6 novembre 2010

Elogio della noia

La scuola è una noia. I grandi sono una noia. Lo studio è una noia. Ma anche questa festa è una noia. Lo aveva già detto con immaginifica potenza Baudelaire: “Ma in mezzo ai mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi, uno ve n’è, più laido, più cattivo, più immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, né lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo. È la Noia!”

La noia. Il nemico mortale dei miei studenti, il nemico mortale delle nostre giornate. La noia che ti prende sia quando lavori sia quando sei in vacanza. Anzi a volte ci si annoia di più in vacanza che al lavoro. La noia non dipende da quello che si fa, ma è una condizione del cuore. Non è altro che un preziosissimo indicatore: non stai vivendo tutta la vita che c’è da vivere, la tua vita non è all’altezza della vita vera. Manca qualcosa. Ci sono due possibili soluzioni.

La prima facile, ma incerta: cercare subito un’emozione forte che mi tiri fuori dalla noia. Compro qualcosa di nuovo, lavoro di più, mi sballo… Ma finito l’effetto “adrenalina” ritorno alla noia di prima, divenuta però più profonda, perché sono caduto da più in alto.

Seconda soluzione: mi fermo e mi chiedo cosa mi manca? Cosa manca alla mia vita per essere all’altezza di sé stessa? Di cosa ho nostalgia?

La risposta è: manca la meraviglia. La meraviglia sta in ciò che è nuovo, ma non in senso cronologico: l’ultima cosa che è uscita (l’ultimo film, l’ultimo paio di scarpe… insomma il nuovo della pubblicità), che è sinonimo di “meno vecchio”.

Il vero “nuovo” invece è ciò che sa darmi sempre di più di quello che è. E dove si trova? Un po’ nella realtà, un po’ nel cuore che sa accoglierla: un amico vero, un bel romanzo, un panorama, il quadro di un artista, un progetto da realizzare, Dio… e chi più ne ha più ne metta. E cosa sa essere sempre nuovo ogni volta che lo interroghi? Ciò che ha profondità di spirito. Ci annoiamo perchè ci accontentiamo delle superfici, ma la vita non si inganna. Occorre scovare quel qualcosa di meraviglioso che si nasconde in ogni situazione, ma questo richiede impegno e attenzione.

Non sempre abbiamo questo coraggio, e per questo costringiamo noi e i nostri figli a riempire il tempo come una specie di stomaco bulimico. Abbiamo paura di annoiarci, abbiamo paura che si annoino. Ma proprio la noia ci costringe a cercare quell’equilibrio che manca.

Lasciamo che i nostri ragazzi si annoino, non c’è niente di male. La noia li porterà a contatto con sé stessi rapidamente e forse sarà l’inizio di una ricerca del vero nuovo, che “le cose più recenti” non riescono mai a soddisfare.

Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, 5 novembre 2010

17 risposte a “Elogio della noia”

  1. Noris ha detto:

    Grazie! Grazie perchè proprio oggi mi chiedevo perchè non riesco a “digerire” i momenti di dolce far niente. Quei momenti liberi da impegni lavorativi o sociali e riempibili con i miei “piaceri”.
    La parte di questo post che elenca le possibili soluzioni, poi, mi rispecchia pienamente.
    Io sono un adulta e non ho figli ma la noia non ha età è un male di vivere, curabile ma con i suoi tempi.
    Stavo vagando su internet in un momento di noia che stavo cercando di riempire trovo qui, pe caso, una risposta ai miei pensieri. 🙂
    Buon fine settimana! Ciao

  2. antonella landi ha detto:

    Hai letto, dal mio ultimo libro “Tutta colpa dei genitori”, il capitolo dedicato “Al genitore iperattivo” e al conseguente elogio della noia che vi ho fatto?

  3. monica ha detto:

    E’ interessante come anche Baudelaire concluda i suoi “Fleurs du mal” sull’idea del nuovo che dici tu; me lo hanno fatto notare alcuni studenti nella loro tesina di maturità dell’anno scorso:
    “Salpiamo, è tempo, via da questa noia!
    Son neri come inchiostro terra e mare,
    ma i nostri cuori, vedi, son colmi di luce![…]
    Giù nell’Ignoto, sia l’Inferno, o il Cielo,
    scendiamo alla ricerca di qualcosa di NUOVO!”
    Il nuovo è proprio quel che ognuno non può fabbricarsi da sè: tutti i viaggi che Baudelaire ha descritto nel suo libro, tutti quelli che a volte ricerchiamo affannnosamente – e in cui poi non riusciamo più ad orientarci (son neri come inchiostro terra e mare): ma di cui abbiamo spaventosamente bisogno (i nostri cuori son colmi di luce!).

  4. dafne ha detto:

    (posso darti del tu no?:) ) inizio col dirti una cosa che non c’entra niente…ma volevo ringraziarti tantissimo per la giornata di ieri a Cagliari..sono stata benissimo e tu sei una persona speciale..magari ad avere un prof come te!! =) sono stata molto contenta di averti conosciuto..comunque..è verissimo..noi ragazzi (e anche io!!) ci annoiamo tantissimo..!!ed hai ragione..è perchè non viviamo abbastanza la vita..!
    ti saluto dai..spero che tu mi risponda (perchè ho notato che nn rispondi hai commenti 😛 ) un bacione! *Dafne*

  5. Myriam ha detto:

    Riflessioni simili mi son venute in mente l’altro giorno, quando ho letto di sfuggita una notizia: dei ragazzi hanno dato fuoco alla casa di un anziano perchè si annoiavano. Qualche mese fa si è letto che, sempre per noia, altri ragazzini si divertivano ad attraversare di corsa l’autostrada, sfidando le auto che sfracciavano. Gli uni e gli altri hanno dunque fatto ricorso alla prima soluzione: la ricerca dell’effetto adrenalina. Tocca a noi adulti educarli a “stare” con la noia e ad interrogarla. E dir loro, magari, come ricorda il buon Leopardi, che la noia è propria solo degli esseri umani, cioè di chi ha coscienza di se stesso e non solo dei propri bisogni primari. Ecco perchè il gregge del pastore errante dell’Asia non si annoia mai! Lui invece sì e, nel suo stupendo monologo alla luna, cerca di comprendere il senso della vita.
    Mi vien da dire: buona noia a tutti!

  6. silvia ha detto:

    …osservando i miei fanciulli posso dire che la noia è spesso legata alla tremenda paura di dover far fatica…e certamente anche all’incapacità di stare soli…

    Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell’individuo dal quale volevi fuggire.
    Socrate

  7. Alessandro D'Avenia ha detto:

    Noris: grazie per la tua schiettezza.

    Antonella: non sapevo del tuo libro! Adesso me lo procuro. Prima o poi bisogna incontrarsi.

    Monica: grazie grazie grazie. Sto rileggendo Baudelaire, ma questa lettura del finale getta una luce su tutto il resto!

    Dafne: hai ragione, non rispondo spesso, perchè non trovo il tempo. Adesso mi impegnerò di più…

    Myriam: “stare con la noia e interrogarla”. Mi piace!

    Silvia: paura della fatica e incapacità di stare soli. Rilancio il tema: perchè abbiamo e hanno questa paura e questa incapacità?

  8. anna ha detto:

    Sante parole, caro Alessandro. Ho quasi 50 anni e per tutto il tempo della giovinezza mi hanno sempre inculcato in testa che il dovere, il lavoro viene prima di tutto, anche prima delle relazioni; così sono cresciuta timida ed introversa. Ora per fortuna, grazie al fatto che sono mamma di due adolescenti, sto provando a cambiare atteggiamento anche se non è facile. Ma ben venga un pò di noia nelle nostre giornate, e non dobbiamo averne paura perchè da essa affiora quella parte di noi che forse non conosciamo, come pure i nostri sogni. ciao Anna e grazie .

  9. monica ha detto:

    Sono contenta che la mia citazione ti sia stata utile! (… e grazie anche a Dafne, che ti ha spronato a risponderci!).
    Così spero di aver un po’ rimediato alla “sortita” mia e della mia amica di mercoledì scorso, all’uscita da scuola…
    A presto!!

  10. Claudia ha detto:

    La vita non è forse troppo breve per trovare anche il tempo di annoiarsi? C’è tanto da vedere, tanto da scoprire, tanto da Vivere che la noia è quasi un “insulto” alla meraviglia di tutto ciò che ci circonda.
    Spero di ricordare questa lezione ogni volta che perdo il mio solito entusiasmo, vinto dalla noia.

  11. Raffaella ha detto:

    Anche io, come Anna, ho (tre) figli adolescenti e proprio la settimana scorsa, uscendo a comprare le scarpe mi ricordavano di quando da piccoli mi dicevano: “Mamma, mi annoio…” e io rispondevo: “Beati voi, è un sentimento creativo…” e mi hanno confessato che mi avrebbero volentieri tirato un calcione… ora capiscono meglio anche se non sanno come e dove volgersi per risolvere. Spero (e prego) che possano incontrare maestri e guide perchè noi genitori, ad una certa età, possiamo amarli, esserci, ma devono trovare fuori la via. E poi torneranno.

  12. Rosy ha detto:

    Sei un grande! Grazie, perchè mi ricordi sempre ciò che è importante. Sai, ti ho conosciuto a Bergamo, per il libro…

  13. Myriam ha detto:

    Colgo al volo il rilancio del tema: perchè la paura della fatica e dello stare da soli?
    Non mi è facile ripondere, perchè ne sono esente. Fin da bambina ho sperimentato che la fatica è, letteralmente, costruttiva e che stare soli è bello e arricchente, purchè la solitudine non divenga sterile isolamento, ma spazio di dialogo con se stessi e di incontro profondo con la realtà.
    Perchè, dunque, aver paura della fatica e dello stare soli? Forse perchè ci si lascia sedurre da una certa idea di felicità, e si tenta di ostracizzare tutto ciò che le fa ombra: i divieti, le frustrazioni, i fallimenti, la fatica, il dolore, la morte. Ma queste sono e restano realtà ineludibili, sono parte integrante della vita e rimuoverle è sciocco e miope. Vanno accolte e affrontate. I cuccioli d’uomo dovrebbero apprendere questo fin da subito, con la stessa naturalezza con cui i gattini apprendono la caccia e gli uccellini il volo. L’iperprotezione nuoce gravemente alla personalità. Così come le nuocciono il caos, l’iperattività, la mancanza di silenzio. Basti dire che il contrario di Chaos è Kosmos, la Bellezza: come coglierla e gustarla se si è in perpetuo movimento, disintegrati in una miriade di contatti superficiali e dispersivi? La solitudine e il silenzio sono pace, armonia, pienezza. Averne paura significa aver paura di se stessi. Che condizione triste! E torna in mente, più che mai pressante, il monito delfico a conoscere se stessi e ad aver coscienza dei propri limiti.

  14. gabriella ha detto:

    a proposito del libro “tutta colpa dei genitori”,
    ho seguito un’intervista su radio24 con l’autrice
    e mi è piaciuta moltissimo.
    comprerò sicuramente il libro e poi ti farò sapere…
    è così difficile trovare un bel libro!
    Sulla noia ho poco da dire: non mi appartiene, sto bene con me stessa e mi piacerebbe ogni tanto potermi annoiare….

    ciao gab

  15. silvia ha detto:

    …bellle parole..
    Molto spesso per noi adulti è difficile comprendere realmente le dinamiche dei ragazzi…il loro pensare..
    Certo è che loro ci osservano e pretendono da noi coerenza, fatti e passione.
    “… la vita non si inganna…” e ancora meno i nostri meravigliosi fanciulli!

  16. antonella landi ha detto:

    Ringrazio Gabriella per le gratificanti parole di cui mi fa dono.
    Grazie davvero.

  17. prof fotografa ha detto:

    Oggi, un giovedì mattina, in II media.
    Leggiamo la prima metà del libro VII dell’Iliade: Ettore e Paride rientrano in campo, risposta al desio de’ Teucri li che li aspettavano come i marinai sfiniti attendono un vento amico mandato da dio… Il nuovo vigore porta nuovi morti e sangue e strage. Dall’Olimpo la proposta di una tregua. Ettore ferma i soldati, che si separano, e come le acque del Mar Rosso si siedono l’una in faccia all’altra. Poi lancia la sfida, consapevole che la sua morte è imminente.
    Ma “è in lutto la casa degli eroi Achei”: nessuno ha il coraggio di affrontare il prode Ettore. Se solo Nestore fosse ancora giovane e in forze… il suo discorso sveglia e sprona nove duci. La sorte infine sceglie il “nobile prence Telamonio Aiace”, trincea degli Achei, smisurato. Esultano gli Achei, fremono i troiani ed Ettore stesso.
    Una battuta a testa che rivendica la propria tempra e minaccia l’avversario è l’abbrivio di una nuova coreografia del “sanguinoso ballo di Marte”: quattro colpi a testa. Lance e massi e spade. Assalti come per fame fieri leoni. L’immenso settemplice scudo resiste ai colpi ettore, non viceversa. Ettore ferito al collo, da cui spiccia sangue, poi al ginocchio, cade riverso. Apollo lo soccorre, mentre la sera cala. Bisogna obbedire alle ragioni della notte, e i due, che duellarono con l’ira di fieri nemici, si lasciano amici, con reciproco dono e riconoscimento di stima.

    Dico solo questo: 29 ragazzi di 12 anni inchiodati per due ore alla lettura, dalla poesia della similitudine iniziale, alla furia della battaglia, alla mutua stima.

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