29 maggio 2015

Lettere sulla scuola: n.7 – Come preparare la rivoluzione

Il giornale La Stampa mi ha affidato la rubrica delle lettere anche per questa settimana, il tema è la scuola. Ecco la settima. Le trovate sul sito del giornale nella colonna di destra nella rubrica “Secondo me”. La rubrica dura sino a venerdì prossimo.

felicità

Sono la moglie di un docente precario, primo in graduatoria ad esaurimento, di una piccola provincia italiana. Scrivo del mio angolo visuale della riforma della scuola, tralasciando le macroquestioni. La nostra è una situazione personale tra le tante coin(tra)volte, ed è esemplificativa. Mio marito appartiene ad una classe di concorso la cui disponibilità annuale si misura in ore, non in cattedre, su tutta la provincia. Con il passaggio della riforma potrebbe ottenere finalmente il ruolo, dopo anni di precariato. Bene! Potremo tirare un respiro di sollievo, portare a compimento progetti in questi anni abbozzati, dare stabilità a nostro figlio?

La legge ci ha consentito di scegliere la provincia e noi abbiamo rinnovato negli anni la nostra scelta in questo territorio, resistendo anche grazie a qualche aiuto ricevuto non senza rossore. Abbiamo scalato la vetta della Gae pazientemente. Lo abbiamo fatto perché lo stato (uso la minuscola) ci aveva garantito che saremmo potuti rimanere dove le regole tutte, legali e contrattuali, ci davano assicurazione di stare, accettando di arrivare al traguardo anche sfiniti e ingrigiti.

Questo ieri. Oggi le cose sono cambiate.

Nel chiuso di un ufficio, dove la nostra voce non poteva e, forse, non doveva arrivare, l’introduzione di un comma all’articolo sulle assunzioni prevede per i tutti docenti di ruolo sul territorio nazionale una mobilità straordinaria su tutti i posti; tale norma, sorretta da ragioni degnissime, è, tuttavia, frutto della trascrizione pedestre di istanze parziali, ed è stata concepita in spregio ai diritti altrui. Questa norma ci dice all’improvviso che dal prossimo anno la città in cui abitiamo non è più casa nostra. Annulla progetti, sentimenti, affetti. E, ad un passo dalla meta, ha il sapore amaro anche della beffa.

Ora chiedo lo sforzo di declinare mille e mille volte (…100.701?) questa situazione aggiungendo altri figli, genitori anziani, coniugi che lavorano (io non lavoro e posso seguire la famiglia, fortunelli!) e si avrà idea sommaria degli effetti di questa disposizione.

Spostando lo sguardo all’impianto generale, non stupisce più vedere tanta resistenza da parte degli insegnanti, che saranno anche in parte come li dipinge l’opinione comune, ma lo sono come tutti i lavoratori travolti dall’insensatezza del legislatore.

Margherita

Gentile Margherita,

ho scelto la sua lettera nella speranza che chi si occupa delle politiche scolastiche legga e mediti su azioni che spazzano diritti acquisiti in precedenza, in particolare dai precari e da chi è nelle graduatorie ad esaurimento (anche nervoso).

Come ho avuto modo di dire di persona, sia al ministro Giannini sia al premier Renzi, nella riforma ci sono alcuni provvedimenti necessari ormai da anni (i concorsi regolari per il reclutamento, la valutazione di merito e non solo per anzianità di servizio), ma altri punti oscuri (poteri del Ds, albi territoriali) se non dannosi (assunzione dei precari): si richiedeva una costruzione più articolata rispetto al «portare a casa» il risultato rapidamente. Neanche io ho la competenza per affrontare a tutto campo la riforma, e proprio per questo ho cercato di concentrare le istanze di questa rubrica, anche se sollecitate dalla discussione in merito, su un livello ulteriore: quello professionale ed educativo, ragionando sui fatti che emergono palesemente dal vissuto quotidiano della scuola da parte dei suoi attori, per poter giudicare quali siano i correttivi possibili giorno per giorno. Non riesco a prevedere che effetti avrà la riforma alla «prova dei fatti», proprio perché le zone d’ombra sono ancora troppe, tra chi paventa derive mussoliniane e chi osanna la salvifica panacea meritocratica, ma la sua vicenda sarebbe già purtroppo una prova dei fatti, che spero trovi un correttivo. Mentre lei e suo marito cercate di inventarvi un futuro, improvvisamente minacciato, per un lavoro instabile da poco più di mille euro, si assiste all’incubo delle cifre dei vitalizi di persone che hanno lavorato solo qualche giorno, mese o anno nella cosa pubblica e il gigantesco spreco delle spese statali per tenere in piedi la burocrazia, presentato in questi giorni da Cottarelli.

Di fronte a questo mi sento disarmato e cerco di fare l’unica politica in cui mi riconosco: preparare i miei studenti alla rivoluzione, cioè accettare come vincente la logica del bene comune, che comporta il servizio agli altri prima che gli interessi di parte. I docenti professionali sono i primi a vivere di e per questa logica rivoluzionaria, perché ogni giorno si mettono al servizio del futuro, in carne e ossa, di questo Paese. Spero possiate farlo anche lei e suo marito, per il bene di vostro figlio. E di tutti gli altri come lui.

La Stampa, 28 maggio 2015 – link all’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.