27 maggio 2013

Il tuo salotto erano la strada e la scuola

Caro 3P,

ti hanno fatto beato, anzi no, ti hanno proclamato beato, perché beato già lo sei. ‘Santo’: ti rendi conto?

Quando qualcuno ti diceva provo­catoriamente «monsignore» tu ri­spondevi con una colorita espres­sione palermitana: «A tto’ patri», «A tuo padre». Così, dalle nostre par­ti, si rimanda al mittente un’offesa. Non ti piaceva quell’epiteto, per­ché non facevi il sacerdote per ac­quisire cariche, ma per portare ca­richi, servire, sapevi che la parola sacerdote non ha gradazioni. È as­soluta.

E se ti avessero detto «santo», chis­sà come avresti reagito… Eppure o­ra te lo posso dire. Sei santo e la tua risposta scanzonata coglierebbe pure nel segno, perché il Padre no­stro è veramente l’unico a essere santo e noi siamo solo dei poveracci vestiti da re dal più grande stilista, che se veste così l’erba del campo figuriamoci l’uomo.

Camminiamo per strada, con i no­stri vuoti fisici e morali, con le no­stre debolezze, stanchezze, paure e dubbi, eppure siamo santi. Siamo santi tutti e non lo vogliamo capi­re, santi per immagine e somi­glianza, santi per grazia e vocazio­ne. Siamo tutti santi. I primi cri­stiani si chiamavano così fra loro: santi. Noi a queste cose non ci cre­diamo più, noi cristiani adulti di og­gi. Pensiamo che i santi siano solo quelli dei santini. Cose da bigotti. Invece i santi sono carne, ossa e fuoco.

Io ho avuto la fortuna di conoscer­ne di persona due, fatti di questi materiali. Il primo è stato Giovan­ni Paolo II. Il secondo sei tu. Lui e­ra un gigante e del gigante aveva la voce cavernosa. Tu eri piccolo e a­vevi la voce tenue. Lui veniva dal nord Europa, con i suoi occhi az­zurri come ghiacciai, tu venivi dal sud dell’Europa, con i tuoi occhi marroni come le scarpe che tuo pa­dre riparava. Non vi assomigliava­te affatto, eppure siete beati en­trambi. Come tutti, per vocazione, ma voi più di tutti, per risposta pie­na a quella chiamata, a quella gra­zia che è Fuoco. Averti conosciuto mi mette la san­tità a portata di mano e memoria. Eri lì nei corridoi della mia scuola e facevi lezione, e bene. Eri un santo, e nessuno lo sapeva, perché eri troppo ordinario. Credo neanche tu lo sapessi. Eppure avevi gli effet­ti sismici del santo: eri l’epicentro silenzioso di terremoti. Non si po­teva rimanere indifferenti, davi fuo­co alle braci. I santi sono questo: fuoco che fa ardere le braci che ab­biamo nell’anima, spesso sopite sotto la cenere della comodità, del­la noia, dell’incredulità. Causavi terremoti di libertà: fino a che non la tocchi e non te la mettono in ma­no, la libertà, te ne stai comodo e annoiato con la tua vita piccola e riempita di cose che si rompono. Da salotto. Il salotto è il contrario del santo. E infatti tu il salotto nean­che ce l’avevi. Avevi un letto, una cucina e poi libri, dappertutto. Ma ci tornavi solo la sera a casa, come quella sera del tuo compleanno in cui ti hanno sparato: dies natalis doppio il tuo, o unico, in your end is your beginning direbbe il poeta.

Il tuo salotto era la strada. La stra­da dove i ragazzi disfacevano le lo­ro vite, a Brancaccio, tra violenza, droga, ignoranza, prostituzione, spaccio, pizzo… E tu li prendevi u­no a uno e tra un calcio al pallone e uno nel sedere gli raccontavi che erano santi pure loro, perché figli e figlie del Padre e non del padrino. E loro, dall’inferno uscivano, alme­no alcuni, perché credevano a te e a come li guardavi, perché eri san­to e li guardavi con le pupille di Dio. Ti credevano perché un santo è u­no che ama e perdona come ama e perdona Cristo, e non ha tempo per sé come Cristo, come quel poster che avevi in casa, un orologio sen­za lancette con su scritto: tutto il tempo è per Cristo.

Il tuo salotto erano le classi delle scuole in cui hai insegnato fino al­la fine. Non hai mai voluto smette­re. Perché sapevi che quella era la cosa da fare per cambiare Palermo: cambiare i ragazzi.

E loro cambiavano perché eri santo e martire: vedevano come parlavi, come sorridevi, come raccontavi la Bibbia, come celebravi la Messa e la Confessione. Tu eri santo perché maneggiavi con cura le cose sante di Dio: uomini, donne e sacramenti. E uno non aveva più scuse, perché Dio c’era. Eri ordinario, come Cristo tra i suoi, lui un figlio di falegname, tu di calzolaio. Eppure chi ti passava accanto si sentiva più libero, mai giudicato, atteso sempre, mai incalzato, ma spinto a dare il meglio. La santità era a portata di mano, la potevi toccare: aveva la consistenza del tuo volto, delle tue mani, dei tuoi piedi. Del tuo fuoco.

Ora sei beato, caro 3P, e la santità è qualcosa di più abbordabile, tascabile quasi. Qualcosa che solo Dio può dare a chi non si chiude nel salotto, ma fa della strada il suo salotto. E la strada è lì dove Dio lo chiama: in ufficio, a scuola, al supermercato, tra i fornelli, allo sportello della banca, dietro un computer, al mare, in montagna, in centro e in periferia. Questo ti chiedo di ricordarci: che tutti siamo santi lì dove siamo, se solo non ci chiudiamo all’unica Beatitudine, l’unica possibile in queste vie del mondo così trafficate di uomini e donne che cercano la beatitudine con la minuscola, quella che una volta che l’hai afferrata è già perduta. La Beatitudine continua e infrangibile invece è lì a portata di mano. Così eri tu, per me. Così sei tu, adesso, per tutti. Grazie, caro amico e padre, martire dell’ordinario amore straordinario di Dio.

Avvenire, 26 maggio 2013

Se volete approfondire la vita di don Pino Puglisi consiglio questo libro di Francesco Deliziosi.

Avrò l’onore di ricordare don Pino insieme al presidente del Senato il prossimo 9 giugno.

Senza titolo

 

16 risposte a “Il tuo salotto erano la strada e la scuola”

  1. davide ha detto:

    Caro Alessandro, grazie per queste bellissime (quanto profonde) parole. Hai un dono fantastico (a proposito di talenti): sai andare sempre dritto al cuore, almeno al mio! Ho messo in agenda l’appuntamento del 09 giugno a Vicenza. Nell’occasione vorrei darti copia del Messaggero dei Ragazzi dove, nel mese di maggio e giugno, è stato dedicato il fumetto: “don Pino e i suoi ragazzi”. Spero di fare cosa gradita. Un caro saluto. Davide Penello

  2. Silvia ha detto:

    Senza parole: per l’emozione, per la gratitudine. Perchè si può sognare ancora grandi sogni, se ci sono grandi persone che pure sono state persone in mezzo a noi, non lontane, non distanti. Don Bosco dice: “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’esatto adempimento dei propri doveri”. Perchè la gente pensa che la santità sia triste? Santità è gioia, nonostante tutto 🙂

  3. Felicetta ha detto:

    Non ho parole! Grazie Alessandro dal più profondo del cuore!!!!!

  4. Annalisa ha detto:

    Fantastico …..Grazie per la riflessione…. Sempre unico!!!

  5. sr. cristiana ha detto:

    Grazie Alessandro, sempre bello leggerti e in questo caso anche conoscerti un po’ di più, grazie soprattutto per averci ricordato che i santi… siamo noi. sr. cri

  6. Lanfranco ha detto:

    L’articolo va dritto al bersaglio. Grazie, Alessandro. Sul poster che don Pino aveva in casa, con l’immagine dell’orologio senza lancette, c’era scritto: “Per Cristo a tempo pieno”.

  7. E io bacio le mani a entrambi commossa…
    Non come è s’uso tra i mafiosi ma come si fa CON I SANTI!

    All my love!

  8. Giovanni ha detto:

    Bellissimo articolo. Grazie. 🙂

  9. Serena ha detto:

    Veramente senza parole!

  10. Chiara ha detto:

    Parole semplici ma non banali le tue. Vivi e non racconti mentre scrivi. Complimenti

  11. Stefania ha detto:

    Mi sarebbe piaciuto conoscerlo.. ma, come tu stesso hai detto, di Santi se ne incontrano ogni giorno. Lo siamo un po’ tutti, questo è l’importante. Come sempre riesci a trovare le parole giuste per ogni emozione che provo.. ho seguito molto attentamente qualche giorno fa un documentario su don Pino Puglisi. E ho amato quest’uomo nel più profondo del mio cuore.. grazie perché con questa tua lettera sei riuscito ancora una volta a materializzare i miei stati d’animo. Sono sicura che il tuo 3P, in questo istante, ovunque esso sia, sia fiero di te e dell’uomo che sei diventato. Che Dio ti benedica, ora e sempre.

  12. Francesco Deliziosi ha detto:

    Grazie, Alessandro, per questo splendido articolo. Io ho avuto il privilegio di quindici anni di conoscenza con padre Puglisi e in questo tuo ritratto ho riconosciuto le radici della sua spiritualità e del suo carisma evangelico, radici che attraversano gli anni. So che anche tu hai avuto modo di condividere un tratto di strada con padre Pino al liceo e nei tuoi libri ritrovo qualcosa del suo invito, destinato ai giovani, a guardarsi dentro. Si, ma verso dove? Ci chiedeva. Verso dove vogliamo che vada la nostra vita? Padre Puglisi ci ha aiutato a trovare la strada. Grazie anche per la citazione del mio libro. Un caro saluto. Francesco Deliziosi

  13. marco ha detto:

    Bellissimo articolo! La santita’ e’ si per tutti,ma non tutti la vogliono,perche’ la santita’ e’ una scelta che costa cara,e non tutti siamo disposti a rinunciare alle cose terrene…al riguardo aiutano molto anche i messaggi di medjugorie,e sono davvero semplici e attaccati alle cose della vita..

  14. Franca ha detto:

    Grazie,per queste perle.
    Il sogno sta diventando realtà dipende da ognuno di noi Grazie Franca

  15. rita ha detto:

    Per i martiri dell’ordinario che non hanno bisogno
    delle maiuscole ma che sanno coniugare
    fede e scienza per cambiare quel poco che hanno
    intravisto dentro la miopia generalizzata
    di chi invece rimanda al giorno dopo.
    La fede espone al rischio e se vissuto
    diventa scienza non codificata ma che genera
    – il nome del Padre – senza preclusione
    di classe di appartenenza.

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