27 febbraio 2012

Toh, Foscolo interessa più della settimana bianca

Quando mi hanno invitato a parlare ai ragazzi che in questi giorni partecipano ai Colloqui Fiorentini, ho pensato di portare anche una delle mie classi tra i 1800 studenti di scuola superiore che da tutta Italia affollano il capoluogo toscano per assistere e contribuire a un convegno su un autore letterario. Mi è sempre sembrato paradossale che tanti ragazzi si riuniscano con dei professori in uno spazio creato e ri-creato da un classico della letteratura. Fuggono da scuola e poi ci vogliono tornare. Come mai?

Mi hanno chiesto di parlare dell’Ortis di Foscolo, autore designato per i Colloqui di quest’anno. La cosa mi piaceva meno, perché non ho mai letto per intero quel libro, accontentandomi di farlo – antologicamente – “a pezzi”. Ma nulla accade per caso e ho visto una sfida e un’occasione.

Ho deciso così di trasformare la mia comunicazione in un’avventura con i miei ragazzi del quarto anno, leggendo per intero l’Ortis in classe e scoprendo insieme a loro, come in una passeggiata con un amico, su cosa posare lo sguardo e lasciarsi sorprendere. Abbiamo anticipato lo studio di Foscolo di qualche mese e ci siamo buttati dentro la sua prosa e poesia intrisa di una musica che spesso costringe a fermarsi, quando non è troppo appesantita dalla retorica del tempo.

Ho letto «Le ultime lettere di Jacopo Ortis» ad alta voce e ci fermavamo se venivamo sollecitati da qualcosa che ci riguardava. È stata una lunga passeggiata, spesso con tratti in solitaria (il tempo non consentiva la lettura di tutto il libro in classe) ma con indimenticabili bivacchi, fatiche, scoperte. Sino alla cima, dalla quale vedevamo tutto il percorso fatto, il panorama che Foscolo ci regalava e una specie di compimento nelle nostre vite. Charles Péguy la chiamava «una lettura ben fatta»: «Una lettura ben fatta non è nientemeno che il vero, veritiero, e persino soprattutto reale compimento dell’opera, una specie di coronamento, di grazia particolare e sovrana. (…) Vi è un destino meraviglioso, e quasi spaventevole, nel fatto che tante opere di grandi uomini possano ricevere un perfezionamento, un compimento da noi dalla nostra lettura. Che spaventosa responsabilità per noi». Io amo chiamarla una lettura «responsabile», una lettura che risponde al testo letto per intero, in prima persona, con una matita in mano. Forse per questo George Steiner proponeva qualche anno fa, in ironica polemica con le scuole di scrittura creativa, l’inizio di «scuole di lettura creativa», scuole in cui si impara a leggere davvero. Questo in effetti dovrebbero fare le scuole di scrittura e la scuola in generale: insegnare ai ragazzi a leggere bene. Oggi arrivano alle superiori ragazzi che fanno fatica a leggere bene un testo ad altra voce. Quale comprensione di un testo e del mondo possono maturare senza una lettura ben fatta? Intelligenza è legere intus, leggere dentro, ma chi non sa leggere non riuscirà a penetrare la superficie del testo per leggervi dentro e incontrare nello spirito chi ha scritto quella lettera.

Questo accade ai Colloqui fiorentini, nella cornice della Firenze che foscoliamente “beata in un tempio accolte serba l’itale glorie”. Così è accaduto in classe. Non posso dimenticare quando Ambrogio ha detto: “Si doveva intitolare Jacopo Mortis”. Non posso dimenticare il momento in cui Luca ha interrotto la lettura è ha esclamato: «In fondo la letteratura tutta è un combattimento contro la solitudine», cogliendo il nucleo essenziale del romanzo epistolare foscoliano in cui lo scrivere lettere, aldilà dell’imitazione dei modelli, è la ricerca di un «tu» che raccolga i frammenti di un uomo il cui cuore e la cui mente si sono dati battaglia sino a frantumarlo e a renderlo un enigma a se stesso. Ne nasce così una confessione di stampo agostiniano, in cui però la ricerca di senso rimane senza risposta sino al gesto estremo del suicidio.

Non posso dimenticare le lacrime di Carolina, ferita dal fatto che Foscolo considerasse illusioni del cuore le cose per cui lei cerca di vivere e lottare ogni giorno. Non posso dimenticare le parole di Benedetta che faceva sue quelle di Foscolo quando traduce Pascal «Io non so né perché venni al mondo; né come, né cosa sia il mondo, né cosa io stesso mi sia. E s’io corro ad investigarlo, mi ritorno confuso d’un’ignoranza sempre più spaventosa. Non so cosa sia il mio corpo, i miei sensi, l’anima mia; e questa stessa parte di me che pensa ciò ch’io scrivo, e che medita sopra di tutto e sopra se stessa, non può conoscersi mai. Invano io tento di misurare con la mente questi immensi spazi dell’universo che mi circondano. Mi trovo come attaccato a un piccolo angolo di uno spazio incomprensibile, senza sapere perché sono collocato piuttosto qui che altrove».

Non posso dimenticare Chiara, la mia collega di storia dell’arte, che ha deciso di darmi una mano per la parte artistica e venire anche lei, portandosi dietro anche la famiglia.

Quante cose ho scoperto di Foscolo, quante cose ho scoperto di me, quante cose ho scoperto dei miei ragazzi grazie a questa lettura “ben fatta”. Che cosa è la letteratura se non un modo per origliare noi stessi quando non sappiamo o non vogliamo ascoltarci, che cosa è se non uno scoprire se i pensieri che abbiamo sono veramente nostri e per imparare a guardare gli altri attraverso le parole che fanno proprie o in cui si riconoscono?

Non potrò dimenticare soprattutto che quando ho detto che sarei andato a Firenze per una comunicazione hanno deciso di venire anche loro, benché i Colloqui cadessero nei giorni delle vacanze di Carnevale e avrebbero dovuto rinunciare alla settimana bianca. Per tornare a scuola.

Avvenire, 24 febbraio 2012

17 risposte a “Toh, Foscolo interessa più della settimana bianca”

  1. Patrizia, Acireale ha detto:

    la scuola quando diventa non uno “spazio incomprensibile” ma uno spazio-tempo per vivere e sentirsi vivi è moooolto di più di una settimana bianca (che dura appunto sette, dicasi 7, giorni di sole 24 ore!) Un’ora di lettura ti può catapultare in infiniti mondi e tempi che non si chiamano più passato o futuro.
    E se ogni città chiamasse col suo nome i colloqui che intende offrire alle menti giovani, coinvolgendo una parte di quei docenti che ancora ci credono nel loro lavoro? Quante utopie mi ispirano i tuoi articoli… ma chissà, forse un giorno, “Monti o non Monti” arriveremo a Roma (da Foscolo a Venditti il tono si abbassa, ma mi è venuto da canticchiare il motivetto…)

  2. Alice ha detto:

    Foscolo…quanto ci ho messo per consegnare il saggio breve su di lui, alla mia Professoressa? Un paio di mesi, forse (sotto la minaccia di un 2!!)… Perché nessuno ha cercato di farmelo conoscere davvero, nessuno mi aveva mai detto che “leggendolo bene” avrei potuto riscoprirlo… E come si fa a scrivere di qualcuno che non si conosce, che si è studiato solo in superficie?

    Se soltanto fossero di più i professori in grado di far appassionare, di far andare in profondità gli alunni, forse questa scuola, di cui si sente tanto parlar male, non sarebbe così in crisi!

    Grazie, perché per me sei l’esempio che le cose possono cambiare, che con la passione si ottengono ottimi risultati, sei la testimonianza che esiste ancora qualcuno che crede in quello che fa e che entra in relazione davvero in relazione con gli alunni.

  3. Arianna ha detto:

    Tornare a scuola a volte è un piacere, se questo significa poter condividere le proprie idee e impressioni con così tante persone e così diverse, su temi così importanti! Sono eventi che si dovrebbero fare più spesso. E parlo con la mia esperienza, di appassionata lettrice e aspirante scrittrice, che fino a mercoledì ancora pensava che Foscolo fosse l’autore più noioso esistente, nonostante tutto ciò che durante la stesura della tesina era emerso! Serviva proprio questo confronto, l’ascolto di tante voci importanti, tra le quali la sua, professor d’Avenia, che ci hanno trasmesso la passione per questi argomenti, e ci hanno fatto intravedere l’universo che sta dietro ai testi di questo autore che solo adesso capisco essere davvero immenso.

  4. Elena ha detto:

    Mi sento confortata, rinfrancata nella mia grande convinzione: la scuola deve insegnare a leggere (e te ne avevo già scritto lo scorso dicembre: contro le “antologie… happy hour”!)
    Insegnando nella scuola secondaria di primo grado, profondo le mie energie per far sì che i miei studenti possano arrivare alle superiori avendo fatto delle BELLE esperienze di BUONA lettura (“leggere con la matita in mano” è la mia classica, ormai proverbiale richiesta!). Devo dire che leggere in classe, insieme, per me è irrinunciabile; da lì scaturisce quel “guizzo” che muove l’iniziativa personale. Certo, a volte temo che chi mi sente dall’esterno dell’aula decida di chiamare un’ambulanza, tanto è il “cinema” che metto in piedi leggendo; certo, a volte mi imbarazzo perché mi viene da piangere per la commozione… Però, quando qualche ex alunno torna a trovarmi e mi dice che rimpiange i momenti in cui leggevamo, o che ricorda la scuola media come un’esperienza bellissima per come leggevamo… beh, in quei momenti ritorno a pensare che non vorrei fare nessun altro mestiere, perché anche per me quei momenti portano sempre qualcosa di nuovo e di straordinario!

  5. mi sento in sintonia con te. Non ho il tuo carisma, sono più vecchio di te, insegno lettere da poco tempo, ma sento la mia anima in sintonia con la tua. Anch’io leggo dal vivo la letteratura ai ragazzi, così come sto leggendo i tuoi due libri così stimolanti. sono contento che scrivi su Avvenire, io l’ho difeso per molto tempo, anche a scuola ho fatto delle battaglie per diffonderlo. Poi mi ha un pò deluso e sono passato al Giornale. perchè lo volevo più coraggioso e graffiante sulla verità. Ad ogni modo sono conte, seppure su lidi molto più placidie su rive familiari. ma combatto la tua stessa battaglia per la verità dell’essere , per l’amore di vivere e per la bellezza di esistere. Ciao, letterariamente tuo. Antonio.

  6. donata ha detto:

    Che dire della incredibile somiglianza fra i due ritratti???

  7. ely ha detto:

    Non so da che parte cominciare. Io insegno a chi non vuole imparare;i miei ragazzi non vogliono studiare nè italiano, nè storia, solo che sono obbligati, poveretti, perché il curricolo dell’istituto tecnico industriale li prevede. A loro di Foscolo e del messaggio dell’Ortis, come di tutti gli altri classici, non importa un bel niente, e men che meno sono toccati dalla mia passione o dal mio impagno, che al massimo suscitano in loro un po’ di tenerezza (o di pietà….) Ecco, magari avessi allievi come quelli che scrivono qui!! Scusate, è solo uno sfogo,ma vorrei davvero che vi rendeste conto che ci sono realtà scolastiche in cui bisogna “combattere” ogni volta che si entra in classe contro l’indifferenza e il menefreghismo. Sia chiaro,voglio bene ai miei ragazzi, tengo a loro, mi do da fare, è solo che non basta. E io non so più se continuare a fare questo lavoro o no.

    • Monica ha detto:

      Ciao Ely, anche io sono stata ai Colloqui (esperienza bellissima: se clicchi sul mio nome, trovi la pagina che ne parla). Però sono d’accordo con te: non tutto va bene per tutti, o va bene sempre. E forse Foscolo non sarà mai uno degli autori che toccherà certi studenti. Ma credo sia impossibile che i ragazzi non siano mai colpiti da nessuna esperienza di lettura, o di comunicazione di sè. Credo invece che si debba continuamente “spiare” il punto in cui far breccia, e attendere che accada. Per questo, occorre quel che mi sembra tu abbia già: il tenerci a loro. E poi, far squadra con chi non ha ancora gettato la spugna…
      Io faccio il tifo per te!

    • SILVANO ha detto:

      Cara Ely, anch’io insegno a ragazzi che hanno il solo scopo di terminare i dieci anni di obbligo scolastico e nessuna voglia di leggere o studiare. Capisco le tue perplessità di fronte ai successi altrui. Sono le mie perplessità.Io sono felice che ci siano giovani capaci di appassionarsi a Foscolo o a Dante o alla filosofia o a qualsiasi “progetto” costruttivo, bello e comune. Sono il nostro futuro. Non sono purtroppo i ragazzi che ho davanti io tutti i giorni e nemmeno quelli che hai tu, immagino. Oppure io e te non siamo abbastanza “docenti” nel senso etimologico del termine.In un certo senso bisogna accontentarsi e complimentarsi con chi riesce a guidare buoni giocatori e cogliere belle soddisfazioni.Come si dice: “noi.. si naviga in altri mari e si arriva in porti meno eleganti”. Con simpatia..

      • ely ha detto:

        Silvano, grazie del tuo commento e della tua solidarietà.Non lo so, forse sbaglio io a incaponirmi su parafrasi, analisi del testo, temi argomentativi e analisi logica e del periodo,anziché proporre attività più creative e divertenti, ma mi sento in dovere di insegnare ai miei ragazzi a usare bene la lingua italiana, anche se esercitarsi è noioso e difficile.

        • alberta ha detto:

          Cari Ely e Silvano, io ho 24 anni. A scuola avrei fatto parte di quella categoria di fortunati studenti “dilegenti” simili a quelli cui insegna Alessandro. Sicuramente mi sarei presa benissimo per ogni proposta alla scoperta di letteratura, bellezza, ecc. Sono stata molto fortunata. Ho avuto tanta ricchezza intellettuale, tanti stimoli, così da poter assaporare la bellezza in più parti. Spesso dipende anche dalla fortuna di avere famiglie attente, benestanti, alle spalle (la mia certamente lo è, anche se i miei non sono grandi eruditi: però da piccola mi portavano ai musei). Il mondo in cui insegnate voi mi è molto più lontano, come lo è rispetto alle classi del proprietario di questo blog. Ma è REALE, molto più reale a volte di questa “riserva indiana” dove tutto è facile, tutto è bello, gli alunni si interessano all’Ortis e se sono “problematici”…non lo sono mai quanto i ragazzi che educate voi. Soprattutto però i vostri ragazzi hanno la stessa DIGNITA degli altri. Io non è che sia meglio o più meritevole perchè ero una studentessa diligente: lo sono potuta essere perchè ho ricevuto tantissimo in talenti, famiglia, insegnanti, stimoli, fiducia, gente che ha creduto in me. Credo che i vostri allievi siano più “poveri” nel senso non abbiano così tanto mondo che sta dietro loro, che ha a cuore il loro bene…
          Voi ci siete però. Voi, che – si legge! – li amate, siete appassionati, anche se scuotete il capo impotenti di fronte a certe situazioni in cui non si trova il chiavistello per entrare.
          Don Milani diceva che: “Ogni parola in meno che conoscete, è un calcio in culo in più che nella vita prenderete”. Grazie per le parole in più che voi provate a trasmettere, anche se con tanta fatica!
          Continuate!
          Un caro saluto,

          • alberta ha detto:

            …a proposito di sentirsi una spanna sopra gli altri…ho scritto diligiente senza i!!! Ahi ahi! Ben mi sta! 😉

  8. Monica ha detto:

    Sono lieta di leggere questo articolo, dimostra che, per qualcuno, crescendo, le cose cambiano e il buon lavoro di tanti bravi insegnanti non va sprecato.
    Tuttavia, non credo che sul totale degli studenti quelli che preferiscono Foscolo alla settimana bianca siano la maggioranza, allo stato attuale delle cose credo invece che siano la netta minoranza…ma non si tratta di fare i ragionieri, per cui va bene così!
    Se posso permettermi un appunto da avvocato del diavolo…è bello osservare quanto descritto, ma è anche un po’ triste che ci si debba stupire di quanto la letteratura possa appassionare, come a dare per scontato, invece, il contrario. A me sembra invece strano che certi scritti, certe vite, certi autori, certe opere d’arte siano arrivati a non trasmettere più nulla, a lasciare indifferenti gli studenti ed è su questo che mi interrogo. Non so davvero come possa succedere che si rimanga indifferenti a tanta bellezza, che parla da sola!! E proprio perchè parla da sola, non venitemi a raccontare la favoletta che dipende da chi te la spiega, questo certamente aiuta (per cui, insegnanti, rinnoviamo ogni giorno la passione per la nostra materia), ma se anche nessuno te lo spiegasse Foscolo, Dante, Leopardi, ma persino Cartesio o Newton non possono lasciare indifferenti!!
    E poi sì, saper leggere è il primo passo e quello che mi atterrisce è come non ci si vergogni di non saperlo fare, avendo la possibilità di impararlo e gli strumenti per farlo…quando sento alcuni ragazzini leggere mi viene il sospetto che non siano in grado neppure di ordinare il panino da McDonald’s, ma a loro sembra non importare granchè…

  9. morena rosciani ha detto:

    Caro Alessandro,
    oggi nella mia quarta di ragionieri dovevo iniziare Foscolo. Sapevo dei Colloqui e della tua partecipazione. Non sai con quale trepidazione aspettavo un tuo commento e quando ho visto l’articolo su Avvenire mi sono detta: “Comincio da qui”.
    Grazie per accompagnarci in questa passeggiata “sovra le stelle”.
    P.S. l’anno prossimo i miei ragazzi vogliono venire ai Colloqui fiorentini ma prima ti aspettano a Loreto!!!

  10. Noemi ha detto:

    L’ho detto e lo ripeto: quanto vorrei aver avuto un prof come te!! E’ importante, direi essenziale, che i professori sappiano far appassionare i proprio studenti!!

  11. alberta ha detto:

    Nella vita faccio tutt’altro, studio l’appassionante e umanissima, pragmatica Medicina.
    Ieri sera però sono andata a letto presto e mi sono svegliata all’alba con il dito nel libro come Teresa. Non avevo mai letto Jacopo Ortis, grazie per lo spunto. F-a-n-t-a-s-t-i-c-o! Ritornano parole, che sanno di polvere liceale, come “titanismo”, “illusioni foscoliane”… Ma libere dalle briglie delle presuntuose antologie. Chi l’avrebbe mai detto? Appassionato, disperato, solitario, ironico, colto. Capisci che Foscolo è un grande della letteratura non perchè si studia a scuola… o meglio capisci quale sarebbe lo scopo originario dello studiarlo a scuola. Lo senti uomo come te, compagno, fratello o anche no, umano come Plauto e Jovanotti!

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