27 aprile 2016

Zibaldino: ali, arance meccaniche e sempre l’amore

I. 12998691_10208115632661753_778433962615147394_n

Ho passato due ore con i ragazzi dell’Istituto tecnico e scientifico Moreschi, durante la loro cogestione. L’aula magna dalle pareti scrostate e il parquet ormai sconnesso era pieno di ragazzi e colleghi. Moltissimi per terra, non essendoci più posto. Ad un tratto Roberto, 17 anni, ha preso la parola e gli ho chiesto che progetto di vita avesse. Vuole entrare nel corpo dei paracadutisti dell’esercito. Gli ho chiesto come ha capito che questa è la sua vocazione professionale. “Ho fatto il mio primo lancio e ho capito che a me piace volare e ancora più a me piace cadere”. Tutti, ogni giorno, cerchiamo di volare, in cerca della nostra vera altezza, tutti ogni giorno cadiamo, colpiti nelle nostre fragilità e debolezze. Eppure non cadiamo mai più volte di quelle che abbiamo provato a volare, anzi magari a volte riusciamo a volare e poi ad atterrare bene, senza cadere. Roberto ha deciso di fare di questo il suo lavoro e oggi mi ha ricordato che anche quando si cade, si può cadere con arte e con grazia.

Invece Virginia, 18 anni, mi ha chiesto come si fa a riconoscere gli occhi di un maestro e le ho detto che i maestri sorridono spesso, perché hanno ancora intatto lo stupore della vita e, quando ti guardano, stupiscono. Perché insieme al seme vedono già il frutto.

II.

arancia-meccanica_foto-francesco-squeglia_9292-e1457975854179Sono stato a teatro a vedere “Arancia meccanica”, nel quale recita un mio amico. Con un libro e un film alle spalle, del peso di Burgess e Kubrick, non credevo fosse possibile dire altro, invece altro è stato detto con altri mezzi: soprattutto i corpi, nei quali si incarna il personaggio, ché questa è la bellezza del teatro.

Il male è nel cuore dell’uomo, così come il bene. Ogni mattina bisogna decidere da che parte stare e non ci sono ricette esterne che possano controllare questa scelta, possono casomai favorirla, ma mai determinarla, perché non siamo solo animali, ma anche animati. Questo è il dramma più grande, il dramma della libertà, il dramma di essere uomini feriti e per questo capaci di ferire ulteriormente gli altri e il mondo, il dramma di essere uomini feriti e per questo capaci di guarire gli altri e il mondo. Essere un balsamo per le ferite, o il sale sulle ferite. Ferire il mondo o ripararlo. E oggi che è l’anniversario dei 400 anni della morte di Shakespeare, la dirò con lui: “Io considero il mondo per quello che è: un teatro dove ognuno deve rappresentare una parte” (Il mercante di Venezia, Atto I scena II). “Il mondo è fuor dei cardini; ed è un dannato scherzo della sorte ch’io sia nato per riportarlo in sesto” (Amleto, Atto I scena V).

III.

13051684_10208157600230916_5866500365367401545_nSotto un cielo instabile

“A volte mi chiedo perché tutto l’amore di cui abbiamo bisogno non riesca a raggiungerci. Dove si impiglia, dove si incastra, dove si ferma?”

Tu mi hai detto: “Nessuno pensa di potere essere amato per com’è, ma crede di doverselo meritare l’amore di cui ha bisogno. Eppure nessuno è qui perché se lo è meritato, ma si merita d’essere amato perché è qui”.

2 risposte a “Zibaldino: ali, arance meccaniche e sempre l’amore”

  1. Emilia ha detto:

    Caro diciannovenne, sei coraggioso anche grazie alla tua mamma. Ti dedico Iris degli U2?che contiene tutto lo struggimento per una tale perdita, ma ancha la speranza. Grazie prof per aver condiviso questo scritto.
    La mamma di un figlio quindicenne, il mio “diamante grezzo” che non ha trovato ancora una prof “dal 4 all’8”.
    Con affetto e stima
    Emilia

  2. Jasmine ha detto:

    Grazie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.