, per come sono andate le cose, devo odiare solo me stessa, perché sono stata una codarda e ho gettato via l’opportunità di essere veramente felice per paura di essere davvero infelice. E la cosa amaramente ironica è che alla fine lo sono diventata lo stesso davvero infelice. Ho capito quanto tenessi a lui solo dopo averlo perduto. Oggi sono convinta che nulla sia più insopportabile del rimpianto. Nella mia mente continuano a perseguitarmi due semplici parole: “e se…”

  32. bea ha detto:

    Caro prof,
    scusi se esco dal tema dell’articolo, ma a proposito di fede e religione : cosa ne pensa delle dimissioni del papa, avvenimento che questa mattina ha sconvolto un po’ tutti?
    Grazie bea

  33. bea97 ha detto:

    Caro prof,
    (questo blog é pieno di ragazze che si chiamano Beatrice).
    Concordo pienamente con quello che ha detto, è vero oggi tutti indossano una maschera e chi cerca di dimostrare se stesso, togliendo questa maschera, mettendosi in gioco e quindi facendo vedere pregi e difetti, non viene apprezzato ,anzi proprio quei difetti, che con tanta fatica a cercato di ammettere, vengono derisi e quella persona alla fine non viene apprezzata proprio a causa dei suoi difetti. Questa persona potrei essere proprio io, infatti io cerco di essere il più possibile me stessa, quindi cerco di ammettere pregi e difetti(che spesso sono più dei pregi)e di esprimere la mia opinione anche quando sono l’unica ad andare contro corrente, però purtroppo questi sforzi spesso non sono apprezzati e rispettati, anzi sono proprio il motivo per cui magari do fastidio a tanti, tanti infatti quando c’è qualcuno disposto a togliersi la maschera e “affrontarli”, preferiscono toglierlo di mezzo, etichettandolo sfigato, fuori moda, ecc.
    Quindi cosa fare? È meglio avere pochi amici, ma buoni e fedeli?oppure un sacco di amici che apprezzano la tua maschera,quindi non ti apprezzano? A volte sono tentata di scegliere la seconda opzione , ma poi rifletto e capisco che si può considerare amica,una persona che ti ha guardato dentro e che oltre ai pregi se trovata un bel pacco di difetti da apprezzare e viceversa, non posso considerate realmente miei amici quelli che scelgo e apprezzo per la maschera , perché non apprezzerei una persona ma un accessorio. Lei che ne pensa?
    La ammiro tanto. Grazie
    Bea

  34. Martina Rossi ha detto:

    Abbiamo letto in classe,nell’ora di religione,questo articolo e devo dire che mi ha commosso molto perchè è vero che l’uomo si è come dire impigrito nel corteggiamento.E’ da qualche anno a questa parte che tocca a noi donne fare la prima mossa non sapendo come giocherà il nostro “avversario”…Di solito,per esperienza personale,la donna riceve il più delle volte una risposta negativa e per questo ci soffre poichè per natura siamo esseri abbastanza sensibili e abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegga, che ci aiuti e che ci ascolti,che non veda l’ora di vederci dopo essere stato lontano da noi per un certo tempo,che abbia sempre il desiderio di fare l’amore con la stessa persona e con lo stesso amore anche quando si è avanti con l’età,abbiamo bisogno di qualcuno che ci parli e ci dica che per lui siamo la cosa più bella che esista al mondo,che ti dica che non riuscirai a liberarti di lui facilmente perchè sei la cosa più preziosa che ha e che per averti ha combattuto lealmente e ha vinto il suo bellissimo “premio”…Ma,soprattutto,abbiamo bisogno di qualcuno che ci accetti per quello che siamo non fermandosi solo all’apparenza ma guardando ben oltre ai bei culetti o alla 4-5° di reggiseno perche sono loro molto spesso il frutto del tradimento e non c’è cosa peggiore al mondo che essere traditi…Quando una persona ama,lo fa per quello che sei e non gliene frega niente se a posto delle ossa ci sono le cosìdette “maniglie dell’amore”,perchè per lui conta solo il tuo amore la tua felicità la tua vita,per lui conti TU!!!Non c’è sensazione più bella per una donna che essere amata sentirsi importante per qualcuno ogni giorno, svegliarsi accanto a lui,addormentarsi accanto a lui,mangiare con lui,fare l’amore con lui,avere dei figli cn lui frutti dell’amore che lega l’uomo alla donna.Non c’è cosa più bella dell’amore,il più forte sentimento,il più bello il più grande,quello che va al disopra di ogni cosa,quello che spezza ogni male,quello che rende due persone in una cosa sola…

  35. Awa ha detto:

    Ho rubato l’ultima parte per scriverla sul diario. Voglio passare la vita a leggere frasi così. Avrei lasciato un commento più bello ma non ne sono in grado, purtroppo non siamo tutti come lei. Magari leggendo i suoi libri prendo esempio. A quando il prossimo? !

  36. Giorgia ha detto:

    Come hai detto tu ,valente professore e scrittore,” gli dei donano soltanto il primo verso,poi il compito dei poeti è esserne all’altezza nei successivi, e cosi’ è l’amore..”
    Così è. Talvolta,scavando nei cunicoli bui delle nostre amarezze, alla luce fioca della nostra solitudine, ci sembra di trovare una gemma di insolito valore.E allora la puliamo con la nostra mano sporca,soffiamo via il terriccio, la scaldiamo alla luce di una candela per vedere se brilla di luce propria. E se bariamo, nel gioco dei giochi, bariamo solo con noi stessi e ce lo diciamo ogni sera prima di dormire, posando accanto a noi, sul cuscino quella piccola pietra.
    Qualcuno mi ha scritto : ” Articolo molto carino e ben scritto.Grazie per avermelo segnalato”. Chiedo scusa se per un attimo mi sono infiltrata nella sua vita, se ho lucidato tanto le sue parole da essere confusa con una bimba pazza.Non sono Biancaneve, sono molto di piu’. Ma questa è un’altra storia.

  37. Veronica ha detto:

    “L’amore non è un aperitivo o una cena fuori, ma una dannatissima quotidianità che diventa una sorpresa ogni giorno grazie al fatto di essere in due”. Siamo dei “laudatores temporis acti” come diceva Orazio oppure forse c’è ancora qualche speranza per poter tornare ad una vita più spontanea e meno artificiosa?

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