25 aprile 2012

Ho amato come mi è stato possibile

Lettere di condannati a morte della Resistenza europeaIn occasione della festa di oggi mi è tornato in mente che qualche anno fa, perso tra i libri di una di quelle bancarelle dell’usato incastonate in una piazza romana, sono stato scelto da un libro che si intitola “Lettere di condannati a morte della Resistenza europea” e raccoglie le ultime righe scritte da coloro che si opposero al regime nazista e fascista. Quel libro mi affascinò non solo per il tema, ma perché mi interessava leggere cosa c’è nel cuore dell’uomo che sa di andare alla morte per una causa giusta, indipendentemente dal fatto che creda nella vita dopo la morte (paradossalmente in queste lettere coloro che non credono in Dio scrivono righe indimenticabili di fiducia nella sopravvivenza: “mi considero un un po’ come una foglia che cade dall’albero per fare terriccio: la qualità del terriccio dipenderà da quella delle foglie” ). Per questo ho deciso di condividere con voi alcuni stralci di lettere.

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Tra queste una di quelle che mi colpì in modo particolare è finita in una lezione del Sognatore in “Bianca come il latte, rossa come il sangue” (p.134). Di quella lettera ora voglio riportare qualche riga in più, in occasione della festa di oggi:

4 agosto 1944

Babbo e mamma, sono sereno in quest’ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti. Solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte. 1° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l’anima. 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti: aver nascosto la radio.

Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio, io che non ho voluto vivere che per l’amore. Dio è amore e Dio non muore. Non muore l’Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro… E’ l’ora del grande perdono di Dio. Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l’intero mondo rovinato dal peccato. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati.

Conservatevi tutti nella grazia del Signore Gesù Cristo – perchè questo solamente conta quando ci si trova davanti al maestoso passo della morte – e così tutti vogliamo rivederci e starcene indissolubilmente congiunti nella gioia vera e perfetta della unione eterna con Dio in cielo.

Aldo Mei, 32 anni, sacerdote

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Mimma cara,

la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia e ubbidisci sempre agli zii che t’allevano, amali come fossi io.

Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una sola cosa: studia, io ti proteggerò dal cielo.

la tua infelice mamma

Paola Garelli, 28 anni, parrucchiera

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Cari amici,

dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa? Noi stessi. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo nei nostri mali. Qui sta la nostra colpa: come mai, noi Italiani, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola? che cosa abbiamo creduto? creduto grazie al cielo niente, ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente. Questa ci ha depredato e questo è il lato più roseo io credo. Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale, la mentalità di molti di noi. Credetemi la “cosa pubblica” è noi stessi. Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo insomma.

E se ragioniamo il nostro interesse e quello della cosa pubblica finiscono per coincidere. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante. Perchè da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri. Se non ci appassioniamo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente oggi, quella ripresa che speriamo, a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile. Come vorremmo vivere domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto più sapere!

Giacomo Ulivi, 19 anni, studente di giurisprudenza.

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Liana amatissima, mia gioia, mia vita,

c’è una grande sete nel mio cuore, in questo momento, e una grande serenità. Non ti rivedrò più Liana, mi hanno preso, mi fucileranno. Scrivo queste parole sereno d’animo, e col cuore spezzato nel medesimo tempo per il dolore che proverai. Io riposerò vicino a te, sulla tua spalla, nel tuo animo, ogni notte per tutta l’eternità. Mio bene, tanto cara, ho mille scuse da chiederti per le gentilezze che non ho avuto per te, che meriti tanto per tutto…

La mia ultima parola sarà il tuo nome, il nome inciso sulla fede che ti mando.

Vieni soltanto ogni tanto sulla mia tomba a portarvi uno di quei mazzettini di fiori campestri che tu sapevi così ben combinare. Non m’importa di perdere la vita perchè ho avuto il tuo amore prezioso per quasi tre anni ed è stato un gran dono. Muoio contento per essermi sacrificato per un’idea di libertà che ho sempre tanto auspicata.

Tuo per sempre.

Giovanni Vincenzi, 36 anni, segretario comunale

16 risposte a “Ho amato come mi è stato possibile”

  1. Volpe ha detto:

    Salve Prof! Anche a me il tema della resistenza ha sempre colpito molto tanto che all’esame di maturità portai le storie della Rosa Bianca e del Circolo di Kreisau: due organizzazioni nate in Germania e che hanno con tutti i mezzi a loro disposizione lottato contro il regime nazista fino a dare la vita.
    Ritengo importante che nelle scuole si cominci a parlare delle forme di resistenza nate in Europa e ritengo ancora più importante sottolineare che la lotta ai regimi non ha sempre il colore rosso del sangue, ma spesso e volentieri quello nero dell’inchiostro dei volantini; sicuramente meno eroico ma di certo altrettanto incisivo.
    Vorrei scrivere ancora molte cose su questo argomento a me così caro! Per ora le consiglio, se queste storie l’hanno colpita, di cercare le vicende di Helmut von Moltke e di Alfred Delp.

  2. Daniela ha detto:

    Sono senza parole… Sto piangendo e non capisco neanche perché! Forse perché mi emoziono davanti alle persone che sanno morire che solo quelle che sanno vivere. Un connubio tra forza e debolezza! Grazie mille professore Per l’opportunità!

  3. Cristiano ha detto:

    Volevo ringraziarla per queste lettere che ha voluto condividere, sono tutte belle e toccanti, non ci permettono tranquillità…e chiedono il senso della nostra vita.
    Penso che quella di Giacomo Ulivi, lo studente universitario, sia attualissima, tanti oggi vogliono sapere, devono sapere, per essere maggiormente responsabili, per affrontare questa crisi, morale, politica, sociale che stiamo affrontando che è forse brutta come una guerra. Abbiamo perciò bisogno di Maestri che sappiano dire, sappiano spiegare, sappiano farci vedere la strada giusta da percorrere per poter combattere contro il male di questo secolo che ci attanaglia (la crisi).

  4. fr. Alfredo ha detto:

    Mi sorprende come tutte le lettere, sebbene di persone diverse, sembrino avere un unico leitmotiv: la speranza. E credo che vi sia un’unica, grande “Liberazione”: l’uomo e il peggior nemico non possono fare male quando si vive e si muore con la coscienza di aver amato una persona, un ideale, il mondo stesso.

  5. francesco ha detto:

    Caro Alessandro,bellissimo ma questa ricorrenza mi fa pensare sempre che noi siamo stati liberati e che noi dovremo liberare.Ogni giorno muogliono 26000 bambini di fame e noi presi dai nostri mille problemi non facciamo nienti per liberli dalla schiavitù della fame.Se è vero che la qualità della terra dipende dalla qualità della foglia che cade per i molti bambini che muoiono allora non ci sono speranze,perchè pensiamo solo a noi stessi.

  6. Maria Rita Tarantino ha detto:

    Uno dei personaggi che riporti Alessandro, Giacomo Ulivi, è stato proprio citato oggi nel discorso del Presidente Napolitano.
    Lo sentivo alla radio. E ad un certo punto citando proprio Ulivi nel passaggio “la cosa pubblica è noi stessi” si sentiva in lui una forte commozione, racchiusa poi nelle parole che ho ritrovato “[…] il messaggio di quel giovanissimo eroe non restò isolato né vano. Se fu possibile far rinascere l’Italia, lo fu perché moltissimi, sull’onda della Liberazione, si avvicinarono alla politica, non considerandola qualcosa di sporco, ma vedendo la cosa pubblica come affare di tutti e di ciascuno”.
    Ecco sarà importante riprendere a scuola queste testimonianze, ricordando ai nostri ragazzi come il sacrificio di chi ha creduto nella Libertà e nella Giustizia ci ha reso nel tempo uomini e donne migliori. Perchè non sia mai vano!

  7. Cristina Z. ha detto:

    Sono testimonianze toccanti e profonde. Eroiche per il coraggio con cui queste persone accettano la morte per difendere ciò in cui credono, nella speranza che il loro sacrificio non sarà vano. Eppure ciò che le rende sconvolgenti ai miei occhi è il contrasto tra la fine incombente e le raccomandazioni circa la vita quotidiana. Quasi che la morte, seppure mistero grande e impenetrabile, non sia altro che una delle “cose” della vita, un’eventualità contemplata. Eppure si tratta di persone comuni, non certo di filosofi stoici. Forse davvero avvicinandosi alla fine, spogliati di tutto e ingiustamente condannati si comincia a comprendere il Mistero…

  8. Marisa ha detto:

    «…sono stato scelto da un libro che si intitola “Lettere di condannati a morte della Resistenza europea” …»

    E’ proprio vero che talvolta i libri ci scelgono. Se questo che citi ha scelto te è senz’altro perché hai quella sensibilità e delicatezza d’animo in grado di comprendere fino in fondo le a volte strazianti a volte rassegnate a volte pacate testimonianze di chi ha dato la vita sperando in un mondo migliore. Anch’io, come Maria Rita, sono rimasta colpita dalle parole di Giacomo Ulivi. Non sapevo che oggi Napolitano l’avesse citato. Grazie a lei per l’informazione.
    Quanta attualità nelle parole di Giacomo, diciannovenne condannato a morte! Forse sarebbe il caso di ascoltarle.

  9. Clotilde Troise ha detto:

    Solo chi sa vivere sa morire e riesce a passare il testimone ai suoi cari per giungere alla meta.
    Clotilde

  10. marco ha detto:

    Caro alessandro,mi permetto di suggerirti un libro se ancora non l’hai letto molto impressionante: S’intitola Jacques Fesh,e’l’avventura della fede di un condannato a morte…

  11. Clara Schilirò ha detto:

    Io e mio marito abbiamo commemorato il 25 aprile a Sant’Anna di Stazzema. Il museo della strage e le testimonianze delle vittime sono…da brivido!Le stragi e la ferocia delle truppe Nazi-fasciste non possono essere dimenticate… è per questa ragione che ho partecipato con passione alla celebrazione di questa Festa di Liberazione; è nostro dovere far sì che nulla di tutto ciò possa ripetersi. Penso che aldilà dei colori politici e delle credenze religiose ogni uomo sia uguale davanti alla morte; è la dignità nell’affrontarla, è il riconciliarsi con la morte stessa, che fa la differenza. Non possiamo distrarci o fare gli indifferenti davanti allo strazio, e alle vittime innocenti che la Dittatura Nazifascista ha causato. E’ stato importante ritrovarsi uniti attorno alle radici autentiche della nostra democrazia e del futuro: Antifascismo, Resistenza, Costituzione. I partigiani e il popolo che li ha sostenuti, uniti nella loro diversità, prendendosi per mano, hanno percorso con coraggio e dignità strade difficili e hanno pagato un prezzo altissimo e tragico:la deportazione e la morte. Accettare la morte per realizzare un sogno: vivere in un Paese Democratico…in un Paese capace, unito,di difendere la libertà!E noi godiamo di questo diritto! Commoventi sono le parole citate, strazianti le testimonianze dei sopravvissuti della cui memoria dobbiamo prenderci cura. Abbiamo il dovere di tenere in vita quei bimbi, quelle donne, quegli uomini che hanno donato se stessi per quei Valori etici e morali che oggi vogliono farci dimenticare quali: il dialogo,la cultura della pace, la giustizia, la libertà, la fratellanza,l’uguaglianza. La nostra Repubblica è fondata sul loro sacrificio. Leggiamo, dunque le lettere dei condannati a morte della Resistenza, facciamole conoscere ai nostri studenti, ai nostri figli! facciamo ciò che è alla nostra portata (come dici tu Alessandro). Ti ringrazio per donarci la tua energia, la tua conoscenza,la tua consapevolezza, il tuo esempio ogni giorno. Grazie per ricordare ed alimentare, in chi ti segue, la volontà di compiere quel cambiamento necessario a realizzare sogni e speranze individuali che possono essere l’impulso per la nascita di un sogno collettivo: riaffermare i valori della Bellezza della vita, della libertà, della tolleranza, della cultura e dell’amore. Sogniamo insieme un Paese capace di uscire da una “crisi” sociale e culturale, e impegniamoci,serbando la memoria del passato,a tenere viva la nostra Costituzione. Diciamo no all’indifferenza, alla corruzione e alla decadenza morale. Resistiamo uniti, cerchiamo di essere “Maestri” e “Padri”, diffondiamo cultura e virtù,”tiriamo fuori” la parte migliore di noi e dilatiamola. Clara

  12. Beatrice ha detto:

    Sono tutte testimonianze molto toccanti, ma anch’io sono stata particolarmente colpita da quella di Giacomo Ulivi. Questo ragazzo ha illustrato con lucidità e chiarezza le ragioni che hanno portato l’Italia alla dittatura e che hanno permesso al fascismo di durare per venti lunghissimi anni. L’errore di molti italiani è stato quello di adeguarsi alla mentalità comune, di conformarsi all’ideologia dominante, di ascoltare le proprie paure invece della propria coscienza. Hanno scelto di fare ciò che era facile, invece di ciò che era giusto. Anzi, peggio: hanno scelto di non scegliere. Molti non erano fascisti per convinzione ma perché lo erano tutti e lo erano tutti per paura di andare controcorrente, per paura della reazione del regime, per paura delle conseguenze funeste che ci sarebbero state. Si sono disinteressati della cosa pubblica e per Dante non c’è peccato più riprovevole di questo. Gli ignavi, “questi sciaurati, che mai non fur vivi” non sono neanche degni di andare all’inferno, perché “visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”, cioè non operarono né per il bene né per il male a causa della loro vigliaccheria. Non sono neanche degni di essere considerati tanto che Virgilio dice a Dante: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Giacomo è morto per dire: io ho scelto da che parte stare, ho corso i miei rischi e ne sto pagando il prezzo. Muoio felice, perché so di aver vissuto per quello in cui credo. Ora però tocca a voi scegliere. Non ditemi che ho sacrificato la mia vita invano. “No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto più sapere!”

  13. cecilia marchesi ha detto:

    ciao alessandro, anche se ho solo 15 anni queste parole mi hanno fatto piangere… perchè un po’ a tutti sevirebbe la fede di queste persone che hanno amato i loro cari fino alla fine. fino alla loro morte.

  14. Maria ha detto:

    dovresti leggere il libro “La Rosa Bianca,Sophie Shool”, la ragazza racconta la sua lotta contro il regime tramite alcune lettere.. fino alla sua morte.Te lo consiglio davvero

  15. Piero ha detto:

    salve
    dovreste leggere le stesse lettere, scritte dai Ragazzi della RSI, finiti in mano agli aguzzini dell’unico vero male assoluto: il comunismo.
    Uomini, ragazzi, donne, Sacerdoti e bambini che meritano rispetto e riconoscenza per aver lottato, consci della sconfitta, contro il demone rosso.
    saluti
    Piero e famiglia

  16. john ha detto:

    caro Alessandro D’Avenia,
    ho 13 anni e frequento la 3 media ; ti sarei grato se tu mi spiegassi la lettera su giacomo ulivi ,magari con un commento tuo 😉
    grz in anticipo
    john

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