29 febbraio 2012

Non è la pagella che promuove un prof

New York rende pubbliche le valutazioni dei prof: una soluzione non priva di rischi

Dare la pagella ad un insegnante è quello che – da studenti – abbiamo sognato tutti, solleticati dalla cattiveria di far sperimentare agli altri le pene che hanno inflitto a noi. Credo che ciò che è accaduto in alcuni istituti di New York non sia una grande novità per il nostro Paese. Non solo perché in alcune scuole gli studenti danno pubblicamente i voti agli insegnanti, ma soprattutto perché i voti li danno le infallibili mamme italiane. Il loro passaparola sull’effettiva validità di un docente di rado non va a segno, anche se un sistema siffatto è un correttivo inadeguato e si presta a comprensibili improvvisazioni. Non è un caso che mi capiti spesso di ricevere richieste da parte di genitori sulla scelta di un istituto e spesso mi trovo in imbarazzo.

Non si può più consigliare «una scuola» tout court, per semplice nomea e tradizione, ma bisogna andare a caccia della sezione o addirittura del singolo insegnante.

Il polverone che si è sollevato evidenzia però un’esigenza che nasce dal basso e che non può più essere elusa nella Scuola di oggi: le famiglie vogliono poter scegliere gli insegnanti dei propri figli e chi non vuole il meglio per i propri figli? Per scegliere un albergo o un ristorante leggiamo i giudizi degli avventori sui siti ad hoc, come facciamo per mille altre cose. Le famiglie vogliono conoscere chi scelgono. In uno Stato veramente democratico credo debba essere data sempre di più la possibilità di scelta ai cittadini e questo vale tanto più per l’istruzione, che non è solo una trasmissione di contenuti, ma un vero e proprio percorso di crescita umana in una fase delicata della vita come lo sono infanzia e adolescenza. Non si può improvvisare, non si può scegliere per fama, e deve essere data a tutte la famiglie la possibilità di scegliere, indipendentemente dal reddito.

Allo stesso tempo bisogna però considerare la limitatezza di un giudizio affidato esclusivamente ai risultati degli studenti (come è accaduto a NY): un professore può trovare classi con ragazzi più o meno dotati. I risultati, dato puramente quantitativo, non tengono in considerazione o sottovalutano aspetti più ampi della «storia» di un docente e della sua classe, che possono attraversare periodi di deserto prima della terra promessa. Un professore costruisce un percorso nel tempo, proprio con quegli studenti, e decide di raggiungere certi risultati secondo una gradualità che sfugge ai criteri di qualità delle aziende, valutate sulla base della correttezza delle procedure. Gli uomini sono uomini, non procedure.

Un professore potrebbe vedersi attribuire un punteggio scarso, per motivi che vanno al di là delle sue effettive capacità, qualsiasi insegnante questo lo sa bene. E comunque gli basterebbe gonfiare i voti per star tranquillo… La scuola non è certo come un ristorante, e se non basta il giudizio del cliente su una cena per licenziare il cuoco, figuriamoci in un ambiente di lavoro come la scuola, che è una relazione nel tempo, fatta anche di persone con le loro fragilità, cambiamenti e auspicabili miglioramenti.

Non sto proponendo di creare una casta di invalutabili, ma di considerare chi e che cosa valutare. Cosa si chiede all’insegnante di Francesco? Amare e conoscere la materia, amare e conoscere Francesco, amare e conoscere il modo in cui insegna la sua materia a Francesco. Sempre di più. Solo valutando adeguatamente queste tre aeree sarà possibile ottenere un giudizio sulla qualità di un docente: non basta il suo curriculum (un dottorato può non essere significativo per essere un buon insegnante), non basta essere stato tante ore in classe (l’età non è criterio né necessario né sufficiente), come è stato fino ad ora in Italia. Non basta un concorsone per fare un docente. Non basta l’età per fare un buon docente. Non basta un gruppo di studenti per valutare un docente. Non possiamo ridurre un insegnante, che ha studiato e lottato per un posto alla «costumer satisfaction» o alle procedure valide per le certificazioni di qualità per i prodotti materiali, ma occorre lavorare a monte. Credo che i nuovi percorsi di tirocinio e specializzazione (Tfa), sperando vengano presto attivati, rendano possibile tutto questo e si trovi finalmente un sistema alternativo al famigerato «punteggio», che riduce la meritocrazia della scuola al solo criterio di anzianità.

Non abbiamo bisogno di pagelle, ma di una Scuola fatta da docenti che abbiano ottenuto nel loro percorso di preparazione quello che pretendono dai loro allievi: voti alti. Il resto lo impareranno strada facendo, come in ogni professione.

La Stampa, 27 febbraio 2012

19 risposte a “Non è la pagella che promuove un prof”

  1. Paola ha detto:

    Sono una mamma di quattro figli di 15, 13 e due gemelli di 6 anni e la mia casa somiglia molto alla casa di Marina in “Cose che nessuno sa”. Siamo una felice famiglia numerosa ed io da quando sono nati i “piccoli” ho scelto da fare la mamma a tempo pieno per seguire i figli “a tempo pieno” visto che sono convinta che essere genitore è un lavoro meraviglioso.
    Proprio la mia presenza costante mi ha permesso

  2. Ste ha detto:

    Ciao Alessandro..ci si è incrociati nella tua presentazione a Bologna…
    Sono d’accordo con te: la partenza devono essere “i voti alti”.
    ..e allora penso che lascerò perdere la scuola, nella quale sono dal 2008 come docente precario e da oltre 10 anni come esperto esterno con percorsi scientifici, alimentari, e simili..
    Lascerò il posto a chi è ben preparato, a chi sa le formule, a chi conosce la logica matematica..in fondo è giusto così: la scuola quello deve insegnare..
    Io mi son dedicato di più alla didattica e alla comunicazione delle scienze, con tesi di laurea e dottorato sulla tutela e valorizzazione dei beni geologici, e un master sull’educazione ambientale..
    Dopo tanti anni dalla fine di università e superiori molte formule e particolari dei test d’ingresso (peraltro totalmente avulsi dai programmi che poi si insegneranno…)non li ricordo..e non so se mi metterò a ristudiarmeli, visto che anche quest’anno ho avuto il posto a scuola e il tempo è poco..
    Cedo il posto a chi ha i voti alti..io continuerò a lavorare vagando per boschi a raccontare favole alle scolaresche che verranno a trovarmi.. 😉

    Ah, un’ultima cosa. La scorsa settimana ho avuto la fortuna di donare il midollo osseo per una bambina.. Mi sei subito venuto in mente.. Ti chiedo questo, visto che tu sei, a pieno titolo, così seguito: potresti promuovere la donazione di midollo? Lo so forse è una richiesta stupida..ma mi piacerebbe che sempre più “Bianca come il latte Rossa come il sangue” finissero con Beatrice che riprende la realizzazione dei propri sogni..
    Un abbraccio e grazie per le emozioni che ci regali.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Caro Ste, pensa che nel film che stiamo realizzando a partire dal libro, abbiamo puntato molto sul tema donazione di midollo. Avrai delle sorprese. Se mi segnali come fare lo faccio volentieri.

      • Ste ha detto:

        Non vedo l’ora che esca, davvero! Per poterlo usare nelle scuole e non solo!
        Sul come fare..di certo sei più bravo di me in questo! Io mi sono accorto che semplicemente parlando di quello che mi è successo, varie persone si sono iscritte al registro.. Ecco, penso che il parlare di quanto sia semplice donare e del fatto che davvero si possa tentare concretamente di salvare una persona possa essere un utile strumento!

  3. Paola ha detto:

    Sono una mamma di quattro figli di 15, 13 e due gemelli di 6 anni e la mia casa somiglia molto alla casa di Marina in “Cose che nessuno sa”. Siamo una felice famiglia numerosa ed io da quando sono nati i “piccoli” ho scelto da fare la mamma a tempo pieno per seguire i figli “a tempo pieno” visto che sono convinta che essere genitore è un lavoro meraviglioso.
    Proprio la mia presenza costante, ovvero fatta con parecchio tempo a disposizione, mi ha permesso di scoprire come era andata la giornata a scuola di mia figlia maggiore che nei tre anni di scuola media ha dovuto subire atti di bullismo psicologico. Quante lacrime le ho asciugato, quanto volte l’ho consolata.
    E quando sfinita mi sono rivolta alla dirigente dell’istituto perchè il 90% dei suoi insegnanti non aveva ancora compreso la solitudine e la sofferenza di questa povera figlia, i professori se la sono presa con me.
    Mia figlia ha grazie a Dio un carattere forte ed è riuscita a dare il meglio di sè.
    E’ stata promossa con 10 e lode, l’unica nella sua classe, e per lei è stata una rivincita sui suoi compagni ed anche sui professori che solo nell’ultimo mese di scuola avevano finalmente capito di che pasta erano fatti i loro alunni.
    Ora la pagella ai professori io non la darei perchè sono convinta che dalle difficoltà e dalle delusioni si impara a crescere però una cosa la vorrei proporre.
    Perchè anche i professori non si prendono un’ora ogni tanto per parlare con i ragazzi? Perchè non li prendono uno per uno e ci parlano, come un genitore fa con il proprio figlio …
    Magari non finiranno il programma ma sul lato umano i ragazzi avrebbero “amici” adulti dei quali potrebbero fidarsi e con i quali potrebbero confidarsi.
    PER IMPARARE A CRESCERE SENZA FARSI TROPPO MALE.
    Ciao Paola

  4. Marta ha detto:

    Che bella la tua conclusione, mi trovi pienamente d’accordo. Certo, per realizzare questo tipo di scuola bisognerebbe avere una maggior consapevolezza dei propri mezzi, sia noi come studenti che i docenti che stanno dall’altra parte della cattedra. Non la credo un’utopia, ma una realtà alla quale dobbiamo tendere il prima possibile e concretizzarla quanto prima. Non è un processo semplice, ma si può fare!

    PS: purtroppo non potrò assistere al tuo incontro nella mia città, a Trento. Sarà sicuramente un incontro memorabile, ma ti leggerò sui quotidiani e magari, in un tuo post qui.

  5. Monica ha detto:

    Condivido…e aggiungo due postille:
    1.Il metodo di valutazione degli alunni è (o dovrebbe essere) meritocratico, ma noi insegnanti siamo invece valutati su base meramente burocratica…mi chiedo sempre come possano delle semplici graduatorie essere esaustive di come impiego il tempo a scuola.
    2.Riguardo la valutazione da parte di alunni e genitori…sì, va bene, ma permettetemi di diffidare dei criteri utilizzati, che valutazione degli insegnanti può dare chi mi dice che manderà il pargolo (certificato e con evidenti e grossi problemi)al liceo perchè, frequentando l’alta società, non è permesso fare diversamente? Oppure chi sostiene che non gli interessa la condotta del figlio, ma solo che abbia voti alti? E quanto sarà attendibile il giudizio di quello che ha spezzato un dito al suo compagno per il gusto di farlo?

  6. Irene ha detto:

    Caro Alessandro.. leggendo questo articolo si fa sempre più intenso il mio bisogno di fare una domanda a lei che oltre ad essere uno scrittore pieno di talento è anche un appassionato professore che ama i suoi alunni: dopo cinque anni di scuola superiore, i professori conoscono i propri alunni?
    So per certo che riuscirà a comprendere il senso della mia domanda, dal momento che riesce a far trasparire a chi legge i suoi scritti, l’amore per il suo lavoro e soprattutto l’amore per i suoi alunni..tutto questo è ammirevole!

  7. Chiara ha detto:

    Condivido pienamente quello che hai scritto! Lo stesso discorso vale anche per l’università italiana!
    Potrebbe essere utile strumento di riflessione per l’Anvur e il MIUR…

  8. Melissa da Prato ha detto:

    Non sono d’accordo. Non è vero che gli alunni giudicano la bravura di un professore in base alle valutazione più o meno alta che da ai suoi allievi e ne ho la conferma avendo vissuto personalmente questa esperienza. Io avevo (e ho ancora…)una professoressa che dava i voti a caso non tenendo conto della meritocrazia e considerando tutti allo stesso livello, praticamente in termini di “generosità generalizzata” dava a tutti come minimo 8 e 9 e inoltre durante le sue ore non si faceva mai lezione … questo all’inizio alimentò l’entusiasmo della classe ma subito dopo ci rendemmo conto che non studiando più quella materia perchè tanto si sapeva di ricevere bei voti comunque e non avendo spiegazioni sugli argomenti da studiare alimentavamo le nostre lacune, lacune che adesso dovranno fare i conti con l’esame di maturità che dovremmo affrontare quest’anno…al contrario di come tutti petevamo pensare, invece di stare zitti, prenderci gratuitamente valutazini altissime, non lavorare in classe e considerarci fortunati per avere una prof che non ci faceva fare niente, decidemmo di parlare con questa prof per spiegarle la faccenda e lei per ringraziarci ci offese e ora per ripicca ci assegna ingiustamente voti bassissimi…morale della favola, dopo 3 anni con lei non siamo pronti ad affrontare l’esame, abbiamo alzato un polverone che abbiamo scoperto essere condiviso da molti ma nessuno alla luce del sole ci ha appogiati in questa “battaglia”, ci siamo presi ingiustamente le conseguenze di ciò, darante la sua ora continua a non spiegare e continua inperterrita a non fare il suo lavoro…Raccontando questo ho voluto far capire che se gli alunni avessero la possibilità di dare una pagella ai propri prof, moltissimi di questi casi sarebbero risolti ed eliminati…capisco le perplessità riguardo all’oggettività che gli alunni dovrebbero usare nel dare un voto ai prof, ma penso che se le pagelle le facessero i ragazzi dell’ultimo anno, da un lato i ragazzi non avrebbero la paura di avere delle ripercussioni scolastiche per essere stati onesti e sinceri nella valutazione e non si farebbero corrompere dai prof nel dare un bel voto in cambio di favoritismi, mentre dall’altra i prof non temerebbero giudizi ingiusti data la maturità dei ragazzi e data la conoscenza approfondita con questi…se poi un prof non è d’accordo vuol dire cha ha la coda di paglia…

    • Prof 2.0 ha detto:

      Buona proposta, sensata e condivisibile. Io mi chiedo perché non si possa fare niente di fronte a queste situazioni e perché viga una specie di omertà diffusa…

    • Elena ha detto:

      Non sono d’accordo sulla conclusione dell’articolo: la mia esperienza di liceale può confermare che un professore non si definisce valido dal suo precedente “curriculum scolastico”, ma dalla passione (e quindi dall’efficacia) nell’insegnare ai suoi studenti la materia che lo appassiona tanto. Non eri proprio tu a dirlo, nell’articolo pubblicato su Avvenire all’inizio dell’anno scolastico? Io potrei portare molti esempi di professori che magari hanno alle spalle un brillante percorso di studi, ma che non sono in grado di coinvolgere i propri alunni nelle loro lezioni. Inoltre, così come oggi spesso gli alunni ricevono voti che non rispecchiano le loro effettive conoscenze, cosa ci fa pensare che tale sorte non sia toccata in passato anche ai professori stessi? Penso che non esista un vero e proprio criterio oggettivo per valutare i professori, ma che di certo non ci si possa basare sui giudizi che un tempo altri professori hanno dato loro. E poi non credo che lo scopo di un insegnante sia pretendere voti alti dai propri alunni…o sì?

      • Prof 2.0 ha detto:

        Se leggi bene dico proprio che serve preparazione e poi il resto si impara sul campo. Non basta quella, ma è indispensabile.

        • Elena ha detto:

          Sono perfettamente d’accordo; intendevo solo dire che l’equazione voti alti=buona preparazione spesso non è così valida.

  9. Luca ha detto:

    Ciao Alessandro
    Io sono uno studente di terza media e penso, come tutti gli studenti credo, che a volte sia utile che un alunno valuti il professore, non per vendetta di un voto basso o di una nota, solo per far notare al prof. gli errori che compie durante le sue ore di lezione. E poi non sono d’accordo sul fatto che a un prof. basta solo gonfiare i voti per star tranquillo perchè se non si sa come prendere una classe, è inutile anche dare 10 a destra e manca.
    Sai a volte la scuola è come la guerra, in questo senso:
    si fatica al momento per avere un buon futuro un domani.
    Detto questo ti saluto,
    Ciao

  10. Antonella ha detto:

    Dunque… vorrei raccontare un po’ la mia storia:
    ho fatto (dovrei dire “feci”, visto il tempo che è passato, ma non mi viene) una maturità da schifo (voto basso), mi sono decisamente ripresa con l’università (anche se io credo che molte volte un buon voto dipenda anche dalla fortuna) e poi, non per vocazione ma perché era l’unica cosa che potessi fare, mi sono messa a fare supplenze. Con i titoli che avevo potevo farne alla scuola dell’infanzia o primaria. Lavoravo già da qualche anno, quando sono entrata in ruolo alla scuola dell’infanzia. Mi piaceva… in qualche modo anche lì riuscivo a mettere in atto la mia passione per lettura e scrittura… sarei passata alle elementari, ma l’evoluzione verso l’insegnante prevalente non mi piaceva (non sto giudicando la cosa dal punto di vista degli alunni, ma dal mio… io mi sentivo negata per le materie scientifiche e le avrei insegnate male). Non convintissima, ma su suggerimento di un’amica che mi diceva che avrei potuto insegnare ciò che avevo studiato, ho fatto domanda di passaggio di ruolo alla secondaria di primo grado… e l’ho ottenuto.
    Tutto ciò per dire cosa? Che mi sono ritrovata a riprendere in mano cose che non studiavo più da anni, che ancora adesso ripeto ad alta voce la lezione che terrò il giorno dopo, che ho imparato o reimparato tanto, ma che ci sono ancora tante cose che non so!!!
    Perché ho voluto dire tutto questo? Perché credo di essere la dimostrazione che davvero non si può mai dire. Passione per quello che faccio (anche se a volte mi pare non ne valga la pena), tanta curiosità e volontà di imparare e desiderio di migliorare (pur con il dubbio che, andando avanti con gli anni, le energie verranno meno)… questa sono io.

  11. gingi ha detto:

    La valutazione dei prof. Una bella questione.
    Partirei innanzi tutto dalla formazione dei prof. Sapere bene la propria disciplina non basta, non ti offre gli strumenti per operare nella realtà scolastica, o meglio con i bambini e gli adolescenti di oggi. Quindi occorrerebbe una formazione pedagogica e psicologica approfondita, un percorso motivazionale in cui provi a capire prima , aiutato da altri, perché vuoi fare l’insegnante, un tirocinio serio con un valutatore esperto di gestione della classe e della relazione che ti segua passo passo dandoti consigli utili ed evitandoti gli errori più grossolani e poi una sua relazione che abbia peso, non la solita tiritera scritta o espressa da colleghi di ruolo che non dirànno mai la verità, o per incapacità o perché non si toccano i colleghi. Poi ogni quattro anni di nuovo un percorso e una valutazione. Perché il tempo non sempre è galantuomo. Poi l’anno sabbatico per tutti e l’aggiornamento degno di questo nome e gratuito. Bisogna avere qualità particolari per insegnare, non tutte classificabili. Ma di certo ognuno di noi sa o ricorda bene quali siano stati gli insegnanti migliori e quali quelli peggiori e anche perché.
    E s e vuoi una lista:
    uno stipendio europeo
    classi di non più di 15 alunni
    uno psicologo scolastico fisso
    attrezzature, arredi ed edifici che facciano capire che anche lo stato ci tiene alla scuola
    la filosofia fin dalla materna
    arte a volontà
    yoga o thai chi nell’ora di educazione fisica…

    stasera sono un vulcano di idee!
    Anche se un buon maestro ha bisogno soprattutto di strumenti interiori e tanta passione.
    G.S

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