31 ottobre 2020

L’appello: il mio nuovo romanzo

 

Il libreria dal 3 novembre 2020.

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10 risposte a “L’appello: il mio nuovo romanzo”

  1. Vittoria Simone ha detto:

    Caro prof,
    non vedo l’ora di leggere questo libro! Condivido pienamente le sue idee sulla didattica a distanza : con passione e fantasia può essere una risorsa alternativa per far crescere i “nostri alunni” e per far venir fuori le potenzialità di quelli che non trovano stimoli in una scuola spesso abitudinaria e volta ad assecondare la politica delle prestazioni di cui lei parla nell’intervista sul Corriere della Sera. Certo, le lezioni in presenza forniscono tantissime altre opportunità, ma se la realtà che stiamo vivendo non ce ne consente la possibilità i docenti che amano il proprio lavoro possono trovare opzioni diverse altrettanto stimolanti . L’altro giorno le ho scritto una mail, se ha tempo provi a leggerla. Le ho scritto cose che si avvicinano molto alle sue risposte pubblicate sul CdS.
    Credo che se la scuola italiana avesse più docenti come lei sarebbe ai primi posti di quelle classifiche di cui sentiamo tanto parlare.
    Complimenti anche per la copertina del libro e il video di presentazione.

  2. Serena ha detto:

    Buongiorno professore mi chiamo Serena, ho 25 anni e nella vita ho dovuto rispondere a tanti appelli. Sono arrivata solo a pagina 50 del suo libro, ma prima di proseguire sento la necessità di dire a gran voce “presente!”.
    Perciò ora spero che non le dispiaccia se mi rivolgo direttamente al professor Omero.

    Mi chiamo Serena e il mio nome è pressoché insignificante perché non mi è mai capitato di vederlo attribuire a personaggi letterari o a protagonisti di opere artistiche. Se per di più ci si fa caso, basta scriverlo con la lettera iniziale minuscola per farlo diventare un aggettivo e non più un nome proprio.
    L’unico personaggio al quale riesco ad associarlo è caricaturale, quasi volesse prendersi pure lui gioco di questo nome: la fatina blu della Bella Addormentata. In inglese dovrebbe suonare più o meno come “bel tempo” (marrywather) ma nella transposizione italiana diventa Serena, o Serenella per le sue amichette. Lei è la fatina fieramente contraria all’ottuso ottimismo delle altre due.
    Lei è quella che necessita della bacchetta per venire a capo delle situazioni, quella che molte volte si rende conto della ragion d’essere del suo disincanto. Lei è quella che non ha fiducia.
    Perciò ora mi appello alla sua ossessione etimologica: non sbaglio se dico che fiducia e fede si somigliano, vero?
    Nella vita mi sento spesso il servo del Vangelo di Matteo che nasconde sotto terra l’unico talento che gli viene affidato. Lo nasconde perché paralizzato dalla paura di correre il rischio di far fruttare le sue capacità. Questo servo non ha fatto male, ha fatto peggio: non ha fatto niente.
    Anche io ho paura. Di chi ripone fiducia in me, di chi crede nelle mie capacità. Di non essere all’altezza delle mie stesse aspettative. Non so nemmeno dare una forma a questo mio talento. Non l’ho mai guardato, nemmeno prima di sotterrarlo. Professore, lo dice la fisica: la conclusione è inevitabilmente fallimentare poiché applicata ad una condizione di inerzia.
    Non riesco ad essere serena perché non riesco ad essere Serena.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Il dolore è l’inizio della guarigione, Serena. Vai fino in fondo, non aver paura. Il dolore apre una storia, non chiude.

  3. Fabrj ha detto:

    Buongiorno, ho letto tutti i suoi libri, sono una scuola di vita.
    Sono madre ,lavoro in chirurgia oncologica e ortopedia, in questo tragico momento solo l’amore ci salva. E lei mi salva con i suoi testi.
    Grazie per questi doni tanto preziosi.

  4. Federica Salvan ha detto:

    Rispondo ancora all’ appello con vividezza.

    Cerco studenti e studentesse con le parole di mitezza, di gentilezza, invocando una comunicazione che sia dialogo, legame a distanza, ma vicinanza anche.

    Rifuggo, spesso il monitor con il mezzi tecnico e mi rifugio nella scrittura, fonte di creatività, apertura all’ esterno e agli altri
    Sono un po’ come Omero, la mia vista è interiore, anche per malattia che tanto mi ha tenuta lontana dal computer per il sistema nervoso.

    Quelli che cerco è essenziale semplice, si nutre di domanda e risposta sul modello di Socrate e la sua ragione diaporetica e maieutica: l’ anima svelata.

    Grazie per tale appello, chiamata, che rivolgo a me innanzitutto, perché la persona è integralità, ecologia del Cuore.
    Non temo giudizi su tale pratica educativa che si basa sulla narrazione, descrizione .Felicemente, Federica

  5. Marco Berera ha detto:

    Buongiorno carissimo Alessandro.
    Ho letto ‘L’appello ‘.
    Grazie come papà.
    Grazie come figlio.
    Grazie come uomo.
    Grazie come cristiano.

  6. Rosa Calosi ha detto:

    Caro Maestro Alessandro, mi chiamo Rosa e ho 23 anni.
    Grazie dal profondo del mio essere per avermi donato, attraverso le parole, strumenti concreti per affrontare con amore le sfide della vita e per trasformare in bellezza le ferite del passato.

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