19 giugno 2012

Maturità: un’anima antisismica

Equilibrio sobre cuerdas«Il silenzio della terra pareva fondersi con quello del cielo, il mistero terrestre si congiungeva con quello stellare… Aljoša stava in piedi e guardava, e a un tratto, come falciato, si prostrò per terra. Ad ogni istante sentiva in modo più chiaro e quasi tangibile che qualcosa di saldo e d’incrollabile come quella volta celeste gli scendeva nell’animo. Un’idea parve farsi largo nel suo spirito, e ormai per tutta la vita e per l’eternità. Era caduto a terra debole adolescente, ma si alzò lottatore temprato per tutta la vita, e subito lo sentì e ne ebbe coscienza, in quello stesso momento».

Si tratta di uno dei passi più belli di un romanzo-mondo, «I fratelli Karamazov». Aljoša sembra sperimentare quei rari momenti in cui l’universo, pur con le sue forze e movimenti caotici di eros e polemos, manifesta la sua armonia segreta all’uomo e nell’uomo.

Dante aveva scritto di aver visto «legato con amore in un volume ciò che per l’universo si squaderna». La letteratura dà nome a quello a cui aspiriamo: i momenti di assoluta verità che ci conferiscono un posto nel mondo e ci rendono «lottatori temprati per tutta la vita». Che cosa è la maturità se non questa capacità di affrontare il mutevole corso delle cose forti di un’anima a prova di terremoto, che come tutte le strutture veramente antisismiche ha la capacità di resistenza non nella rigidezza, ma nella capacità di assecondare le oscillazioni delle scosse?

Maturità non è la durezza di chi vuole controllare la vita, ma la duttilità resistente di una struttura che rimanendo sé stessa sappia accogliere gli smottamenti dell’esistenza fino a farli suoi, per rendersi ancora più temprata al fuoco e al freddo dell’esperienza, come si faceva un tempo con il ferro dolce delle spade per renderle fortissime.

Maturità è questo: lo svilupparsi di un’anima temprata, «salda e incrollabile» come la volta celeste contemplata da Aljoša, eppure in continuo movimento ed espansione. Come è mai possibile questo in 13 anni di percorso scolastico tanto da definire l’esame che conclude il percorso «di maturità»?

Ad Alcibiade che afferma: «Conoscere se stessi molte volte, Socrate, mi è sembrata una cosa alla portata di tutti, molte volte, invece, assai difficile», il maestro risponde: «Tuttavia, Alcibiade, che sia facile oppure no, per noi la questione si pone così: conoscendo noi stessi potremo sapere come dobbiamo prenderci cura di noi, mentre se lo ignoriamo, non lo potremo proprio sapere».

Un percorso scolastico, unico in Europa – non solo per durata, ma anche per qualità – come quello nostrano, ci potrebbe potenzialmente offrire gli strumenti per la scoperta di questa struttura antisismica che è l’anima, e non quella di tutti e quindi di nessuno, ma proprio quella di quel ragazzo e di quella ragazza in particolare in questo contesto storico e culturale. In natura non esistono due cose uguali, non due fiocchi di neve né due foglie dello stesso albero, figuriamoci gli uomini. Solo la violenza e il controllo provano ad azzerare le differenze.

E la Scuola sembra a volte voler controllare, più che far sbocciare. Il percorso iniziato in prima elementare e che ora si compie ha intercettato quella unicità, così evidente nei bambini, per coltivarla, svilupparla, rafforzarla nelle varie tappe, così da renderla capace di affrontare le innumerevoli variabili dell’esistere?

Hanno dialogato tra loro le diverse fasce scolari? E le famiglie sono state la continuità del percorso o sono rimaste sullo sfondo, salvo i momenti della consegna delle pagelle? Perché tanti ragazzi che affrontano la maturità non hanno neanche deciso se andare all’università o meno? E se decidono di frequentarla spesso è perché così fan tutti, dal momento che molti di loro non sanno ancora che facoltà scegliere. Dopo 13 anni.

Quanto ci vorrà per cambiare un percorso scolastico che ancora si fonda su principi di stampo ora comportamentista (a furia di fare una cosa, ricevendo il premio o la correzione, impari la corretta sequenza d’esecuzione, come si fa per addestrare gli animali o per i quiz della patente) ora innatista (l’intelligenza è una dote genetica quantificabile da un QI, e i percorsi scolastici non sono altro che la conferma di questi dati di partenza e chi la paga sono i cosiddetti «asini», che a volte erano semplicemente dislessici, come lo erano Galilei, Newton e Einstein)?

Quando avremo un ministro talmente coraggioso da recuperare lo stile veramente occidentale dell’educazione, cioè proprio quello socratico, funzionale non all’utile immediato, ma a prenderci cura di noi e del mondo a partire dalla conoscenza di noi stessi? Quando cominceremo a costruire percorsi scolastici personalizzati, seppur nell’ambito di un curriculum come quello della Scuola italiana che non ha niente da invidiare a nessuno per contenuti, sia a livello liceale che professionale?

A che cosa mi serve tutta quella matematica e letteratura se non a rendere abitabile la vita che affronto tutti i giorni? A che cosa mi servono 13 anni di studi se non portano alla maturità di chi sa prendere su di sé il peso delle cose, perché è e può essere un «lottatore temprato» di quel bellissimo e sporco mestiere che è vivere?

Dostoevskij, come solo la letteratura sa fare, tiene insieme il paradosso e parla della scoperta di qualcosa di definitivo, benché sia ancora tutto da vivere e sviluppare nell’imprevedibile susseguirsi dei giorni, perché nel romanzo questo accade proprio ad un ragazzo che abbandona l’adolescenza. Qualcosa, anzi qualcuno, che è già e non ancora.

Maturità è avere l’anima a prova di terremoto. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno, nella situazione attuale del nostro Paese, di giovani capaci di resistere al fuoco e al freddo delle controversie per rafforzare ancora di più la tempra delle loro anime a non sbriciolarsi alla prima scaramuccia.

Ma siamo troppo concentrati sui problemi economici per ricordarci che la crisi dell’economia è solo la manifestazione di una crisi più profonda: antropologica ed educativa.

La Stampa, 19 giugno 2012

ps. in bocca al lupo, ragazzi!

39 risposte a “Maturità: un’anima antisismica”

  1. Anna Maria ha detto:

    Non sono di maturità ma stamattina avevo proprio bisogno di questa rinfrescata!

  2. Elisabeth ha detto:

    Per smantellare la seguente eguaglianza: corretta esecuzione esercizio=biscottino premio e arrivare a scuola=conscenza per affrontare la vita temo che ci vorranno ancora un po’ di scosse…
    In bocca al lupo a tutti gli studenti e a tutti i prof!
    🙂

  3. Giuseppe ha detto:

    Ho letto questa mattina sulla versione cartacea del quotidiano “La Stampa” il tuo stupendo articolo.

    Sono un abbonato da tanti anni e vorrei leggere tutti i giorni degli scritti come i tuoi a darmi il buongiorno (oltre alle riflessioni di Massimo Gramellini).

    Davvero straordinario.

    Il nostro Paese ha bisogno a tutti i livelli di persone come te. Non solo nella Scuola.

    E’ mortificante rendersi conto, ogni giorno, di che pasta sono fatti i nostri governanti: il confronto con persone come te, è davvero impietoso.

    Ci meritiamo ben altro.

    Grazie per aver dipinto di bellezza una giornata che poteva nascere nuovamente grigia.

  4. Rachele Buttelli ha detto:

    Salve prof!
    Domani anch’io farò parte di quell’orda di ragazzini impauriti davanti al portone di una scuola. Ma, pensandoci bene, impauriti poi da cosa? Domani avremo in realtà la possibilità di esprimerci, di buttar fuori la nostra conoscenza (che magari non è tanta, ma è comunque significativa e sudata in tanti anni di studio). Domani abbiamo un’opportunità.
    Io ho già scelto l’università che voglio fare ormai da più di un anno, tirando fuori quella passione che forse per troppo tempo era rimasta sommersa da tante facezie della vita quotidiana. Ho scelto lettere moderne, e, ovviamente, quasi tutti quelli che mi circondano mi hanno detto che con lettere andrò poco lontano, perché non ha il famoso “sbocco lavorativo”. Colgo l’occasione del suo articolo allora, per farmi forza. Perché la letteratura è un mondo a sé, che non ha bisogno di un premio remunerativo per vivere. La crisi, come giustamente ha detto, è prima di tutto culturale. E, se uscita dall’università non troverò un lavoro a causa dei miei studi apparentemente inutili, almeno il mio spirito l’avrò affinato, e la mia passione per quell’universo meraviglioso che è la letteratura, d’ogni secolo e d’ogni luogo, l’avrò soddisfatta.
    La letteratura non darà soldi, ma dà stabilità.

    Un saluto, e speriamo in bene per domani!

    Rachele

  5. Raffaella ha detto:

    Disponibile ad immaginare una scuola diversa. Ho voglia di mettere le mani in pasta perchè tanti nostri ragazzi possano entrare in un rapporto visivo e fattivo col loro profondo nucleo pulsante. Con l’energia da cui sono nati e che li proietta “nell’universale paragone”. Quest’articolo e un figlio che strascica studio e preoccupazione per domani tra musica ritmata e caffè mi fanno entrare in contatto con la lava che giace in fondo al mio cuore suscitato tanti anni fa dallo scoglio “esame di maturità”. Da persone care ho imparato a cavalcare le paure come quando sali su un destriero veloce e bizzarro, a guardare negli occhi la vita e sorriderle. Sono arrivata qui e vorrei proprio poter costruire qualcosa per tutti quei ragazzi che rischiano di non incontrare tanta Bellezza, surfando sui libri e scantonando la vita.

  6. Francesco ha detto:

    Salve prof,
    Ho letto il suo articolo e l’ho apprezzato davvero molto. Anche io domani sarò pronto per quello che tutti definiscono il “mostro sacro”, ossia la maturità.
    Penso che la scuola, come afferma lei, dovrebbe essere più attena nei confronti dei ragazzi, capire e coltivare le loro potenzialità senza sminuire nessuno. Siamo tutti diversi e siamo tutti unici, per fortuna. Ognuno di noi può dare un contributo costruttivo alla società, sempre che la società gliene dia la possibilità.
    E poi, come affermava Rachele nel suo commento, perché noi ragazzi non dovremmo seguire le nostre passioni e i nostri sogni, sacrificandoli all’altare dell’economia e del lavoro?
    Al giorno d’oggi l’aspetto interiore, del cuore, sta scomparendo sempre di più.
    “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” diceva Pascal.. Quindi perché non condire la propria vita con un pizzico di positiva e costruttiva pazzia del cuore?
    Abbiamo il diritto di vivere, oltre che quello di esistere.

  7. Debora ha detto:

    mi associo alle parole di anna maria ..ne avevo proprio bisogno, perché sono delusa della mia scuola e dei miei insegnanti. Provengo da un liceo pedagogico e lo studio dell’educazione è uno dei capisaldi di questo indirizzo ma con tutto ciò essa rimane per loro solo e semplice teoria…e leggere quest’articolo mi ha dato tanta gioia quanta forza!!!GRAZIE!

  8. Elena ha detto:

    Ciao Alessandro!
    Grazie per la lettera! Anch’io sono “fuori tempo” ma la tengo pronta per i miei figli 😉
    Elena

  9. letizia ha detto:

    Grazie prof!!! e speriamo bene… 🙂 anche io come Rachele sono curiosa e quasi impaziente di affrontare gli esami..non solo per il pensiero del “dopo”, ma soprattutto perché sono davvero un’occasione per dimostrare veramente chi siamo e che cosa realmente abbiamo imparato e fatto nostro in questi 13 anni di Scuola. P.s. : Rachele, anche io ho scelto lettere (classiche però)..e non vedo l’ora di studiarle! ciao 🙂

  10. jessica ha detto:

    io sono stata tanto fortunata. ho trovato sul mio cammino professori eccezionali (la maggior parte) che hanno alimentato in me l’amore che già avevo per la conoscenza, che mi hanno insegnato a non dire mai “questo non mi interessa, non mi servirà mai”… tutto serve!
    sono stata fortunata perchè mi hanno aiutato a comprendere il significato profondo delle cose… a non studiare “a pappagallo” ma a capire cosa c’era dietro quelle che per molti potevano sembrare delle semplici nozioni.
    sono stata fortunata perchè ho toccato con mano la conoscenza, attraverso le ore di laboratorio al liceo… non dimenticherò mai i dibattiti nell’aula di fisica con l’insegnante migliore del mondo (a mio parere)… ci ha insegnato a ragionare… a lavorare in equipe, a mettere ognuno un pezzetto si sè (il suo pezzetto migliore) in funzione di un obiettivo comune…
    gli adulti spesso dicono che i giovani non vedono l’ora di finire la scuola e poi la rimpiangono… io non ho mai sperato che finisse e tutt’ora ricomincerei da capo!

  11. Patrizia, Acireale ha detto:

    Articolo magistrale: c’è tutto al suo interno. Il problema e la possibile, non utopistica, scelta risolutiva:e in fondo , questa scelta è nelle nostre mani, di genitori, educatori, cittadini pensanti. Pensiamoci bene quando andremo a votare: chi ci garantirà determinate scelte per rendere la scuola un utero fecondo di illuminati cambiamenti, sulla trama del pensiero socratico, meriterà il nostro voto.E poi, come sempre, che Dio ce la mandi buona!

  12. Cristina Z. ha detto:

    La crisi economica è il frutto di sfrenata speculazione.
    La speculazione non è altro che una scommessa circa il futuro fondata sul nulla, senza una base reale di partenza su cui costruire.
    La base che è venuta meno, è l’uomo.
    Qualcuno ha preso l’uomo e l’ha messo via, sostituendolo con un surrogato fatto di continui bisogni da soddisfare e sempre nuovi desideri da esaudire.
    Qualcuno ha cancellato le domande perché non era più in grado di dare risposte.
    Per fortuna non tutto è perduto, si può sempre ricominciare, con umiltà e pazienza, con buona volontà, da lì dove tutto ha origine: dall’uomo.

  13. Marisa ha detto:

    Grazie, Alessandro. Mi hai fatto venire i brividi.

    Un abbraccio.

  14. […] Alessandro D’Avenia dal suo blog Prof 2.0 […]

  15. fr. Matteo ha detto:

    La notte prima degli esami: notte di passaggio del confine.
    è la notte dove tra il brivido, l’ansia e l’adrenalina senti che stai diventando grande e che da quel momento sempre di più le “conseguenze” dipenderanno da te.
    Una notte che conoscerà varie repliche nella vita…
    Gli esami non finiscono mai.

  16. francesca ha detto:

    ciao prof. quando leggo qualcosa scritta da lei mi si apre un mondo di pensieri ed emozioni! Complimenti domani mi ricorderò delle sue parole mentre sarò li sola nel mio banco con tutti quei fogli!
    Sono sicura che domani il portone della mia scuola sembrerà diverso:( buonanotte prof. Grazie ancora

  17. Manel ha detto:

    Madurez, una palabra que no aparece en los media. La infancia cada vez es más corta; la vejez se retrasa muchísimo: en medio, una “juventud” que dura 40 años, un periodo de constante indeterminación. Y esto hace sufrir. Lo bonito es caminar al compás.

  18. Celeste ha detto:

    “Ma siamo troppo concentrati sui problemi economici per ricordarci che la crisi dell’economia è solo la manifestazione di una crisi più profonda: antropologica ed educativa.”

    Prof. Non poteva concludere in modo migliore! Il giorno prima della mia maturità, quando arriverà, rileggerò questo articolo con il sorriso sulle labbra e la convinzione di potercela fare.
    Grazie di cuore 🙂

  19. Roberta ha detto:

    Ehi Prof! Proprio in questi giorni riflettevo sulla duttilità di cui parli, preferendo però chiamarla elasticità. Capisco il terremoto dell’anima, dovuto a cause interne ma anche esterne. Penso di essere riuscita a dimostrarmi elastica, di avercela fatta.

    A tutti i futuri colleghi di lettere i migliori auguri, è il percorso migliore che avremmo mai potuto scegliere!

  20. Franco Scalenghe ha detto:

    Ho apprezzato la pagina sulla Maturità che lei ha scritto. Mi permette di suggerirgliene un riassunto in 10 parole?
    -‘Matura’ è quella Proiaresi che è diventata capace di Diairesi-
    Cordialmente
    Franco Scalenghe

  21. Simona V. ha detto:

    Bellissime considerazioni sulla maturità…molto delicate! A mio avviso invece la maturità è la capacità di riuscire a canalizzare l’insicurezza tipica dell’età adolescenziale rendendola umiltà e consapevolezza dei propri limiti. Spesso ho sentito dire che si diventa maturi quando si smette di essere ingenui e ho sempre provato un senso quasi di “repulsione” verso quest luogo comune, forse perchè mi sento matura e ingenua al contempo…sebbene i termini siano antitetici.Al contrario io credo che l’ingenuità sia una virtù da preservare fino all’utlimo dei nostri giorni e secondo me la maturità sta anche nel conservare candore e ingenuità nonostate la consapevolezza della brutalità della vita; alla quale molti erroneamente si pongono in maniera cinica e razionale confondendo pessimismo e disillusione con la maturità.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Cara Simona, credo che conoscere i propri limiti sia parte essenziale di quella conoscenza di se stessi auspicata dalle mie righe. Grazie per le tue parole. Anche a me capita di essere preso per ingenuo, semplicemente perché non sono cinico. Contenti i cinici: affari loro.

      • Simona V. ha detto:

        E poi mi sono accorta che spesso l’ingenuità per una donna è una grande arma di seduzione(sebbene inconsapevole). Ho notato,almeno parlando della mia esperienza personale, che soprattutto i ragazzi/uomini molto più grandi di me rimangono affascinati dall’innocenza, dalla purezza…mentre i miei coetanei( cioè i ventenni)spesso ne fuggono o rimangono indifferenti. Addirittura un prof al’Università,dopo avermi fatto un esame, mi ha detto :” credo che la tua bellezza oltre che nell’armonia e nella dolcezza dei tratti del tuo viso, risieda nella limpidezza del tuo sguardo e nella delicatezza delle movenze”. Con tutta sincerità queste cose a volte mi spaventano un pò, la mia inesperienza mi porta a non saperle gestire e ho paura che qualcuno possa approfittarsi di questa ingenuità. Se fosse stato ancora vivo avrei potuto chiedere consiglio a Nabokov sicuro avrebbe avuto più dimestichezza con l’argomento (Vedi Lolita) 🙂 🙂

        • Prof 2.0 ha detto:

          Quelli sono solo maschi che ci provano…

          • Simona V. ha detto:

            Ahah ehm ecco forse hai ragione… e io sono sempre “Alice nel paese delle meraviglie” che casco dalle nuvole. Tu che sei più saggio e più “maturo” di me hai analizzato la cosa in maniera più concisa e semplice…o forse semlicemente sei un uomo e da tale sai come fnzionano le dinamiche del corteggiamento ( che tra l’altro fatto così lo trovo squallido e subdolo)

  22. Monica ha detto:

    Ciao alessandro, questo articolo mi commuove e lo condivido in pieno! Compito della scuola è proprio educare uomini liberi, pensanti, appassionati, perchè le vere rivoluzioni, quelle che lasciano una traccia di vita e non di morte sono culturali e solo queste sono capaci di smuovere le montagne! Amo il mio lavoro di insegnante perchè ogni giorno mi concede la possibilità di seminare tutto ciò nei cuori dei giovani, che sono capaci di dare buoni frutti. E’ vero, la scuola negli ultimi anni è spesso divenuta controllo, favorendo l’appiattimento e l’apatia, ma confido che il lavoro onesto, paziente, silenzioso di una manciata di professori appassionati e pronti a rinnovarsi e dialogare possa cambiare le cose.

  23. lilipi ha detto:

    Bellissimo articolo,che fa riflettere su cosa debba essere l’educazione.Meno male che ci sono professori come te!
    @Rachele
    Non temere di iscriverti in lettere:le richieste del mercato del lavoro cambiano nel tempo e presto,se nessuno si iscriverà più in lettere, saremo costretti ad importare dall’estero gli insegnanti di lingua e letteratura italiana,di latino e di greco

  24. paola mariani ha detto:

    Grazie per le tue parole, sempre chiare, che vanno dritte al cuore delle questioni, dei ragazzi e delle persone! Grazie, ce ne vogliono di riflessioni e spunti come i tuoi, sempre profondi, critici e al tempo stesso costruttivi. Abbiamo bisogno di persone che sappiano parlare al cuore con il cuore. Questo è un bel dono, continua a coltivarlo e a condividerlo!
    Paola…una “prof mancata” di Greco e Latino!

  25. marco ha detto:

    A proposito di crisi: Benedetto XVI: la crisi ha radici etiche

    Sono ormai alcuni anni che (…) si avvertono gli effetti della crisi economica e finanziaria che ha colpito varie aree del mondo e che, come ho avuto modo di ricordare, ha le sue radici più profonde in una crisi etica… La crisi attuale, allora, può essere anche un’occasione per l’intera comunità civile di verificare se i valori posti a fondamento del vivere sociale abbiano generato una società più giusta, equa e solidale, o se non sia, invece, necessario un profondo ripensamento per recuperare valori che sono alla base di un vero rinnovamento della società e che favoriscano una ripresa non solo economica, ma anche attenta a promuovere il bene integrale della persona umana.

  26. Maria Angela Messina ha detto:

    Condivido pienamente! Lo invierei a tutte le scuole, a tutti i docenti, dirigenti… Come “compito per le vacanze” da leggere e studiare e mettere in pratica!! Grazie per il tuo contributo!

  27. roberto ha detto:

    prof salve,
    le ho scritto una mail stamattina. ci sono possibilità di ricevere una risposta??
    grazie

  28. morena rosciani ha detto:

    Caro Alessandro,

    stamattina i miei ragazzi hanno affrontato l’esame orale. Ero lì.
    Non potevo mancare.
    Sentivo l’urgenza di accompagnarli fisicamente a questo traguardo così importante.
    Ancora insieme su questa corda, come funamboli in un equilibrio difficile, precario, ma possibile tra ragione e affezione.
    Grazie per la compagnia che hai fatto a me e ai miei studenti in questo anno scolastico indimenticabile.

  29. gold account ha detto:

    cioè l’idea che nel suo lungo itinerario filosofico Platone avesse sviluppato e mutato, anche profondamente, il suo pensiero, passando gradatamente da una fase giovanile di preponderante impegno apologetico nei confronti di Socrate, di difesa della sua memoria e di riflessione appassionata sulla sua eredità filosofica, a una fase di progressivo distacco dal maestro (la fase della cosiddetta “crisi del socratismo”), fino alla conquista della sua piena maturità e originalità, caratterizzata dalla dottrina delle idee, dalla dottrina della natura e del destino dell’anima umana e dalla costruzione del suo grande edificio filosofico ed etico-politico».

  30. […] Maturità non è la durezza di chi vuole controllare la vita, ma la duttilità resistente di una struttura che rimanendo sé stessa sappia accogliere gli smottamenti dell’esistenza fino a farli suoi, per rendersi ancora più temprata al fuoco e al freddo dell’esperienza, come si faceva un tempo con il ferro dolce delle spade per renderle fortissime. (Dal blog di Alessandro D’Avenia) […]

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